di Saverio Lodato
Si resta sgomenti di fronte alle parole pronunciate dal procuratore generale di Catanzaro in merito all’inchiesta della Procura di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, che ha portato a 334 arresti per mafia e massoneria, mafia e politica, mafia e istituzioni.
Il procuratore generale di Catanzaro, Otello Lupacchini, è il caso di dire che non le manda a dire.
Le dice; eccome se le dice.
Ci mette la faccia e ci mette la firma, ed è nel suo diritto.
Dice che Gratteri non lo ha informato di ciò che bolliva in pentola nel suo ufficio.
Dice che ha appreso dell’indagine del Gratteri leggendo i giornali, evidentemente considerati dallo stesso Gratteri degni di interesse più del suo superiore gerarchico.
Dice che le indagini di Gratteri di solito vanno in malora, perché la Cassazione avrebbe l’abitudine o di cassarle o di ridimensionarle, caratterizzate – come sono – da “evanescenze” ed “ombre lunatiche”. Proprio così: queste sono le parole che vengono in mente al procuratore generale al cospetto delle indagini di Gratteri. C’è poco da aggiungere.
Chi vuole conoscere il virgolettato esatto del pensiero del procuratore generale di Catanzaro, non ha che da procurarsi il testo.
Lo dicevamo in apertura: c’è di che restare sgomenti.
Noi, infatti, ci eravamo convinti che in Calabria da decenni ci fosse la ‘Ndrangheta e che agisse indisturbata.
Ci eravamo convinti che per decenni l’avesse fatta franca approfittando del cono d’ombra dovuto alla centralità, per decenni, appunto, della “mafia siciliana”.
Ci eravamo convinti che evitando clamorosi delitti eccellenti contro uomini simbolo dello Stato; rinchiudendosi a riccio nelle proprie “famiglie di sangue”, senza cioè commettere l’errore dei siciliani che avevano allargato le proprie famiglie, finendo con il contaminarle; affrancandosi dal rischio del pentitismo, che infatti in Calabria è mosca rarissima, fosse riuscita a dispiegarsi, gradualmente, ma inesorabilmente, su tutto il territorio nazionale; anche in città e regioni una volta considerate Eden inespugnabili: Roma, l’Emilia, la Toscana, e, come dimostra quest’ultimo blitz firmato Gratteri, persino la Val d’Aosta e il Piemonte.
Errore. Tutto sbagliato. Anche noi, per proprietà transitiva, colpiti da evanescenze e ombre lunatiche. Però – e il procuratore Lupacchini concorderà con noi -, non siamo su Scherzi a parte.
Quindi.
Abbiamo il fondato sospetto, dubbio, cruccio o rovello – chiamatelo come vi pare -, che l’inchiesta della Procura di Catanzaro, con relativi 334 arresti, abbia abbondantemente rotto i coglioni a quel sistema di potere e istituzionale, squisitamente italico, che da tempo non si fa alcuna vergogna di andare a braccetto con mafie e corrotti e stragisti d’ogni tipo. E invitiamo i distratti a valutare, per il giusto verso, la supposta presenza della massoneria nei traffici appena disvelati.
Un forte segnale d’allarme, qualche giorno fa, lo aveva lanciato lo stesso Gratteri, intervistato da SkyTg 24, quando aveva puntigliosamente elencato, testata giornalistica per testata, il modestissimo rilievo per un’operazione destinata a sfociare in un maxi processo alla ‘Ndrangheta, paragonabile, non solo qualitativamente, ma anche numericamente, al maxi processo a Cosa Nostra di Falcone e Borsellino, negli anni Ottanta.
Verrebbe da dire che neanche Gratteri è uno che le manda a dire. È un altro “morto che cammina”, come si apprende dalle intercettazioni fra ‘ndranghetisti, accluse proprio a quest’inchiesta della discordia.
Stanno già partendo in queste ore i coretti garantisti che, nel nome di Enzo Tortora, paragonano i mafiosi arrestati agli ebrei catturati dai nazisti. Coretti che non ci impressionano, visto che a essi prendono parte voci conosciute, che lo fanno di mestiere e per mestiere, e sin dai tempi di Falcone e Borsellino.
Però ci piacerebbe che in un momento come questo, la solidarietà a Gratteri venisse anche da quei suoi colleghi che in questi anni si sono cimentati volenterosamente, e in questo caso con profitto, con la mafia calabrese.
Magistrati, cioè, stimati per equilibrio e poca avventatezza e per ciò celebrati e osannati dai media nostrani.
E persino da quei nostri colleghi che sulla ‘Ndrangheta calabrese hanno scritto condivisibilissimi libri e articoli. Tocca a loro guidare l’opinione pubblica in un frangente così complicato. E con parole chiare. E magari persino coraggiose. Davvero Gratteri è un pazzo esaltato e furioso? A noi non sembrava per niente.
Ci aiutino loro.
Ci dicano loro.
Non è che questo gran clamore mediatico per caso ha qualcosa a che vedere con il fatto che fra poco si voterà anche in Calabria? E che 334 famiglie, per decidere chi votare, hanno bisogno di sentirsi dire parole chiare? Molto, ma molto “garantiste”, garantistissime. E ci sia perdonata la storpiatura.
27 Dicembre 2019