La presidente (francese) Salome Zurabišvili ha dichiarato di non riconoscere le elezioni parlamentari e convocato le proteste per la sera di lunedì. 4 partiti hanno annunciato il boicottaggio del Parlamento. Il rischio guerra civile è ora concreto
Fabrizio Poggi
Per la sera del 28 ottobre, la cosiddetta opposizione pro-europeista, santa e martire per diritto liberale, ha preparato manifestazioni a Tbilisi contro i risultati del voto del 26 ottobre per il rinnovo del parlamento, che hanno visto la vittoria del partito di governo “Sogno georgiano” col 53,9%.
Capo “spirituale” dell’opposizione, la presidente (francese) Salome Zurabišvili, che ha dichiarato di non riconoscere «queste elezioni. Queste elezioni non possono essere riconosciute. È come riconoscere la subordinazione della Georgia alla Russia. Nessuno può togliere alla Georgia il suo futuro europeo». A suo dire, è l’opposizione ad aver ottenuto il 52% dei voti, contro il 40% di “Sogno georgiano”, così che il Movimento Nazionale Unito urla ai «voti che sono stati rubati» e la “Coalizione per il cambiamento” grida al colpo di stato costituzionale. E, naturalmente, tutti fanno appello a una majdan georgiana.
Lo zelo della francese, spia e traditrice del popolo georgiano, afferma l’osservatore Konstantin Dvinskij, è comprensibile: se la vittoria di “Sogno georgiano” sarà rispettata, il presidente sarà sostituito dal «voto di un Collegio speciale; l’ex capo di stato andrà in carcere insieme al suo amico Mikhail Saakašvili. In altre parole, Salome si batterà ostinatamente fino al limite».
In realtà, pare che a Bruxelles intendano andarci cauti, almeno per ora: il futuro europeista della Georgia non pare del tutto compromesso dai risultati del 26 ottobre. Si sostiene, è vero, l’opposizione, ma non sembra ci sia intenzione di abbandonare del tutto la prospettiva di una nuova fase di dialogo con “Sogno georgiano”. Perché, a dirla tutta, l’attuale leadership georgiana solo con molta approssimazione può considerarsi “filo-russa”. A guardar bene, è piuttosto filo-occidentale e anche filo-europea; ma, ciò che la distingue, ad esempio, da altre realtà post-sovietiche, è un buon senso di autoconservazione.
Dopo la tragica esperienza del criminale Saakašvili e della guerra da lui scatenata nel 2008, i georgiani non hanno particolare voglia di intraprendere altre avventure e Tbilisi, nota il canale Telegram “Pinta Razuma”, vuole semplicemente scendere dalla locomotiva che si sta dirigendo verso una grande guerra, la cui probabilità non è assoluta, ma abbastanza reale. Per un piccolo stato del Caucaso meridionale, «la partecipazione a tali dispute geopolitiche significherebbe una morte certa. Pertanto, sarebbe più corretto dire che la Georgia non è neutrale nei confronti della Russia, ma intende rimanere quanto più neutrale rispetto al confronto tra Occidente collettivo e Oriente globale. Per la Russia, la vittoria del sogno georgiano significa una maggiore sicurezza sul suo fianco meridionale e l’opportunità di costruire una cooperazione commerciale ed economica pragmatica con il vicino. Dal punto di vista politico, però, Mosca e Tbilisi restano distanti. Ma questo è sempre meglio della guerra».
Tornando ai risultati, si può dire che la posizione di “Sogno georgiano” sia abbastanza forte, ma non quanto il partito si aspettava: ha trionfato in tutte le regioni, tranne Tbilisi e Rustavi, dove ha ottenuto rispettivamente il 42,2% e il 41,4%, contro il 14,7% e 14,1% del suo rivale più prossimo, “Coalizione per il cambiamento”, e assicurandosi l’appoggio anche delle minoranze nazionali armena, azera, degli svani e dei mingreli.
Il forte risultato dell’opposizione a Tbilisi e all’estero, sostengono gli osservatori, è il frutto di politiche culturali ed educative anti-russe e radicalmente filo-occidentali. Sul momento, “Sogno” deve resistere al primo colpo, il più deciso, dell’opposizione. Perché è indubbio che, nonostante tutto, non siano pochi i rischi per il governo e l’economista Gevorg Mirzajan prospetta tre possibili scenari.
