a cura di Enrico Vigna, 4 ottobre 2023
Breve sintesi storica dei fatti
L’operazione criminale “Medak Pocket” o “Settembre di sangue nella Lika” fu il terzo attacco da parte delle forze militari e di polizia della Repubblica di Croazia sul territorio della Repubblica Srpska Krajina, da quando la zona della RSK era posta sotto il controllo di protezione delle forze internazionali dell’UNPROFOR.
Questa operazione genocida iniziò il 9 settembre 1993 con un improvviso attacco dell’esercito croato contro i villaggi serbi nell’area della “sacca di Medak” vicino a Gospić, che erano sotto la protezione delle Nazioni Unite da 18 mesi. L’esercito croato passò all’offensiva intorno alle sei del mattino, nell’attacco erano coinvolti circa 2.500 soldati della zona operativa “Gospić”, tra cui la 9a Brigata delle guardie dell’Esercito croato, la 111a Brigata di Rijeka, la Brigata della Guardia domestica di Gospić, la Brigata della Guardia domestica di Lovinac e le unità speciali della polizia croata MUP. Nel giro di 7 giorni, i villaggi serbi di Medak, Počitelj, Čitluk e Divoselo, furono saccheggiati e rasi al suolo, bruciati, demolito case, ucciso e massacrato civili, soldati e miliziani. Questo crimine fu accompagnato da un coinvolgimento effettivo di interposizione delle forze dell’UNPROFOR rispetto ai precedenti conflitti sul territorio dell’ex SFRY, in particolare il più grande coinvolgimento dell’esercito canadese nei conflitti militari dai tempi della guerra di Corea (1950-1953), come documenta il generale Eyre. Dopo la firma dell’accordo sul controllo della “Medak Pocket”, secondo il quale sia la parte croata che quella serba, con la mediazione della comunità internazionale, concordarono che le forze croate si sarebbero ritirate dai territori occupati entro il 15 settembre entro le linee precedenti l’attacco, e che il controllo della zona sarebbe stato preso dalle forze dell’UNPROFOR, la parte croata non rispettò l’accordo, mentre le sue forze si ritiravano, per la durata di altri otto giorni, fino al 17 settembre, continuarono nella loro opera di saccheggi, distruzioni e uccisioni, secondo il sistema nazista della “terra bruciata”.In questa aggressione morirono 88 serbi di cui 36 civili, 26 di loro avevano più di 60 anni.
Tra loro anche 17 donne. Dopo l’operazione, la parte croata consegnò alla parte serba 52 corpi.
Esperti internazionali e patologi dagli esami dei corpi serbi (crani frantumati, numerose ferite da arma da fuoco da distanza ravvicinata), stabilirono che si era trattato di una uccisione sistematica dei catturati e dei feriti. I membri dell’UNPROFOR, dopo aver ripreso il controllo della zona, ritrovarono altri 18 cadaveri, la maggior parte dei quali massacrati, mutilati, con alcune parti del corpo tagliate o dati alle fiamme, cioè gettati vivi nel fuoco. Due cadaveri furono recuperati da membri dell’esercito serbo della Krajina /SVK e uno fu poi ritrovato nell’aprile 1994.Nel maggio 2000 gli investigatori trovarono nuove prove dell’eccidio nel Medac Pocket: 11 cadaveri nascosti in una fossa settica nell’ex parte serba di Gospić, sei dei quali furono identificati con il metodo del DNA. Degli 84 resti rinvenuti, otto sono rimasti non identificati, mentre la ricerca di quattro è ancora in corso.
Per monitorare il ritiro, l’UNPROFOR inviò nella Medak Pocket 875 soldati del 2° battaglione del reggimento “Princess Patricia” della fanteria leggera canadese nella Medak Pocket insieme ad un’unità meccanizzata dell’esercito francese. Le forze delle Nazioni Unite, sotto il comando di James Calvin, erano tra le forze serbe e croate. L’esercito canadese all’interno dell’UNPROFOR era uno dei meglio armati e preparati, ma fino a questi eventi, dopo ogni grave incidente, era sempre avvenuto che le forze di pace fuggissero dalla scena dei conflitti piuttosto che intervenire. Ma questa volta come racconta dopo il comandante canadese, nel momento entrarono nella terra di nessuno e cercarono di attraversare il territorio occupato dalle forze croate, furono attaccati dal lato croato. I soldati canadesi alzarono in alto le bandiere delle Nazioni Unite e tentarono più volte, durante il 16 settembre 1993 di entrare nell’area, ma ogni volta che ci provavano, il fuoco dalla parte croata si intensificava tanto che i canadesi iniziarono a rispondere al fuoco anche con l’uso di cannoni da 20 mm. La situazione di tensione continuò per tutta la notte, poi prima dell’alba il fuoco dalla parte croata si fermò così che le truppe canadesi iniziarono a prendere il controllo del campo.
