DANILO TOSARELLI – MILANO
Anche quest’anno mi trovo a commentare il Rapporto Annuale ISTAT sulla povertà in Italia. Ci tengo a farlo.
Inutile dire che le cose non migliorano anzi peggiorano, ma mi rifiuto di digerire in silenzio scelte sbagliate.
Continuerò ad indignarmi, perchè si potrebbe fare meglio e invece si preferisce ignorare. Risulta più facile.
Stiamo già sperimentando quanto sia pericoloso e controproducente tutto ciò. L’esempio è quello della guerra.
Lentamente ci stanno introducendo alla logica della guerra. Una logica che ci vogliono far credere sia ineludibile.
Non è così ed è facilmente comprensibile. Basterebbe attivare gli strumenti della diplomazia per trovare soluzioni.
Invece, giorno per giorno le immagini dolorose di una guerra ci vengono propinate come normalità. Così scelgono.
Il rischio vero è l’assuefazione. Ci si abitua ed è il preludio dell’indifferenza e quindi del chi se ne frega. Mai, mai..
Il Rapporto ISTAT 2023 ci dice che in Italia ci sono 5,7 milioni di persone che sono in povertà assoluta. Un bel 10%.
Poi ce ne sono altri 8,4 milioni che invece sono considerati in povertà relativa. In totale abbiamo 14 milioni di poveri.
Ciò che risulta sconcertante è “l’aumento della povertà tra le famiglie operaie o lavoratori assimilati”. Cosa significa?
Che in quelle famiglie c’è bensì un lavoratore, ma il suo reddito non è sufficiente a far fronte alle necessità quotidiane.
Si è poveri pur lavorando e questo dimostra l’inadeguatezza delle condizioni retributive e di lavoro. Eccoci al punto.
Quanto può costare l’affitto di casa? E il costante aumento delle spese vive e vitali per una famiglia? Ecco l’effetto.
La soglia di povertà di una famiglia diventa purtroppo un traguardo facilmente raggiungibile. Aumenta la disperazione.
Si è sempre pensato che chi lavora non è povero. Purtroppo oggi non è così e i working poor lo stanno dimostrando.
I lavoratori poveri (working poor) nel nostro Paese sono oltre 4 milioni. La loro età varia dai 16 ai 34 anni e aumentano.
E’ considerato tale, chi percepisce un reddito lordo inferiore o pari a 12 mila euro all’anno. Paga oraria bassa o part time.
Naturalmente non per scelta voluta, perchè sarebbe altra la valutazione, bensì perchè questo offre il mercato del lavoro.
Basterebbe introdurre in Italia il salario minimo, per veder ridimensionare drasticamente queste cifre così allarmanti.
Il Governo Meloni continua ad essere contrario a tale scelta che in Europa è legge in quasi tutti i Paesi, tranne cinque.
Quando si parla di salari e stipendi, mi torna alla mente il celebre servizio di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera.
Quanto guadagnano i Top Manager in Italia? Il servizio della Gabanelli risale all’estate del 2022, ma è ancora attualissimo.
Nel 1980 i Top Manager più pagati prendevano 45 volte lo stipendio di un loro operaio. Nel 2008 416 volte. Nel 2020 649.
Ho voluto approfondire anche oltre i dati forniti dalla Gabanelli, per dimostrare quanto ciò sia eticamente insostenibile.
Innanzitutto un paragone con il passato. Adriano Olivetti fu uno dei grandi imprenditori italiani degli anni 50. Un illuminato.
Dichiarò che nessun alto dirigente avrebbe dovuto guadagnare più di 10 volte il salario più basso del proprio dipendente.
Nel dopoguerra, l’Amministratore delegato della FIAT Vittorio Valletta guadagnava 12 volte la paga di un suo operaio.
Mediobanca calcola, che oggi il compenso medio annuo di un Team Manager equivale a 36 anni di paga di un dipendente.
Deputati e Senatori non reggono il confronto con i Top Manager. Mediamente, i primi prendono in tutto 15mila euro al mese.
I Team Manager guadagnano tale cifra in un paio di giorni di lavoro. Il limite delle alte cariche dello Stato è di 240mila euro.
Giova precisare che il Top Manager ha una retribuzione base all’atto della nomina e il resto è legato ai vari bonus produttività.
Ai quali aggiungere i benefit riguardanti casa, auto, vacanze ed ogni bendidio, che naturalmente sono a carico dell’azienda.
Ecco la lista di alcuni Top Manager e i loro compensi. Nessun ordine di grandezza, così vi verrà voglia di leggere tutte le righe.
