R.C.
“Marcello Dell’Utri per 18 anni, dal ’74 al ’92 è stato il garante “decisivo” dell’accordo tra Silvio Berlusconi e Cosa nostra e “la sistematicità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro da Marcello Dell’Utri a Gaetano Cinà sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all’accordo al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di Cosa nostra” .
Queste le motivazioni scritte dalla Cassazione in ordine alla condanna a 7 anni di Marcello dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa.
Eppure, a fronte di tanta chiarezza, ci troviamo ad assistere a sproloqui trasversali di sodali e compari che invocano la scarcerazione del povero, meschinu direbbero in Sicilia, Marcello Dell’Utri.
Ma ci rendiamo conto? Stiamo parlando di quel Dell’Utri che, prima della sentenza definitiva che lo condannava a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, pensò bene di espatriare in Libano, dove fu arrestato in un hotel di lusso.
Il Dell’Utri raccontato da Franco Di Carlo “Non appena arrivato a Milano io mi recai in via Larga presso un ufficio della disponibilità di Ugo Martello… subito dopo l’ incontro in via Larga andammo a pranzare insieme io, Gaetano Cinà, Nino Grado, Mimmo Teresi e Stefano Bontate. Ricordo in particolare che il Teresi, il Bontate e il Cinà erano particolarmente eleganti e, a mia domanda, specificarono che dovevano incontrare un grosso industriale milanese, amico di Gaetano Cinà e Marcello Dell’ Utri. Mi chiesero, in quella occasione, di andare con loro e io accettai di buon grado. Ci recammo quindi in un ufficio non molto distante dal centro di Milano dove ci accolse Marcello Dell’ Utri...un ufficio che non so se fosse il suo…dopo circa quindici minuti, venne Silvio Berlusconi.”.
Dell’Utri che definì Vittorio Mangano, condannato all’ergastolo per mafia “un eroe”., per non aver raccontato la verità sui suoi rapporti con l’ex senatore e Silvio Berlusconi.
Adesso, questo Paese incivile, definisce “carnefici” i giudici che hanno negato i domiciliari ad un criminale, tra l’assordante silenzio di un’antimafia che lascia il palcoscenico ad un’altra antimafia: quella negazionista, quella che liquida il processo Trattativa Stato-mafia come un cumulo di fantasiosi teoremi concepiti da una magistratura schierata e malata.
Un’antimafia ferma alle coppole e lupare.
11 dicembre 2017