Il generale Calvin dichiarò in seguito, che 27 membri dell’esercito croato furono uccisi o feriti durante le operazioni di combattimento. In Canada la verità sugli eventi e sul conflitto tra le forze canadesi e croate è rimasta nascosta per molto tempo, con questa intervista che abbiamo tradotto e qui riportato, il generale Eyre, ricorda quei giorni e ciò che vide e provò addentrandosi sul campo. Solo il 1° dicembre 2002, durante il raduno dei soldati, il coraggio dimostrato in quella occasione venne premiato. Nel discorso di benvenuto, la Governatrice canadese Adriana Carlson: “Il semplice fatto è che solo un piccolo numero di noi canadesi sapeva cosa avete fatto nel 1993 in Croazia, non lede le vostre azioni per la pace. Che sono state nientemeno che eroiche e il vostro Paese all’epoca non lo ha riconosciuto”.
Il Generale francese Jean Cot, dichiarò 19 settembre 1993, “Non ho trovato segni di vita, né persone né animali, nei diversi villaggi che abbiamo attraversato. La distruzione è completa, sistematica e intenzionale…”.
Qualcuno ha risposto delle sue colpe per questi crimini efferati? Ecco come è andata ai comandanti responsabili.
Sulla base delle indagini condotte fino al 2004, la Procura del Tribunale dell’Aia intentò un’accusa per responsabilità di comando contro il capo di stato maggiore dell’esercito croato, generale Janko Bobetko, il comandante dell’area militare di Gospić, generale Rahim Ademi, e il comandante della Nona Brigata delle Guardie, generale Mirko Norac. A Janko Bobetko non venne notificata l’accusa perché morì nell’aprile 2003.
Il processo contro Mirko Norac e Rahim Ademi presso il Tribunale dell’Aia non ha avuto luogo perché il caso è stato trasferito alla magistratura croata nel settembre 2005 e la magistratura croata ha depositato l’atto d’accusa solo il 22 novembre 2006. Il processo iniziò nel giugno 2007 e si concluse il 31 maggio 2008 con la sentenza orale.
Durante il processo furono testimoniati crimini mostruosi e atrocità contro la popolazione serba (una donna impalata, decapitata, smembrata e gettata nelle loro case, poi bruciata, accoltellata un giovane ritardato impiccato a testa in giù, ecc.). Il verdetto ha assolto Rahim Ademi e Mirko Norac è stato condannato a una pena di soli 7 anni, solo per non aver impedito l’omicidio di civili, il saccheggio di proprietà e l’uccisione e tortura di prigionieri di guerra. Nello scontare la sua pena in Croazia, ridotta ancora da benefici, Mirko Norac durante la sua permanenza in carcere era più libero che mai, si sposò, ebbe due figli, si è laureato, ecc. Questa è la giustizia occidentale, perché va tenuto conto che gli incriminati non erano…serbi.
Qui sotto le commemorazioni il 9 settembre nelle Chiese ortodosse serbe
Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado Italia/CIVG
“Potevamo sentire l’incendio”: il miglior soldato canadese ricorda la battaglia di Medak Pocket
La “battaglia dimenticata” del Canada non è stata dimenticata dalle persone che vi hanno combattuto di Murray Brewester
Il miglior soldato canadese rompe il silenzio sulla brutale battaglia nell’ex Yugoslavia
Il generale Wayne Eyre parla pubblicamente per la prima volta del suo ruolo nella battaglia di Medak Pocket, una battaglia feroce ma poco ricordata che ha coinvolto le truppe canadesi di mantenimento della pace e che, secondo lui, gli ha cambiato la vita. Eyre guidò un’unità di ricognizione che scoprì e documentò il massacro di civili e gli orrori della pulizia etnica.
È talvolta ricordata come la “battaglia dimenticata” del Canada.
Trent’anni fa, nei primi di settembre, i soldati canadesi in missione di mantenimento della pace combatterono una battaglia campale contro le forze croate vicino al villaggio di Medak nell’ex Jugoslavia.
Oggi, i militari hanno celebrato l’anniversario della battaglia di Medak Pocket con una cerimonia di basso profilo presso il memoriale nazionale per il mantenimento della pace a Ottawa, una commemorazione alla quale non ha partecipato nessun ministro del governo.
La feroce battaglia del settembre 1993 – combattuta contro le forze croate nell’ex Yugoslavia in una missione di mantenimento della pace in cui c’era ben poca pace da mantenere – ha lasciato un’eredità importante per i soldati canadesi e per il massimo comandante militare del paese.
Il generale Wayne Eyre, capo dello staff della difesa, guidò l’unità di ricognizione che scoprì e documentò il massacro di civili e gli orrori della pulizia etnica nella regione. La missione cambiò per sempre il volto del mantenimento della pace canadese e determina ancora oggi le decisioni di Eyre.