Il più favorevole vedrebbe moderate pressioni occidentali sul governo, per poi raggiungere un accordo, per cui l’Occidente riconosce il voto e il diritto di “Sogno” ad attuare una politica nazionale, orientata però in senso pro-europeo e pro-occidentale. Cioè, nessuna adesione all’Unione Economica Eurasiatica e al ODKB – ma allo stesso tempo nessuna costrizione ad aprire un secondo fronte contro la Russia e nessuna politica ostile contro Mosca.
Purtroppo, dice Mirzajan, Washington e Bruxelles non permetteranno che emerga un “precedente georgiano”, per cui un partner minore possa permettersi di perseguire una politica sovrana senza tenere conto degli interessi americani; è pertanto improbabile che Washington scenda a compromessi.
Con la propria rigidità, l’Occidente non è riuscito ad accordarsi con “Sogno georgiano”, dice a Vzgljad.ru il politologo Nikita Mendkovic: hanno preteso che la Georgia entrasse in guerra contro la Russia per dare qualche vantaggio all’esercito ucraino. A loro non interessava affatto che la Georgia sarebbe stata rapidamente sconfitta. La cosa «preoccupava invece “Sogno”, che si è rifiutato di assecondare un tale suicidio collettivo e ha preso le distanze dall’Occidente». A questo punto, dunque, l’evoluzione più probabile è quella del majdan, tanto più che l’Occidente ha «esperienza nell’influenzare la situazione in Georgia: quando ha organizzato manifestazioni contro la legge sugli agenti stranieri, è riuscito a portare in piazza molte persone attraverso una rete controllata di ONG». E, se majdan avrà successo, è probabile che si formi un governo di transizione, guidato da Salome Zurabišvili, con il potere che andrà in mano ai russofobi e il coinvolgimento nel conflitto ucraino. Del resto, se prima per l’Occidente era sufficiente che Tbilisi prendesse parte ai tentativi di isolare la Russia e alle pressioni su Ossezia del Sud e Abkhazia, ora Washington e Bruxelles hanno bisogno di un vero e proprio secondo fronte, dati i risultati disastrosi in Ucraina.
In ogni caso, afferma la politologa Lali Moroškina su Sputnik Gruzija, con le manifestazioni organizzate dall’opposizione e dai suoi sponsor, la situazione «puzza di guerra civile» e mette in guardia, tra l’altro, da un possibile “cavallo di Troia” insinuato in “Sogno georgiano”. Ma, dice, in caso di guerra civile, dell’attuale opposizione non rimarrebbe nulla nel nuovo Parlamento; dunque, sarebbe meglio per essa riconoscere il voto ed entrare in Parlamento.
Per quanto riguarda “Sogno georgiano”, dice Moroškina, non è riuscito in realtà a raggiungere gli obiettivi strategici, principalmente quello di ottenere la maggioranza costituzionale: il fatto che il partito al potere abbia vinto in tutto il paese, ma abbia perso nettamente a Tbilisi, dimostra che ha dei problemi.
Quando si «perde una città strategicamente importante come Tbilisi, si dovrebbe riflettere seriamente su cosa abbia danneggiato i cittadini». Appare quindi chiaro che in “Sogno” operi un “cavallo di Troia”.
Per il momento, molto dipenderà da quali «istruzioni riceverà Salome Zurabišvili dall’Occidente e come si comporterà, dopodiché potremo finalmente dire cosa ci hanno dato queste elezioni. Penso che l’Occidente e la presidente saranno più scaltri e non vorranno rischiare di perdere» anche quel poco che hanno ottenuto alle elezioni.
Intanto, però, i quattro partiti dell’opposizione che hanno superato la soglia di sbarramento del 5%, hanno annunciato il boicottaggio del nuovo Parlamento. “Forte Georgia”, “Movimento Nazionale Unito”, “Coalizione per il cambiamento” e “Per la Georgia” hanno dichiarato di rinunciare ai mandati parlamentari.
Se non puzza questo di guerra civile spinta dagli sponsor euroatlantici…
28 Ottobre 2024