di Aaron Pettinari
L’ex Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non deporrà il prossimo 3 ottobre al processo d’appello sulla trattativa Stato-mafia. I suoi legali, Niccolò Ghedini e Franco Coppi, hanno fatto sapere alla Corte di Assise di Appello, presieduta da Angelo Pellino, che il loro assistito in quel giorno avrà un “impedimento” a causa di impegni istituzionali. Inoltre – da quanto si apprende – i legali, nella memoria, chiedono anche che venga risolta preliminarmente la veste giuridica con cui Berlusconi dovrebbe essere sentito: teste puro o indagato di reato connesso, in quest’ultimo caso l’ex premier potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere.
E’ noto che su Berlusconi, e sull’ex senatore Marcello Dell’Utri (già condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa e a 12 anni nel processo Stato-mafia), è stato aperto un fascicolo a Firenze con l’accusa di essere mandante delle stragi del 1993.
Sulla veste con cui dovrà essere sentito l’ex premier dovrà intervenire la Corte, una volta sentite le parti processuali, nelle prossimi udienze.
Nella memoria ha manifestato la propria disponibilità a presenziare successivamente.
A chiedere di sentire l’ex premier e leader di Forza Italia erano stati i legali di Marcello Dell’Utri a cui l’accusa, rappresentata dai sostituti procuratori generali Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, si era associata.
La Corte aveva accolto la richiesta disponendo la citazione di Berlusconi per riferire “quanto sa a proposito delle minacce mafiose subite dal governo da lui presieduto nel 1994 mentre era premier“.
Secondo la sentenza di primo grado la minaccia fu trasmessa tramite l’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri.
I giudici, nelle motivazioni della sentenza di primo grado, avevano scritto che “con l’apertura alle esigenze dell’associazione mafiosa Cosa nostra, manifestata da Dell’Utri nella sua funzione di intermediario dell’imprenditore Silvio Berlusconi, che nel frattempo era sceso in campo in vista delle politiche del 1994, si rafforza il proposito criminoso dei vertici mafiosi di proseguire con la strategia ricattatoria iniziata da Riina nel 1992“. Inoltre, si legge, che nonostante non vi sia “prova diretta dell’inoltro della minaccia mafiosa da Dell’Utri a Berlusconi, perché solo loro sanno i contenuti dei loro colloqui, ci sono ragioni logico-fattuali che inducono a non dubitare che Dell’Utri abbia riferito a Berlusconi quanto di volta in volta emergeva dai suoi rapporti con l’associazione mafiosa Cosa nostra mediati da Vittorio Mangano”. Per quanto riguarda il processo d’appello il 3 ottobre è comunque previsto l’esame di Antonio Di Pietro.