La battaglia, durata otto giorni, vide quattro soldati canadesi feriti: un risultato notevole data la sua portata. Gli storici affermano che lo scontro a fuoco di 16 ore tra le truppe croate e la compagnia Charlie del 2° battaglione della fanteria leggera canadese della principessa Patricia (PPCLI) fu, a quel punto, il più grande scontro combattuto dai canadesi dai tempi della guerra di Corea.
Secondo quanto riferito, diversi soldati croati sarebbero stati uccisi.
Le truppe canadesi presidiano una linea di trincea nell’ex Yugoslavia nel 1993. A inizio settembre, le forze canadesi hanno celebrato il 30° anniversario della battaglia di Medak Pocket. (Alex Brennan/Government of Canada/DND)
Prima di parlare con CBC News, Eyre non aveva mai parlato pubblicamente dell’esperienza. Ha rilasciato un’intervista diversi anni fa per la storia del reggimento PPCLI.
Lui e il suo plotone di ricognizione erano ai margini dello scontro a fuoco mentre si svolgeva. Successivamente fecero strada fino al villaggio di Lički Čitluk, che era stato raso al suolo e dove furono scoperti ben 16 cadaveri mutilati di civili.
“Era surreale, credo che sia questo, probabilmente, il termine migliore”, ha detto Eyre, aggiungendo che le scene di morte e devastazione hanno avuto un profondo impatto su di lui come giovane capitano appena agli inizi della sua carriera.
“Ero troppo occupato per essere arrabbiato [in quel momento]. Ero troppo preoccupato per tutto quello che stava succedendo, capisci.”
Sotto il fuoco dell’artiglieria croata, le truppe canadesi tentarono di costruire una posizione fortificata in un punto che era stato occupato dai serbi che stavano tentando di formare una repubblica separatista nell’area. Le forze delle Nazioni Unite canadesi e francesi hanno risposto al fuoco.
“Il fuoco e le fiamme sono qualcosa che non dimenticherò mai.”
Il comandante croato, Brig.-Gen. Rahim Ademi, ha accettato un cessate il fuoco e si è impegnato a ritirarsi quando le sue truppe non fossero state in grado di rimuovere le forze di pace.
Il giorno successivo, il 16 settembre 1993, era nuvoloso e grigio quando le truppe canadesi, incluso Eyre, entrarono per far rispettare il cessate il fuoco. Sono stati trattenuti a un posto di blocco pesantemente fortificato fuori Medak.
“Ci eravamo spostati verso un posto di blocco croato e potevamo sentire gli spari. Potevamo sentire l’incendio”, ha detto Eyre. “Abbiamo riferito che credevamo che fosse in corso una pulizia etnica”.
In una conferenza stampa improvvisata, il comandante canadese tenente colonnello. Jim Calvin ha accusato i croati di avere qualcosa da nascondere.
“Finalmente verso le 18.00 quella notte abbiamo avuto la notizia e abbiamo superato il posto di blocco. Vi dico che è stato un momento piuttosto spaventoso”, ha detto Eyre, che era appena fuori dal campo della telecamera mentre Calvin parlava ai giornalisti.
Il breve viaggio lungo la frondosa strada di campagna trasformò i canadesi in un calderone spietato.
“Vi dirò che ogni edificio in quel villaggio era in fiamme”, ha detto Eyre. “Il fumo e le fiamme sono qualcosa che non dimenticherò mai. Sparsi per terra c’erano centinaia di paia di guanti chirurgici che erano stati usati quando [i croati] si sbarazzarono delle prove dei cadaveri”.
Il generale Wayne Eyre riflette sulla feroce battaglia del settembre 1993 che le truppe canadesi combatterono contro le forze croate nell’ex Jugoslavia. Eyre guidò l’unità di ricognizione che scoprì e documentò il massacro di civili e gli orrori della pulizia etnica nella regione.
Ma i canadesi erano arrivati prima che tutta la pulizia fosse terminata. Lungo la strada circa 70 soldati croati assistevano al loro arrivo. Eyre li ricorda che ridevano dei canadesi.
“Nel corso delle ore successive, abbiamo scoperto numerosi corpi”, ha detto Eyre. “Ma ti dico, l’odore. L’odore è qualcosa da cui mi ci sono voluti anni per allontanarmi. Ogni volta che sentivo l’odore… di un fuoco di legna, di un falò, mi riportava immediatamente a quel momento.”
Nessun residente serbo è stato trovato vivo nel villaggio e nei dintorni.
I canadesi iniziarono a catalogare gli orrori che scoprirono – prove che sarebbero poi state consegnate al Tribunale penale internazionale per l’ex Yugoslavia. Ademi, il comandante croato nella regione, è stato incriminato nel 2001 e accusato di crimini contro l’umanità. È stato assolto.
I soldati croati hanno una versione diversa della battaglia e ancora oggi insistono nel dire che hanno sparato solo dopo essere stati colpiti. Hanno anche negato l’uso di armi pesanti, come artiglieria e carri armati.
Eyre ha detto di aver parlato con i soldati croati nel corso degli anni; La Croazia ora fa parte della NATO. Ha detto che hanno concordato di non essere d’accordo.
