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Uno studio di Avner Ben-Amos della Tel Aviv University mostra come l’occupazione sia raramente menzionata nei testi scolastici di storia, educazione civica o geografia
di Or Kashti,
Lug 2, 2020
Haaretz, 21 giugno 2020
“Neveh Daniel è una comunità rurale,” dice un libro di testo sulla società israeliana “raccontata” da Shulamit, una bambina di 9 anni che racconta della sua famiglia e della sua casa.
“La comunità si trova nella regione di Giudea e Samaria e appartiene al Consiglio Regionale di Gush Etzion. Già in epoca biblica, gli Ebrei vivevano in quest’area e la Bibbia narra dei numerosi eventi che qui accaddero. Per esempio, è qui che i patriarchi e le matriarche furono sepolti e qui ebbero luogo le storie di Re David e del Libro di Ruth.”
Il manuale di 40 pagine per gli alunni di quarta, uno di una serie, vuole offrire uno sguardo sulle varie comunità della società israeliana. Ma c’è una cosa che tralascia: i vicini palestinesi di Shulamit non hanno gli stessi diritti dei membri della sua famiglia.
La sola menzione [dei Palestinesi] consiste in quattro parole alla fine di una frase: dei 1,7 milioni e i 2,9 milioni di Palestinesi che vivono “nella regione chiamata Giudea e Samaria,” il libro dice: “non sono cittadini israeliani.”
Il controllo di Israele su milioni di Palestinesi non è incluso nel messaggio. Di fatto, secondo lo studio del prof. Avner Ben-Amos della School of Education della Tel Aviv University, l’occupazione è raramente un argomento nelle scuole.
Il breve libro narrato da Shulamit è pensato perché gli alunni “imparino a conoscere un po’ lo stile di vita religioso” e apprendano l’importanza di Gerusalemme e di valori quali la “vita comunitaria” e “l’aiuto reciproco.”
Mentre il Governo di Israele considera di annettere terre in Cisgiordania, le scuole del Paese continuano a usare testi scolastici come “Shulamit’s” e mappe senza la Linea Verde quando portano i bambini a fare escursioni in Cisgiordania.
Ben-Amos ha deciso di analizzare come i libri di testo israeliani e gli esami di maturità pre-universitari affrontano l’occupazione. Egli chiama la situazione “negazione interpretativa.”
Nella maggioranza dei manuali, “il controllo ebraico e la condizione di inferiorità dei Palestinesi appaiono come una naturale, evidente situazione alla quale non si deve pensare,” scrive in un articolo che sarà pubblicato in un libro sull’insegnamento della storia a cura di Eyal Naveh e Nimrod Tal.
Ben-Amos ha analizzato il modo in cui i libri per le scuole medie e superiori statali e scuole religiose statali trattano le conseguenze della Guerra dei Sei Giorni del 1967. Ha esaminato libri di storia, geografia ed educazione civica, così come i laboratori di educazione informale e le visite guidate per gli studenti delle scuole superiori.
I libri di testo devono essere autorizzati dal Ministero dell’Istruzione che, tra il 2001 e il 2006, sotto Limor Livnat del Likud, ha bloccato i tentativi di insegnare anche la narrativa palestinese.
‘Un tentativo di nascondere e mettere a tacere’
Ben-Amos descrive i manuali scolastici pubblicati nei primi 30 anni dopo il 1967 come “una lenta interiorizzazione del significato della guerra.” Così tutti i libri di storia descrivono “la grande vittoria,” mentre il tono generale è di “autocompiacimento e smodato orgoglio,” dice.
L’unica eccezione è un’opera di Ruth Kleinberger, che ha dedicato quattro pagine alla discussione tra sinistra e destra sul futuro della Cisgiordania, e alle radici teologiche e ideologiche del movimento coloniale.
Gli ultimi due decenni hanno visto un limitato riconoscimento dell’occupazione, anche se con una negazione delle sue ripercussioni, dice Ben-Amos. Ciò sembra essere intenzionale: se i responsabili dell’educazione ignorano la letteratura di ricerca, se l’informazione sugli eventi non riesce a raggiungere le aule, abbiamo a che fare con “un tentativo di nascondere e mettere a tacere.”
Alcuni dei testi di storia da lui esaminati terminano nel 1970, il che suggerisce “il desiderio di evitare di affrontare un passato che potrebbe essere controverso,” dice Ben-Amos. Uno o due libri che presentano la storia in un modo più complesso sono stati redatti dal Ministero dell’Istruzione.
Uno di questi libri, come riportato da Haaretz nel 2009, utilizzava una parte del lavoro di uno storico palestinese che affermava l’impegno del nascente esercito israeliano nella pulizia etnica durante la guerra del 1948. Il libro, inizialmente approvato dal ministero, fu rapidamente ritirato dalle scuole e riammesso dopo che quella sezione e altre parti erano state eliminate o modificate.
