Foto © ANSA / ANGELO CARCONI
di Emiliano Federico Caruso
Nel corso dell’udienza di lunedì 17 ottobre, alle domande dei magistrati la deputata piddina Micaela Campana ha risposto con una lunga serie di “Non ricordo”, quasi una quarantina, che potrebbero portarla a essere indagata per falsa testimonianza.
Convocata nell’aula bunker di Rebibbia come testimone per la difesa di Salvatore Buzzi e per spiegare in dettaglio i suoi rapporti con “Il Rosso” del Mondo di mezzo, la deputata si è nascosta dietro una perdita di memoria, vera o presunta che sia, al punto da essere sollecitata varie volte da Rossana Ianniello, presidente della Corte: “Le ripeto per la quarta volta, mentire sotto giuramento è un grave reato”.
Perché Micaela Campana, in quel vasto e complesso processo contro di Mafia Capitale, qui parliamo della 128esima udienza, non ha un ruolo di primo piano come Massimo Carminati, “Er Cecato” ex NAR ed ex affiliato alla storica Banda della Magliana, o il suo braccio destro Salvatore Buzzi, Ras indiscusso delle cooperative del Mondo di mezzo, ma non è nemmeno l’ultima arrivata.
Già moglie di Daniele Ozzimo, l’ex assessore tra i primi a essere indagati per Mafia capitale e condannato, a gennaio, a due anni e due mesi per corruzione (chiese e ottenne il rito abbreviato), Micaela Campana è componente delle Commissioni Giustizia e Schengen, oltre che responsabile nazionale al Welfare per il Partito Democratico. Proprio l’ultima persona che può permettersi di avere vuoti di memoria di fronte ai magistrati.
L’intreccio di favori tra la Campana e “Il Rosso” era reciproco, con la deputata che chiedeva a Buzzi di assumere alcuni detenuti nelle sue cooperative, particolare che emerge da alcune intercettazioni dei carabinieri nell’ottobre del 2013, e di occuparsi, sotto natale del 2013, di un trasloco per conto del cognato Nicolò Corrado, consigliere del IV municipio. Un favore che la Campana ora non ricorda più.
“Trasloco” per modo di dire, visto che si trattava di liberare un appartamento di Colli Aniene, a Roma, da alcuni immigrati. Ci fu poi un’altra richiesta di trasloco a gennaio dell’anno successivo, ma stavolta Emilio Gammuto, il collaboratore di Buzzi al quale arrivò la richiesta, rispose di non essere attrezzato per quel lavoro. Anche questo un favore che la deputata non ricorda.
Già che c’era, Micaela Campana convinse Buzzi anche a finanziare le cene elettorali di Matteo Renzi (con tanto di coordinate bancarie del PD) quando era ancora sindaco di Firenze. Di fronte alle domande dei magistrati, Micaela Campana ha memoria, almeno questa volta, delle persone che parteciparono alle famose cene elettorali, ma non ricorda, guarda caso, di aver mai visto Buzzi.
Per la cronaca: nel settembre del 2014, pochi mesi dopo essere diventato Presidente del Consiglio, Renzi la nominò responsabile del Welfare e del Terzo settore nella Segreteria nazionale.
Poi ci furono le richieste di finanziamenti elettorali per la candidatura in Campidoglio di Daniele Ozzimo, arrivati proprio pochi mesi prima della sua separazione da Micaela Campana. Un particolare che ha incuriosito Rosanna Ianniello: “Visto che all’epoca si era già lasciata con suo marito” ha infatti incalzato la presidente della Corte “perché fu lei a fare da tramite (per i finanziamenti, ndr) ?”. “Perché lo ritenevo una persona valida per il Campidoglio” è stata la candida risposta della Campana, che fra l’altro chiese a Buzzi anche dei finanziamenti per candidarsi lei stessa come consigliera municipale. Soldi che, in preda all’amnesia, non ricorda “Se pervenuti, perché la legge non prevedeva il rendiconto”.
Un continuo giro di favori e finanziamenti elettorali, quindi, che Buzzi si fece poi ricambiare. Nel dicembre del 2014, agli inizi dello scandalo di Mafia capitale, la Eriches 29, un consorzio di cooperative, ottiene l’appalto per la gestione del Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Castelnuovo di porto, nei pressi della Capitale. Ma la vittoria viene bloccata dai ricorsi dell’azienda concorrente, la Auxilium, e di quella uscente, la francese Gepsa.
Per sbrogliare la matassa interviene proprio Buzzi, a quell’epoca considerato il tramite ideale per sbloccare qualsiasi situazione. “Il Rosso” si rivolge a Micaela Campana, chiedendole di intervenire presso Filippo Bubbico, viceministro dell’Interno sotto il governo Letta poi riconfermato da Renzi. All’udienza di lunedì la deputata piddina ha dichiarato di non aver mai saputo di cosa Buzzi e Bubbico dovessero parlare all’epoca. Pronta la reazione della Ianniello: “Mi faccia capire” le ha infatti chiesto la presidente della Corte “lei fissa un incontro con il sottosegretario Bubbico a Buzzi, solo perché lui glielo aveva chiesto, senza conoscere il motivo di tale richiesta?”. La risposta della deputata? “Non ricordo”.
Persino di un incontro organizzato in Viminale tra il prefetto Mario Morcone (al suo posto si presentò poi Domenico Manzione) e Buzzi, la Campana afferma di non ricordare cosa si fossero detti, nonostante nella stanza fosse presente anche lei. Un ennesimo vuoto di memoria che ha provocato un’ironica reazione di Rosanna Ianniello: “Eppure lei è giovane (39 anni, ndr), come mai questi vuoti di memoria? Lei assiste a un incontro, è presente in una stanza, e non sa di cosa hanno parlato?”, quasi innocente la risposta: “Faccio anche altre cose”, come a dire che non può ricordarsi tutto.
Una versione dei fatti, quella della deputata, smentita anche da numerose intercettazioni, alcune delle quali rese note per la prima volta proprio nell’udienza di lunedì, quando la Ianniello ha chiesto persino come sia possibile che una componente della Commissione Giustizia a Montecitorio, qual’è Micaela Campana, non conosca le regole base di un qualsiasi processo.
Ora non ricorda, la Campana, non ricorda più nulla, né dei finanziamenti al marito, né dei famosi traslochi o dei vari incontri, e nemmeno si ricorda dei favori del “Rosso”. Peccato che, all’epoca dei fatti, la deputata si rivolse a Buzzi con l’ormai celebre sms “Bacio, grande capo”, che ha poi giustificato con una goffa “Questione di rispetto nei confronti di una persona più grande di me e capo della più grande cooperativa del centro Italia”.
Nonostante abbia avuto la possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere, essendo ex moglie di un imputato nello stesso procedimento, Micaela Campana ha scelto di rispondere con un’impressionante sequenza di vuoti di memoria, quasi una quarantina. “Una serie di bugie e reticenze smentita dal contenuto degli atti processuali” secondo l’accusa, al punto che ora Micaela Campana rischia seriamente di essere indagata per falsa testimonianza nel maxi processo a Mafia capitale.
20 Ottobre 2016