Foto: Brigata polacca a Donetsk
Come era immaginabile (e, “forse“, qualcuno lo aveva previsto e accuratamente pianificato) la tensione negli ex-paesi dell’Est sta aumentando a causa di quanto sta accadendo in Ucraina al punto che altri soggetti non qualificati stanno decidendo di intervenire sull’instabilità di quel paese.
Visto che la diplomazia sta facendo acqua da tutte le parti alcune realtà pseudo-militari stanno decidendo al loro posto.
Queste realtà pseudo-militari che sono veri e propri centri di potere con capacità d’intervento non indifferente (vedi cosa hanno fatto e gestito nei paesi come l’Iraq, l’Afghanistan) stanno “aiutando” involontariamente ad aumentare la tensione in quell’area geografica.
Infatti, nelle norme più antiche della guerra c’è, sempre, quella di trovare “il pretesto” per intervenire massicciamente nell’area che si è destinata fare propria. Lo stesso si è fatto prima della costruzione de”il pretesto” (del prossimo e, quasi, certo intervento della comuità internazionale che è, ormai, prigioniera della cultura imperial-militare NATO) con gli aiuti sottobanco ai nazifascisti dell’Ucraina sotto forma di richieste di “maggior democrazia” o altre parole d’ordine retoriche che, invece, li sta portando in tutt’altra direzione.
Una trappola costruita magistralmente che dovrebbe, invece, far saltare le persone di buon senso sulla sedia e farle decidere per una soluzione ragionata nelle regole della diplomazia e senza spargimenti di sangue… Non è uno spettacolo gratificante vedere ammazzarsi in casa tra fratelli e sapere che sarà lo zio (Sam!), l’artefice ad aver orchestrato il piano, prendersi l’eredità perché rimasto l’unico superstite.
MOWA
Ora invece il governo di Kiev per l’addestramento delle proprie truppe e paramilitari si appoggia ai contractors statunitensi e compagnie militari private polacche. In aiuto alla cosiddetta autoproclamatosi Repubblica Popolare di Donetsk invece giungono volontari stranieri provenienti dai Paesi Ue e dagli Stati Nato che facevano parte del Patto di Varsavia.
Un giornalista indipendente russo Arkadij Babcenko, noto per aver identificato l’ufficiale russo dell’intelligence militare Gru Igor Strelkov e altri militari russi tra le file dei separatisti, afferma che ci sarebbero anche cittadini degli Usa che combattono a fianco dei filorussi. In particolare Babcenko afferma che ci sarebbe un suo compagno di vecchia data, ex combattente sovietico in Afghanistan, poi contractor statunitense in Iraq e nel Kurdistan, che per i meriti sul campo di battaglia avrebbe ottenuto la cittadinanza statunitense.
A parte dei singoli casi, ci sono le formazioni straniere numerose presenti a Donetsk che combattono a fianco dei separatisti filorussi. C’è una brigata polacca guidata dallo studente Bartosz Bieker. Intervistato dal portale polacco Onet.pl, Bieker ha detto di non rappresentare il governo polacco, ma il “popolo polacco” contrario alla presenza sul suolo polacco delle basi “dei terroristi della Nato”. Secondo Bieker, il conflitto ucraino sarebbe ispirato dall’esterno dai centri stranieri occidentali.
L’ex ufficiale paracadutista delle forze speciali della Ddr, Aleksandr Kiefel, sta formando una brigata internazionale tedesca per combattere le truppe di Kiev a Donetsk. Kiefel ha combattuto negli anni 1987-89 in Afghanistan nelle file delle forze speciali sovietiche del Kgb. Dopo l’unificazione della Germania addestrava i bodyguard ed era a capo di una società di vigilanza privata. Secondo Kiefel, 400 uomini hanno già dato il loro assenso per entrare a far parte della Brigata internazionale tedesca.
In un’intervista alla TV russa Kiefel ha detto che vuole copiare come modello la brigata internazionale austriaco-tedesca Ernst Thälmann, che combatté a fianco dei repubblicani nella guerra civile in Spagna. Suo nonno, proclamato nemico personale dal capo del servizio di sicurezza nazista Sd Reinhard Heydrich, prima riparò nell’Unione Sovietica e successivamente si recò in Spagna come membro della Brigata internazionale per combattere Franco.
Ora il nipote vuole seguire le orme del nonno sul suolo ucraino.
Una storia a parte è la brigata internazionale ungherese “Legione di San Isztvan”, la presenza della quale nella zona dei combattimenti e l’alleanza con il governo dell’autoproclamatosi secessionista Repubblica Popolare di Donetsk è stata rivelata dall’agenzia giornalistica specializzata militare Anna-News.
Gli ungheresi hanno un contenzioso territoriale aperto con il governo di Kiev riguardante la zona dei Carpazi dove vive una forte e numericamente consistente minoranza ungherese. Subito dopo gli avvenimenti di Euromaidan gli esponenti ungheresi locali hanno immediatamente rivendicato i loro diritti di una vasta autonomia, utilizzo della lingua ungherese come regionale e il diritto di avere la seconda cittadinanza – quella ungherese.
Il governo nazionalista ungherese guidato dal premier Viktor Orbán si è detto più volte disposto a concedere la cittadinanza ungherese. A questo ha replicato un portavoce del governo ucraino, consigliagli “di tenere a bada la propria lingua” perché le dichiarazioni del genere favoriscono il separatismo.
Il partito ultranazionalista ungherese Jobbik ha pubblicamente riconosciuto il diritto della Russia all’annessione della Crimea, riservando all’Ungheria il diritto di annettere la zona dei Carpazi con la prevalente popolazione ungherese. Inoltre Jobbik ha inviato i propri rappresentanti ufficiali al referendum in Crimea sull’unificazione alla Russia, riconoscendo valido il suo esito.
Alla fine di maggio un’unità antiterrorismo ungherese Tek è stata inviata dal governo ungherese, senza alcuna autorizzazione e bypassando il governo di Kiev, nella zona di Donetsk sotto il controllo della sedicente “Repubblica Popolare di Donetsk”. Ufficialmente la Tek doveva svolgere le ricerche di un cittadino ungherese scomparso nella zona. Una decina di giorni dopo però, guarda caso, proprio in quella zona è comparsa la brigata internazionale ungherese “Legione di San Isztvan”. Alcuni esperti affermano che la TEK è andata semplicemente in avanscoperta per spianare la strada ai “volontari” ungheresi.
Qualora le voci e ipotesi sull’arrivo dei volontari stranieri nelle zone controllate dai separatisti filorussi per combattere a loro fianco fossero confermate, ciò significherebbe una sorta di internazionalizzazione del conflitto con il rischio di una sua trasformazione in una guerra civile su vasta scala. Come appunto in Spagna nel 1936, quando i cittadini stranieri combattevano sui due fianchi delle barricate.