Foto © Michele Naccari/Studio Camera
La sentenza Mannino
di Giorgio Bongiovanni
Non vinceranno in eterno i potenti che hanno frequentato personaggi criminali. Vengono assolti per non aver commesso il fatto, spesso con la formula dubitativa. Ma poi magari, nelle motivazioni delle sentenze, leggiamo che hanno avuto contatti con Cosa nostra o personaggi a loro affini che facevano da tramite. Leggiamo che questi personaggi hanno avuto in qualche modo a che fare con la mafia, ma non hanno commesso reato.
C’è però un grande reato che hanno commesso e continuano a commettere, un reato etico e politico per il quale si qualificano come incandidabili, impresentabili. La loro è una brutta storia, come quella della Democrazia Cristiana, intrecciata con il malaffare e la mafia, con qualche raggio di luce (vedi Aldo Moro) che però non è riuscito ad illuminare il potere.
Non vinceranno in eterno, prima o poi ci saranno “giudici a Berlino” che valuteranno i fatti, che non filtreranno il moscerino per poi ingoiare il cammello.
Cosa devono fare i pubblici ministeri di oggi, quelli che davvero lottano contro la mafia, per dimostrare il rapporto tra il politico e Cosa nostra più di portare testimonianze oculari e incrociate, intercettazioni telefoniche, dichiarazioni di collaboratori di giustizia? Cos’altro serve, ancora, alla magistratura giudicante e soprattutto ai legislatori, che mai hanno approvato severe leggi per il contrasto a quella mafia dal carattere più politico?
Di fronte al corpo fatto a pezzi di Paolo Borsellino Antonino Caponnetto disse “è finito tutto”. Oggi, però, chi ancora crede fermamente nell’importanza di continuare a cercare la verità dei fatti ha l’obbligo di non fermarsi. E non si fermerà, nonostante il sistema criminale vigente faccia di tutto per fermare i pubblici ministeri antimafia, che ne rappresentano l’anomalia.
Calogero Mannino è stato assolto in primo grado. Ma il garantismo dovrebbe valere anche per l’accusa, oltre che per la difesa, in attesa dell’apertura del processo d’appello dove sarà un’altra Corte a valutare e giudicare, per poi arrivare alla Cassazione. L’onorevole Mannino non canti vittoria, dovrebbe essere invece rispettoso delle istituzioni e aspettare la sentenza definitiva anziché emettere dichiarazioni velenose contro i pm che lo accusano (“Il pm Di Matteo, nel processo per la strage di via d’Amelio ha fatto condannare persone innocenti”). Ignora Mannino, o finge di non sapere, che Di Matteo non c’entra nulla con la condanna di innocenti. Chi ha bazzicato gli ambienti di potere, però, è facile che si distingua per arroganza e presunzione.
04 Novembre 2015