“Come ho fatto a venirne a capo personalmente?” disse Eyre, fermandosi un attimo.
“C’è stata molta riflessione, molta riflessione profonda a riguardo. E potresti obiettare che, sai… non sono ancora venuto a patti con questo.”
Trasformare un evento traumatico in un’esperienza di crescita è stato l’obiettivo di Eyre con il passare degli anni. Ha detto di riconoscere quanto profondamente il servizio nei Balcani abbia influenzato molti dei suoi commilitoni. Per alcuni – incluso Eyre – le atrocità a cui hanno assistito nell’ex Yugoslavia superavano quelle viste durante il servizio in Afghanistan.
“È impresso nella tua esistenza. È impresso nella tua memoria, e così continuerai a pensarci per il resto della tua vita”, ha detto.
Ammette prontamente che la battaglia dentro e intorno a Medak determina i consigli che dà oggi al governo federale ogni volta che si tratta di mettere le truppe in pericolo.
“Le lezioni di Medak sono state formative per me”, ha detto Eyre.
Ha detto che insiste sulla pianificazione dello scenario peggiore e lavora per garantire che le carenze riscontrate in Croazia (mancanza di artiglieria, mancanza di supporto alle vittime e mobilità delle truppe) non si ripetano nelle missioni attuali e future.
Eyre ha affermato che l’esperienza lo ha reso profondamente consapevole di quanto possa essere pericoloso il mondo, soprattutto oggi.
“Una delle lezioni è che la civiltà è una patina molto sottile che può essere facilmente strappata via e in questo caso abbiamo visto vicini uccidere altri vicini. È stato molto, molto triste da vedere”, ha detto.
Le forze di pace canadesi si preparano per una parata al campo di Maple Leaf for a parade a Port-au-Prince on Nov. 28, 1997. (Daniel Morel/The Canadian Press, AP)
La battaglia di Medak Pocket rappresentò anche la campana a morto del mantenimento della pace delle Nazioni Unite con i “berretti blu”, un concetto che risuona ancora profondamente tra i canadesi, soprattutto nella classe politica.
Il maggiore generale in pensione Lew MacKenzie, che comandava le forze delle Nazioni Unite a Sarajevo prima della battaglia di Medak, ha detto che quello che è successo 30 anni fa è stato poco raccontato all’epoca e rimane un argomento scomodo per il governo canadese.
“La cosa non è mai stata debitamente denunciata in Canada perché semplicemente non riuscivano a capire, dal governo in giù, perché le forze di pace uccidono le persone”, ha detto MacKenzie. “Ed è stato molto, molto esasperante – per me in particolare – perché sapevo cosa avevano passato e l’area in cui avevano combattuto.”
Ha detto che ci è voluta un’indagine della CBC News anni dopo per svelare completamente quello che è successo; che cosa è andato storto; cosa è andato bene e il valore dei soldati coinvolti.
“È stata una giornata eroica per i soldati canadesi”, ha detto MacKenzie, che ha partecipato alla commemorazione di domenica.
Eyre ha affermato di vedere la battaglia come un punto di svolta nella moderna storia militare e politica canadese, avvenuta dopo il disastroso dispiegamento per il mantenimento della pace in Somalia e poco prima contro il genocidio in Ruanda.
Lo storico Andrew Burtch del Canadian War Museum ha affermato di ritenere che Medak Pocket sia stato un momento significativo che ha contribuito a plasmare, sia dal punto di vista organizzativo che etico, l’esercito canadese che ha continuato a combattere meno di un decennio dopo in Afghanistan.
Medak Pocket era “Non Vimy Ridge. Non è, sai, la battaglia di Hill 355, non è la Normandia”, ha detto
“ma la richiesta delle Nazioni Unite in quel momento [in Croazia] era di non cedere, e così non è stato, e ciò è stato possibile in gran parte al servizio e al sacrificio di coloro che hanno ricoperto quel ruolo”.
I canadesi sono stati inviati nell’ex Yugoslavia “in nome della politica estera canadese, in nome dei valori canadesi, per far rispettare il cessate il fuoco e mantenere la pace in generale”, ha detto.
“E penso che sarebbe un errore se dimenticassimo quei capitoli della nostra storia che sono capitoli più piccoli, ma sono molto formativi per il modo in cui si sono comportati i militari”.
Da CBC, Canada Traduzione di Giulia B. per Forum Belgrado Italia/CIVG
a cura di Enrico Vigna, 4 ottobre 2023
Proponiamo la testimonianza del generale canadese Wayne Eyre, allora comandante del contingente canadese di interposizione nella guerra in Bosnia. Non vuole essere una mera ricorrenza storica, sono passati trentanni, ma una sollecitazione a non cadere nelle menzogne e nelle falsità con cui media occidentali asserviti all’egemonismo unipolare, ci raccontano realtà che non sono vere ma che sono funzionali a progettualità geopolitiche esterne. Ebbene, ricordare tragedie e massacri NON raccontati, ma oggi pubblici, dovrebbe aiutare a capire ciò che avviene in Ucraina, Donbass, Siria, Libia e ancora una volta nei Balcani, la crisi di queste settimane, ad un soffio da una nuova guerra, in Kosovo. Al di là di tutto, una cosa è data: anche trentanni dopo, i serbi della Lika hanno pianto da soli la memoria dei propri cari trucidati nella Lika.
