di Gianni Barbacetto
Riuscirà alle Ferrovie dello Stato di ripetere in grande, a Milano, il colpo che hanno già fatto a Firenze? Nella città del Giglio si sono mangiate, nel 2012, Ataf, la municipalizzata del trasporto urbano. Ora, a Milano, puntano al boccone più prelibato d’Italia: Atm, l’azienda comunale dei tram, bus e metrò. La campagna di conquista, cominciata da tempo, era finora un lavorio sotterraneo. Da lunedì 6 marzo 2017 ha avuto l’avvio ufficiale: il sindaco Giuseppe Sala, dopo più d’una giravolta sul tema, ha alzato il disco verde a Fs che ora diventano un operatore presente sulla piazza milanese, con grandi ambizioni e attività su più fronti.
Che cosa è successo nella convulsa, interminabile giornata di lunedì 6? Il Consiglio comunale di Milano doveva discutere del futuro di M5, la linea lilla (e automatica) del metrò. Uno dei soci privati di M5, il costruttore Astaldi, ha messo da tempo in vendita la sua quota (il 36,7 per cento). Per rilevarla si sono subito fatte sotto Fs. Anzi, la vendita è stata progettata da Astaldi, storico fornitore di Fs, proprio per farla finire nelle mani delle Ferrovie, con le quali aveva già firmato nel dicembre 2016 un accordo preliminare di vendita. A questo punto entra in partita Atm. È già socia di M5 (al 20 per cento). E quando qualcuno vuole vendere le sue quote, ha diritto di prelazione.
Il presidente, Bruno Rota, prepara per tempo una alternativa a Fs, per difendere l’azienda. La ritiene un’operazione “ostile”: per le Ferrovie, M5 è il cavallo di Troia per espugnare Milano. Una volta entrate nella linea lilla, “potranno ottenere la gestione di M5”, ovvero assumere “la funzione operativa svolta da Atm”. Non solo: avranno i titoli per partecipare, nel 2018, alla gara per la gestione dell’intero servizio di trasporto pubblico milanese, in alternativa ad Atm, e alle gare per il trasporto locale in tutta Italia e nel mondo.
C’è di più: l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Renato Mazzoncini, coltiva da tempo il progetto di fondere Atm, che è comunale e gestisce i trasporti in città, con Trenord, la società dei trasporti regionali, le malmesse Ferrovie Nord Milano, possedute 50 e 50 da Trenitalia (cioè Fs) e da Regione Lombardia (che non vede l’ora di liberarsene). La fusione creerebbe un operatore più grande, da 2 miliardi di ricavi, ma sarebbe il matrimonio tra una miss e uno smidollato, con l’efficiente trasporto urbano che si troverebbe mischiato con i vecchi treni delle Nord, terrore dei pendolari. Atm porterebbe una dote preziosa (1,1 miliardi di fatturato, 26 milioni di utile netto, 919 milioni di patrimonio), ma i milanesi perderebbero per sempre il controllo dei loro trasporti.
Per questo Rota, fedele al mandato di difendere gli interessi della sua azienda, prepara una strada alternativa. Per rilevare le quote di Astaldi in M5 si fa sotto il colosso giapponese Marubeni. È interessato anche F2i, il fondo pubblico per le infrastrutture controllato da Cassa depositi e prestiti. Rota incontra entrambi. “Con Marubeni, assistita dall’avvocato Roli, le trattative si sono fermate dopo alcuni incontri, mancando identità di scopi e finalità”, scrive Rota al sindaco. Con F2i, invece, il presidente mette a punto un progetto, asseverato da autorevoli pareri legali: Atm esercita il diritto di prelazione sulla quota Astaldi di M5, che viene poi comprata direttamente da F2i. Né Atm né il Comune ci mettono un soldo, il fondo paga, si carica anche dell’indebitamento di M5 e resta come puro socio finanziario, lasciando la gestione del servizio ad Atm.
Poiché l’azionista unico di Atm è il sindaco di Milano, Rota il 6 febbraio manda a Sala una lettera in cui spiega il suo progetto, allegando anche il contratto già pronto. Sala inizia a fare melina. Sa che il diritto di prelazione scade all’inizio di marzo. Tira in lungo. Il 14 febbraio Rota manda al sindaco una lettera di sollecito. Sala risponde solo il 20 febbraio, bocciando il suo progetto. Lo stesso giorno, Rota riunisce il consiglio d’amministrazione di Atm e propone una mozione, approvata all’unanimità, che si adegua al volere dell’azionista. Nei giorni seguenti, però, il collegio sindacale di Atm invita il presidente a precisare alcuni elementi della trattativa con F2i.
Nasce così una seconda proposta, in linea con quanto lo stesso Sala sembra suggerire nelle sue risposte a Rota: Atm compra la quota Astaldi e poi la mette a gara, con F2i pronta a rilevarla. Seguono altre lettere tra il sindaco e il presidente di Atm, il 1 e il 2 marzo. Rota spiega a Sala che F2i si è impegnata addirittura a pagare più di quanto sarebbe anticipato da Atm. Niente da fare. Sala e il suo socio e uomo dei conti, l’assessore al bilancio Roberto Tasca, hanno già deciso. “Atm deve gestire il servizio, non fare finanza”, dicono. Ma Atm spa è una holding che fa anche finanza. Ha già una quota azionaria in M5, per esempio.
Il 6 marzo, Sala, Tasca e il direttore generale del Comune Arabella Caporello celebrano la partita finale. Il sindaco cerca di convincere la sua maggioranza. Ci riesce solo in parte. Obbediscono in 24 su 30. Gli altri sono assenti o escono dall’aula o votano no. Ma alla fine, il risultato è portato a casa. Atm è sconfitta, Rota ha perso la sua ultima battaglia. Fs entra a Milano, oggi in M5, poi nel milionario progetto immobiliare degli scali ferroviari, domani chissà.
Il Fatto quotidiano, 8 marzo 2017