Le frecce tricolori hanno sorvolato in piazza Venezia mentre il nuovo presidente della Repubblica Sergio Mattarella deponeva una corona all’Altare della patria © Ansa
Le parole sono pietre
di Saverio Lodato
Non ci eravamo iscritti deliberatamente alla lista dei suggeritori della vigilia, dei consiglieri non richiesti, dei fini dicitori che di Capi dello Stato ne hanno visti passare tanti sotto i ponti, degli scrittori delle lettere aperte al Capo che verrà, perché volevamo ascoltare il discorso del dodicesimo presidente della Repubblica italiana senza cadere nel ridicolo in cui sono incorsi tutti quelli che magari oggi credono di poter dire: “io l’avevo detto che Mattarella l’avrebbe detto!..”.
Se infatti è vero che in Italia siamo sessanta milioni di ct della nazionale di calcio, è pur vero che, in ambienti televisivi e giornalistici, non mancano alcune centinaia di opinionisti convinti di poter dire la loro, da pari a pari con la massima carica istituzionale. Opinionisti che – sia ben chiaro – hanno come aspirazione personale più alta quella di dare del tu ai potenti, chiunque essi siano. E quando vanno in scena le Quirinarie (come le hanno definite) per lorsignori la tentazione di aprir bocca si fa irresistibile.
Oggi però voglio scrivere perché, a mio modestissimo avviso, si è verificato un fatto sorprendente.
Sergio Mattarella ha parlato di “mafia” e di “mafie“; e della lotta conseguente in quella direzione che, come ha osservato, è da considerarsi “priorità assoluta”. Un “cancro”, ha chiosato, cui va ad aggiungersene un altro, quello della corruzione. Il riferimento, poi, altamente simbolico a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, citati “fra gli altri”, ha da intendersi come sottolineatura, non essendo quei nomi entrati nel pantheon di chi lo aveva preceduto al Colle. Infine, l’impegno a “incoraggiare la magistratura e le forze dell’ordine“. E questo va inteso come autentico “strappo” visto che nell’ultimo ventennio né la classe politica né le alte cariche istituzionali si erano mai sognate di “incoraggiare” magistratura e forze dell’ordine considerate invece come la palla al piede di una politica ansiosa di recuperare la sua “centralità” oscurata sin dagli anni lontani di Milano, Mani pulite e Tangentopoli.
Perché considero questo fatto “sorprendente”? Perché tutto è passato per la testa dei predicatori della domenica e di quelli infrasettimanali, tranne che “suggerire” al nuovo Capo dello Stato di calcare la mano sulla mafia e sulle mafie, sugli uomini simbolo di quella lotta, sull’insostituibile ruolo di magistratura e forze dell’ordine. E dire che in un posto come l’Italia, dove quattro mafie, non una, scorazzano indisturbate dalle Alpi a Capo Passero, i “suggeritori” non avrebbero dovuto fare grandi sforzi di fantasia.
Ora che le parole che in Italia furono impronunciabili sono state pronunciate, è partito l’applauso fragoroso e bipartisan degli smemorati di Collegno. E’ il primo piccolo grande risultato della presidenza di questo nuovo piccolo grande Capo dello Stato: aver fatto tornare la memoria a chi aveva finto di averla perduta.
3 febbraio 2015