Breve sintesi storica dei fatti
L’operazione criminale “Medak Pocket” o “Settembre di sangue nella Lika” fu il terzo attacco da parte delle forze militari e di polizia della Repubblica di Croazia sul territorio della Repubblica Srpska Krajina, da quando la zona della RSK era posta sotto il controllo di protezione delle forze internazionali dell’UNPROFOR.
Questa operazione genocida iniziò il 9 settembre 1993 con un improvviso attacco dell’esercito croato contro i villaggi serbi nell’area della “sacca di Medak” vicino a Gospić, che erano sotto la protezione delle Nazioni Unite da 18 mesi. L’esercito croato passò all’offensiva intorno alle sei del mattino, nell’attacco erano coinvolti circa 2.500 soldati della zona operativa “Gospić”, tra cui la 9a Brigata delle guardie dell’Esercito croato, la 111a Brigata di Rijeka, la Brigata della Guardia domestica di Gospić, la Brigata della Guardia domestica di Lovinac e le unità speciali della polizia croata MUP. Nel giro di 7 giorni, i villaggi serbi di Medak, Počitelj, Čitluk e Divoselo, furono saccheggiati e rasi al suolo, bruciati, demolito case, ucciso e massacrato civili, soldati e miliziani. Questo crimine fu accompagnato da un coinvolgimento effettivo di interposizione delle forze dell’UNPROFOR rispetto ai precedenti conflitti sul territorio dell’ex SFRY, in particolare il più grande coinvolgimento dell’esercito canadese nei conflitti militari dai tempi della guerra di Corea (1950-1953), come documenta il generale Eyre. Dopo la firma dell’accordo sul controllo della “Medak Pocket”, secondo il quale sia la parte croata che quella serba, con la mediazione della comunità internazionale, concordarono che le forze croate si sarebbero ritirate dai territori occupati entro il 15 settembre entro le linee precedenti l’attacco, e che il controllo della zona sarebbe stato preso dalle forze dell’UNPROFOR, la parte croata non rispettò l’accordo, mentre le sue forze si ritiravano, per la durata di altri otto giorni, fino al 17 settembre, continuarono nella loro opera di saccheggi, distruzioni e uccisioni, secondo il sistema nazista della “terra bruciata”.In questa aggressione morirono 88 serbi di cui 36 civili, 26 di loro avevano più di 60 anni.
Tra loro anche 17 donne. Dopo l’operazione, la parte croata consegnò alla parte serba 52 corpi.
Esperti internazionali e patologi dagli esami dei corpi serbi (crani frantumati, numerose ferite da arma da fuoco da distanza ravvicinata), stabilirono che si era trattato di una uccisione sistematica dei catturati e dei feriti. I membri dell’UNPROFOR, dopo aver ripreso il controllo della zona, ritrovarono altri 18 cadaveri, la maggior parte dei quali massacrati, mutilati, con alcune parti del corpo tagliate o dati alle fiamme, cioè gettati vivi nel fuoco. Due cadaveri furono recuperati da membri dell’esercito serbo della Krajina /SVK e uno fu poi ritrovato nell’aprile 1994.Nel maggio 2000 gli investigatori trovarono nuove prove dell’eccidio nel Medac Pocket: 11 cadaveri nascosti in una fossa settica nell’ex parte serba di Gospić, sei dei quali furono identificati con il metodo del DNA. Degli 84 resti rinvenuti, otto sono rimasti non identificati, mentre la ricerca di quattro è ancora in corso.
Per monitorare il ritiro, l’UNPROFOR inviò nella Medak Pocket 875 soldati del 2° battaglione del reggimento “Princess Patricia” della fanteria leggera canadese nella Medak Pocket insieme ad un’unità meccanizzata dell’esercito francese. Le forze delle Nazioni Unite, sotto il comando di James Calvin, erano tra le forze serbe e croate. L’esercito canadese all’interno dell’UNPROFOR era uno dei meglio armati e preparati, ma fino a questi eventi, dopo ogni grave incidente, era sempre avvenuto che le forze di pace fuggissero dalla scena dei conflitti piuttosto che intervenire. Ma questa volta come racconta dopo il comandante canadese, nel momento entrarono nella terra di nessuno e cercarono di attraversare il territorio occupato dalle forze croate, furono attaccati dal lato croato. I soldati canadesi alzarono in alto le bandiere delle Nazioni Unite e tentarono più volte, durante il 16 settembre 1993 di entrare nell’area, ma ogni volta che ci provavano, il fuoco dalla parte croata si intensificava tanto che i canadesi iniziarono a rispondere al fuoco anche con l’uso di cannoni da 20 mm. La situazione di tensione continuò per tutta la notte, poi prima dell’alba il fuoco dalla parte croata si fermò così che le truppe canadesi iniziarono a prendere il controllo del campo.