Un libro per le scuole religiose statali tratta con poche frasi l’argomento Territori, ma descrive la guerra del ’67 come un atto di “liberazione” che consentì “il ritorno in Giudea e Samaria, luoghi in cui i nostri patriarchi e matriarche vissero, dove fu fondato il regno di Davide e Salomone, il cuore del popolo ebraico.”
Anche se una manciata di testi scolastici descrive in modo critico l’occupazione, la ricerca di Ben-Amos mostra che nessun esame di maturità tra il 2010 e il 2019 presentava una domanda di storia sui cambiamenti a lungo termine causati dalla guerra. Pochi esami includevano domande sulla “influenza della Guerra dei Sei Giorni in Israele,” ma le risposte giuste si riferivano agli effetti immediati di essa, come l’espansione dei confini dello Stato, l’accessibilità ai luoghi sacri e l’ampliamento dell’area colonizzata dagli Israeliani.
“Quel che non compare negli esami di maturità non è insegnato nelle scuole,” dice una anziana insegnante di storia del centro del Paese. Dice che gli effetti a lungo termine della guerra del ’67 sono studiati, al massimo, “con alcune frasi sull’allargamento della spaccatura tra destra e sinistra. È tutto.”
‘Una nube su ogni insegnante di storia che parla dei Palestinesi’
Anche il punto di vista è degli Israeliani, generalmente solo Ebrei. “Non si riferiscono le condizioni in cui vivono i Palestinesi,” dice l’insegnante. “I Palestinesi non interessano a nessuno. Invisibili. È molto conveniente per il Governo.”
Anche il principale testo di educazione civica riflette il punto di vista degli Israeliani. Le limitazioni ai diritti dei Palestinesi della Cisgiordania sotto il governo israeliano non sono affatto prese in considerazione.
La prima edizione del libro, che è stato usato per circa 15 anni, analizzava in dettaglio il dibattito complessivo israeliano sull’occupazione. Ma l’argomento fu ridotto a poche frasi nella versione riscritta dai ministri dell’istruzione di destra.
Il capitolo pertinente comprende una mappa delle città e dei villaggi arabi, mentre una linea quasi invisibile segna la “linea degli accordi di armistizio del 1949.” Secondo Ben-Amos, un altro libro di educazione civica ignora completamente la disputa sui Territori Occupati, “un silenziamento della situazione,” dice.
Negli esami di maturità degli ultimi 20 anni, non c’è stata alcuna domanda di educazione civica sulla limitazione dei diritti dei Palestinesi o sul loro rapporto con lo Stato e con i coloni.
“È una sorta di tabù,” dice un insegnante di storia nel sud. “Non si parla dei Palestinesi che vivono sotto un regime militare e c’è una nube su ogni insegnante che ne parla. Questi argomenti non vengono affatto discussi in classe. Il risultato è che gli studenti non possono capire il mondo in cui vivono.”
Rispetto alla geografia, che non è una materia obbligatoria, Ben-Amos ha riscontrato che i libri di testo non ignorano lo scontro tra Israele e i Palestinesi sulla questione dei confini, ma descrivono il continuo dominio di Israele sulla Cisgiordania con “un linguaggio che offusca la violenza che ne fa parte”
Nel frattempo, si usa la Bibbia. Le “radici della cultura e del popolo israeliano” sono enfatizzate nelle regioni di “Giudea e Samaria” e le citazioni dal Genesi e dal Libro di Giosuè indicano la presenza ebraica in quelle regioni.
Ben-Amos scrive che le cartine nei libri di geografia descrivono l’area tra il Mar Mediterraneo e il fiume Giordano come uno spazio unificato, qualche volta punteggiato da alcune macchie marroni che segnano l’Area A governata dall’Autorità Palestinese. Ma i libri non offrono “alcuna spiegazione per le varie aree governate dall’Autorità,” scrive.
Anche gli esami di geografia ignorano la Linea Verde e i Palestinesi, anche quando la questione si riferisce alla popolazione ebraica della “Giudea e Samaria.”
“Sostenere che questa realtà non esista non è semplice negazione. È una negazione più complessa, basata sul fatto che i funzionari dell’istruzione conoscono la realtà dei Territori ma sono riluttanti o incapaci di ammetterla,” dice Ben-Amos.
“L’approccio trasmesso agli studenti è che non ci sia una fondamentale differenza tra ciò che accade oltre la Linea Verde e la realtà all’interno della Linea; che si tratta di una naturale continuazione storica e geografica.”
Ben-Amos afferma che il fatto che i libri di testo ignorino l’occupazione o i tentativi di normalizzarla deriva dall’autocensura. In assenza di chiare linee guida, nessuno vuole essere messo in una lista nera e denunciato, la sorte che è toccata agli insegnanti ed editori che hanno cercato di trasmettere un messaggio più articolato di quello consentito dal Ministero dell’Istruzione.
Traduzione di Elisabetta Valento – Assopace Palestina
NdR: Sull’argomento si segnala anche in italiano: Nurit Peled-Elhanan, La Palestina nei testi scolastici di Israele, Edizioni Gruppo Abele, 2015