Milano – martedì, 21 aprile 2015
Cinque insegnanti, cinquanta alunni: la buona classe (organizzata da USB pubblico impiego) si è ritrovata nel tardo pomeriggio in piazza della Scala a Milano, davanti a Palazzo Marino, sede del Comune per una lezione molto particolare. Capire i contenuti del disegno di legge del governo Renzi sulla scuola, confrontarli con la realtà e confutarne i principi di base. Che sono: il preside, non a caso chiamato da tempo “dirigente scolastico”, diviene sempre più simile a un capo azienda: assume gli insegnanti, decide in solitudine la didattica (i consigli di istituto andranno sparendo), licenzia (lo potrà fare dopo tre anni) chi non gli va più bene, trova finanziamenti e sponsor nelle aziende, affitta gratuitamente alle suddette i suoi studenti (divenuti dipendenti) per stage estivi e non. Insomma: un uomo solo al comando come si usa di questi tempi. Pessimo, con la cosiddetta riforma, sarà il futuro dei precari perché il governo, costretto dopo dura resistenza dalla corte europea a regolarizzarli, ha trovato degli escamotage tali da lasciarne a casa 40.000. Il 5×1000 nella dichiarazione dei redditi che chi vorrà potrà donare alla scuola, discriminerà ancora una volta scuole ricche del centro da quelle povere delle periferie, già oggi frequentate soprattutto da immigrati, rom, figli di disoccupati. Stessa situazione sarà quella dei nidi e delle scuole per l’infanzia (dipendenti dal Comune) da sempre vanto della città. Favorite (ma già adesso è così) saranno le strutture private. E’ la conclusione di un percorso iniziato da tempo scientificamente portato avanti dai vari governi succedutisi in questi decenni che hanno svuotato di contenuti, professionalità, qualità, finanziamenti, risorse umane la scuola pubblica a favore di una scuola di élite, costosa, privata. Contravvenendo al dettato dell’articolo 33 della Costituzione italiana che recita: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato.” Che dire? Lo sciopero di giovedì 24 aprile dovrà essere forte e partecipato. Per provare a respingere un disegno di legge che, se approvato, pregiudicherà l’educazione dei ragazzi, la loro libertà di critica, la loro cultura. E la vita e la possibilità di un’esistenza dignitosa ai loro insegnanti.