Il generale Calvin dichiarò in seguito, che 27 membri dell’esercito croato furono uccisi o feriti durante le operazioni di combattimento. In Canada la verità sugli eventi e sul conflitto tra le forze canadesi e croate è rimasta nascosta per molto tempo, con questa intervista che abbiamo tradotto e qui riportato, il generale Eyre, ricorda quei giorni e ciò che vide e provò addentrandosi sul campo. Solo il 1° dicembre 2002, durante il raduno dei soldati, il coraggio dimostrato in quella occasione venne premiato. Nel discorso di benvenuto, la Governatrice canadese Adriana Carlson: “Il semplice fatto è che solo un piccolo numero di noi canadesi sapeva cosa avete fatto nel 1993 in Croazia, non lede le vostre azioni per la pace. Che sono state nientemeno che eroiche e il vostro Paese all’epoca non lo ha riconosciuto”.
Il Generale francese Jean Cot, dichiarò 19 settembre 1993, “Non ho trovato segni di vita, né persone né animali, nei diversi villaggi che abbiamo attraversato. La distruzione è completa, sistematica e intenzionale…”.
Qualcuno ha risposto delle sue colpe per questi crimini efferati? Ecco come è andata ai comandanti responsabili.
Sulla base delle indagini condotte fino al 2004, la Procura del Tribunale dell’Aia intentò un’accusa per responsabilità di comando contro il capo di stato maggiore dell’esercito croato, generale Janko Bobetko, il comandante dell’area militare di Gospić, generale Rahim Ademi, e il comandante della Nona Brigata delle Guardie, generale Mirko Norac. A Janko Bobetko non venne notificata l’accusa perché morì nell’aprile 2003.
Il processo contro Mirko Norac e Rahim Ademi presso il Tribunale dell’Aia non ha avuto luogo perché il caso è stato trasferito alla magistratura croata nel settembre 2005 e la magistratura croata ha depositato l’atto d’accusa solo il 22 novembre 2006. Il processo iniziò nel giugno 2007 e si concluse il 31 maggio 2008 con la sentenza orale.
Durante il processo furono testimoniati crimini mostruosi e atrocità contro la popolazione serba (una donna impalata, decapitata, smembrata e gettata nelle loro case, poi bruciata, accoltellata un giovane ritardato impiccato a testa in giù, ecc.). Il verdetto ha assolto Rahim Ademi e Mirko Norac è stato condannato a una pena di soli 7 anni, solo per non aver impedito l’omicidio di civili, il saccheggio di proprietà e l’uccisione e tortura di prigionieri di guerra. Nello scontare la sua pena in Croazia, ridotta ancora da benefici, Mirko Norac durante la sua permanenza in carcere era più libero che mai, si sposò, ebbe due figli, si è laureato, ecc. Questa è la giustizia occidentale, perché va tenuto conto che gli incriminati non erano…serbi.
Qui sotto le commemorazioni il 9 settembre nelle Chiese ortodosse serbe
Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado Italia/CIVG
“Potevamo sentire l’incendio”: il miglior soldato canadese ricorda la battaglia di Medak Pocket
La “battaglia dimenticata” del Canada non è stata dimenticata dalle persone che vi hanno combattuto di Murray Brewester
Il miglior soldato canadese rompe il silenzio sulla brutale battaglia nell’ex Yugoslavia
Il generale Wayne Eyre parla pubblicamente per la prima volta del suo ruolo nella battaglia di Medak Pocket, una battaglia feroce ma poco ricordata che ha coinvolto le truppe canadesi di mantenimento della pace e che, secondo lui, gli ha cambiato la vita. Eyre guidò un’unità di ricognizione che scoprì e documentò il massacro di civili e gli orrori della pulizia etnica.
È talvolta ricordata come la “battaglia dimenticata” del Canada.
Trent’anni fa, nei primi di settembre, i soldati canadesi in missione di mantenimento della pace combatterono una battaglia campale contro le forze croate vicino al villaggio di Medak nell’ex Jugoslavia.
Oggi, i militari hanno celebrato l’anniversario della battaglia di Medak Pocket con una cerimonia di basso profilo presso il memoriale nazionale per il mantenimento della pace a Ottawa, una commemorazione alla quale non ha partecipato nessun ministro del governo.
La feroce battaglia del settembre 1993 – combattuta contro le forze croate nell’ex Yugoslavia in una missione di mantenimento della pace in cui c’era ben poca pace da mantenere – ha lasciato un’eredità importante per i soldati canadesi e per il massimo comandante militare del paese.
