di Guido Ruotolo
Cerca lo scontro. Con la provocazione, il dileggio, la sfida. È successo a Catanzaro, in piazza, durante il comizio per le Europee. Il segretario della Lega Matteo Salvini ha sfidato un gruppo di “oppositori” che in piazza ha fischiato il ministro dell’Interno. «Moscerini Rossi, andate da Oliverio».
Mancava che aggiungesse “vi schiacceremo”. Linguaggio da fascista mussoliniano, non da ministro dell’Interno che ha giurato fedeltà alla Costituzione repubblicana e antifascista.
Nelle stesse ore di Catanzaro, a cinquecento chilometri e passa di distanza, Giovanni Impastato, fratello di Peppino che mi piace ricordare come giornalista e militante antimafia, ucciso da Cosa nostra, ha chiesto agli esponenti dei Cinque Stelle venuti al corteo di Cinisi per ricordare il martire antimafia, di lasciare il corteo: «State al governo con i fascisti, qui non potete stare».
Due episodi contrapposti nelle stesse ore raccontano di un Paese che potrebbe esplodere. Conosciamo da sempre Giovanni, uomo mite che ha vissuto la sua vita per raccontare alle nuove generazioni l’impegno antimafia di suo fratello Peppino.
Se oggi Giovanni avverte che è finito il tempo dell’ambiguità è perché siamo giunti sull’orlo di un baratro. Riflettano i militanti e i dirigenti dei Cinque Stelle. Il loro “contratto” di governo non esiste più, essendo evidenti le differenze tra loro e Salvini.
Ma queste differenze da sole sufficienti per rompere il matrimonio rischiano di essere travolte da un clima che sta montando nel Paese. Odio e rancore sono destinati a produrre violenza. In quale paese democratico si è mai visto un ministro dell’Interno bocciare gli oppositori chiamandoli “moscerini rossi” (da schiacciare, calpestare, annientare).
Bisogna appellarsi alla coscienza democratica di questo Paese invitando anche i Cinque Stelle a trarne le conseguenze.
10 maggio 2019