Il generale Wayne Eyre, capo dello staff della difesa, guidò l’unità di ricognizione che scoprì e documentò il massacro di civili e gli orrori della pulizia etnica nella regione. La missione cambiò per sempre il volto del mantenimento della pace canadese e determina ancora oggi le decisioni di Eyre.
La battaglia, durata otto giorni, vide quattro soldati canadesi feriti: un risultato notevole data la sua portata. Gli storici affermano che lo scontro a fuoco di 16 ore tra le truppe croate e la compagnia Charlie del 2° battaglione della fanteria leggera canadese della principessa Patricia (PPCLI) fu, a quel punto, il più grande scontro combattuto dai canadesi dai tempi della guerra di Corea.
Secondo quanto riferito, diversi soldati croati sarebbero stati uccisi.
Le truppe canadesi presidiano una linea di trincea nell’ex Yugoslavia nel 1993. A inizio settembre, le forze canadesi hanno celebrato il 30° anniversario della battaglia di Medak Pocket. (Alex Brennan/Government of Canada/DND)
Prima di parlare con CBC News, Eyre non aveva mai parlato pubblicamente dell’esperienza. Ha rilasciato un’intervista diversi anni fa per la storia del reggimento PPCLI.
Lui e il suo plotone di ricognizione erano ai margini dello scontro a fuoco mentre si svolgeva. Successivamente fecero strada fino al villaggio di Lički Čitluk, che era stato raso al suolo e dove furono scoperti ben 16 cadaveri mutilati di civili.
“Era surreale, credo che sia questo, probabilmente, il termine migliore”, ha detto Eyre, aggiungendo che le scene di morte e devastazione hanno avuto un profondo impatto su di lui come giovane capitano appena agli inizi della sua carriera.
“Ero troppo occupato per essere arrabbiato [in quel momento]. Ero troppo preoccupato per tutto quello che stava succedendo, capisci.”
Sotto il fuoco dell’artiglieria croata, le truppe canadesi tentarono di costruire una posizione fortificata in un punto che era stato occupato dai serbi che stavano tentando di formare una repubblica separatista nell’area. Le forze delle Nazioni Unite canadesi e francesi hanno risposto al fuoco.
“Il fuoco e le fiamme sono qualcosa che non dimenticherò mai.”
Il comandante croato, Brig.-Gen. Rahim Ademi, ha accettato un cessate il fuoco e si è impegnato a ritirarsi quando le sue truppe non fossero state in grado di rimuovere le forze di pace.
Il giorno successivo, il 16 settembre 1993, era nuvoloso e grigio quando le truppe canadesi, incluso Eyre, entrarono per far rispettare il cessate il fuoco. Sono stati trattenuti a un posto di blocco pesantemente fortificato fuori Medak.
“Ci eravamo spostati verso un posto di blocco croato e potevamo sentire gli spari. Potevamo sentire l’incendio”, ha detto Eyre. “Abbiamo riferito che credevamo che fosse in corso una pulizia etnica”.
In una conferenza stampa improvvisata, il comandante canadese tenente colonnello. Jim Calvin ha accusato i croati di avere qualcosa da nascondere.
“Finalmente verso le 18.00 quella notte abbiamo avuto la notizia e abbiamo superato il posto di blocco. Vi dico che è stato un momento piuttosto spaventoso”, ha detto Eyre, che era appena fuori dal campo della telecamera mentre Calvin parlava ai giornalisti.
Il breve viaggio lungo la frondosa strada di campagna trasformò i canadesi in un calderone spietato.
“Vi dirò che ogni edificio in quel villaggio era in fiamme”, ha detto Eyre. “Il fumo e le fiamme sono qualcosa che non dimenticherò mai. Sparsi per terra c’erano centinaia di paia di guanti chirurgici che erano stati usati quando [i croati] si sbarazzarono delle prove dei cadaveri”.
Il generale Wayne Eyre riflette sulla feroce battaglia del settembre 1993 che le truppe canadesi combatterono contro le forze croate nell’ex Jugoslavia. Eyre guidò l’unità di ricognizione che scoprì e documentò il massacro di civili e gli orrori della pulizia etnica nella regione.
Ma i canadesi erano arrivati prima che tutta la pulizia fosse terminata. Lungo la strada circa 70 soldati croati assistevano al loro arrivo. Eyre li ricorda che ridevano dei canadesi.
“Nel corso delle ore successive, abbiamo scoperto numerosi corpi”, ha detto Eyre. “Ma ti dico, l’odore. L’odore è qualcosa da cui mi ci sono voluti anni per allontanarmi. Ogni volta che sentivo l’odore… di un fuoco di legna, di un falò, mi riportava immediatamente a quel momento.”
Nessun residente serbo è stato trovato vivo nel villaggio e nei dintorni.
I canadesi iniziarono a catalogare gli orrori che scoprirono – prove che sarebbero poi state consegnate al Tribunale penale internazionale per l’ex Yugoslavia. Ademi, il comandante croato nella regione, è stato incriminato nel 2001 e accusato di crimini contro l’umanità. È stato assolto.
I soldati croati hanno una versione diversa della battaglia e ancora oggi insistono nel dire che hanno sparato solo dopo essere stati colpiti. Hanno anche negato l’uso di armi pesanti, come artiglieria e carri armati.
Eyre ha detto di aver parlato con i soldati croati nel corso degli anni; La Croazia ora fa parte della NATO. Ha detto che hanno concordato di non essere d’accordo.
“Come ho fatto a venirne a capo personalmente?” disse Eyre, fermandosi un attimo.
“C’è stata molta riflessione, molta riflessione profonda a riguardo. E potresti obiettare che, sai… non sono ancora venuto a patti con questo.”
Trasformare un evento traumatico in un’esperienza di crescita è stato l’obiettivo di Eyre con il passare degli anni. Ha detto di riconoscere quanto profondamente il servizio nei Balcani abbia influenzato molti dei suoi commilitoni. Per alcuni – incluso Eyre – le atrocità a cui hanno assistito nell’ex Yugoslavia superavano quelle viste durante il servizio in Afghanistan.
“È impresso nella tua esistenza. È impresso nella tua memoria, e così continuerai a pensarci per il resto della tua vita”, ha detto.
Ammette prontamente che la battaglia dentro e intorno a Medak determina i consigli che dà oggi al governo federale ogni volta che si tratta di mettere le truppe in pericolo.
“Le lezioni di Medak sono state formative per me”, ha detto Eyre.
Ha detto che insiste sulla pianificazione dello scenario peggiore e lavora per garantire che le carenze riscontrate in Croazia (mancanza di artiglieria, mancanza di supporto alle vittime e mobilità delle truppe) non si ripetano nelle missioni attuali e future.
Eyre ha affermato che l’esperienza lo ha reso profondamente consapevole di quanto possa essere pericoloso il mondo, soprattutto oggi.
“Una delle lezioni è che la civiltà è una patina molto sottile che può essere facilmente strappata via e in questo caso abbiamo visto vicini uccidere altri vicini. È stato molto, molto triste da vedere”, ha detto.
Le forze di pace canadesi si preparano per una parata al campo di Maple Leaf for a parade a Port-au-Prince on Nov. 28, 1997. (Daniel Morel/The Canadian Press, AP)
La battaglia di Medak Pocket rappresentò anche la campana a morto del mantenimento della pace delle Nazioni Unite con i “berretti blu”, un concetto che risuona ancora profondamente tra i canadesi, soprattutto nella classe politica.
Il maggiore generale in pensione Lew MacKenzie, che comandava le forze delle Nazioni Unite a Sarajevo prima della battaglia di Medak, ha detto che quello che è successo 30 anni fa è stato poco raccontato all’epoca e rimane un argomento scomodo per il governo canadese.
“La cosa non è mai stata debitamente denunciata in Canada perché semplicemente non riuscivano a capire, dal governo in giù, perché le forze di pace uccidono le persone”, ha detto MacKenzie. “Ed è stato molto, molto esasperante – per me in particolare – perché sapevo cosa avevano passato e l’area in cui avevano combattuto.”
Ha detto che ci è voluta un’indagine della CBC News anni dopo per svelare completamente quello che è successo; che cosa è andato storto; cosa è andato bene e il valore dei soldati coinvolti.
“È stata una giornata eroica per i soldati canadesi”, ha detto MacKenzie, che ha partecipato alla commemorazione di domenica.
Eyre ha affermato di vedere la battaglia come un punto di svolta nella moderna storia militare e politica canadese, avvenuta dopo il disastroso dispiegamento per il mantenimento della pace in Somalia e poco prima contro il genocidio in Ruanda.
Lo storico Andrew Burtch del Canadian War Museum ha affermato di ritenere che Medak Pocket sia stato un momento significativo che ha contribuito a plasmare, sia dal punto di vista organizzativo che etico, l’esercito canadese che ha continuato a combattere meno di un decennio dopo in Afghanistan.
Medak Pocket era “Non Vimy Ridge. Non è, sai, la battaglia di Hill 355, non è la Normandia”, ha detto
“ma la richiesta delle Nazioni Unite in quel momento [in Croazia] era di non cedere, e così non è stato, e ciò è stato possibile in gran parte al servizio e al sacrificio di coloro che hanno ricoperto quel ruolo”.
I canadesi sono stati inviati nell’ex Yugoslavia “in nome della politica estera canadese, in nome dei valori canadesi, per far rispettare il cessate il fuoco e mantenere la pace in generale”, ha detto.
“E penso che sarebbe un errore se dimenticassimo quei capitoli della nostra storia che sono capitoli più piccoli, ma sono molto formativi per il modo in cui si sono comportati i militari”.
Da CBC, Canada Traduzione di Giulia B. per Forum Belgrado Italia/CIVG