GIORGIO LUCA BRUNO ( Deputy CEO Pirelli ) Euro 9.280.306
PAOLO ROCCA ( A.D. Tenaris ) Euro 8.607.475
BENEDETTO VIGNA ( A.D. Ferrari ) Euro 6.692.434
JOHN ELKANN ( Presidente Ferrari ) Euro 7.214.199
CARLO CIMBRI ( Presidente Unipol ) Euro 6.410.158
CARLO MESSINA ( A.D. Intesa San Paolo) Euro 4.195.000
MARCO TRONCHETTI PROVERA ( A.D. Pirelli )Euro 19.142.202
CARLOS TAVARES( A.D. Stellantis ) Euro 36.494.025
Ci tengo ad aggiungere l’Amministratore Delegato di ENI, perchè è una Controllata di Stato e quindi merita più attenzione.
CLAUDIO DE SCALZI ha percepito nel 2023 Euro 6.140.000. Nel 2022 aveva percepito Euro 5.820.000. Sono soldi nostri.
Dati forniti da “Calcio e Finanza” del 20/4/24.
Ai tanti benpensanti o ingenui che si trovano qua e là, potrà apparire sensato il legame con i risultati ottenuti per l’azienda.
Mi piacerebbe sottolineare e lo ha fatto anche la Gabanelli, che il buon lavoro svolto è merito anche di operai ed impiegati.
Invece, mentre crescono a dismisura i vantaggi per i Team Manager, i salari restano fermi, anzi regrediscono causa inflazione.
Ma non dimentichiamo la buonuscita, quando il Team Manager dà le dimissioni. Non sempre a seguito di successi sul campo.
Quando sostengo che stiamo parlando di una bestemmia che grida vendetta e suscita improperi, non ritengo di esagerare.
Il 3 gennaio 2022 il Team Manager di TIM Luigi Gubitosi ha ricevuto una liquidazione di 6,9 milioni. TIM ha perso 9 miliardi.
il suo predecessore Flavio Cattaneo, con un solo anno di amministrazione, ha percepito una liquidazione di 25 milioni.
Non sarebbe il caso di pensare ad un salario massimo per queste retribuzioni stratosferiche? E’ una richiesta troppo spinta?
In alcuni comparti come il settore bancario, i sindacati hanno richiesto il rispetto della soglia delle 200 volte. Oggi è di 649.
Ma tutto ciò appare una meravigliosa ed inascoltata chimera. Dopodichè, i Team Manager sono dipendenti di grandi aziende.
Stiamo parlando di ricchi di serie B, pensate un pò. E i profitti che finiscono nelle tasche degli azionisti di quelle aziende?
Questo capitolo merita uno spazio specifico. Esiste un rapporto della Banca d’Italia inerente il patrimonio delle famiglie.
Lo 0,1 degli individui più ricchi detiene il 9% del patrimonio nazionale. Sono 50mila persone che nel 1995 ne possedeva il 5%.
A fronte delle tante cose che ho enunciato, come si fa a non parlare della necessità di introdurre in Italia una Patrimoniale?
Da quanto tempo se ne parla? Ciononostante nel nostro Paese è ancora un tabù parlarne. La politica preferisce dribblare.
Perchè c’è stata una narrazione negativa che ha voluto far credere, di voler colpire i piccoli risparmiatori e persino gli stipendi.
Naturalmente tutto ciò non corrisponde al vero. Voglio contribuire a fare la chiarezza necessaria, per zittire quelli in malafede.
In Italia 134 economisti provenienti da 50 università, anche straniere, hanno sottoscritto un Manifesto molto interessante.
A sostegno della campagna lanciata da Oxfam a livello Europeo. Si chiama “Tax the rich” ed è articolata in modo credibile.
Si applicherebbe una tassa dello 0,1% a persone con un patrimonio netto individuale di 5,4 milioni di euro. Non quisquiglie.
Stiamo parlando di 50mila ricchi italiani che potrebbero così garantire un gettito aggiuntivo di 15,7 miliardi di euro. Badate.
Per questi lorsignori il valore di una mancia, per noi il valore di quasi un’intera Finanziaria. Un pò meno sacrifici per i poveri.
Questi fondi potrebbero essere utilizzati per finanziare sanità, scuola, lavoro e prevenire gli effetti dei cambiamenti climatici.
Insieme ad un sistema fiscale più equo, si potrebbero reperire risorse per una crescita più sostenibile ed inclusiva. Bene.
Il Manifesto redatto dai 134 economisti propone ricette alternative, di come potremmo stare tutti un po’ meglio di adesso.
L’area studi Mediobanca ha accertato che il travaso di ricchezza dal lavoro al capitale è stato pazzesco. Ecco il perchè.
In questi anni i Soci hanno scelto di prelevare l’80% degli utili e lasciare il solo 20% per finanziare nuovi investimenti.
Lo spiega bene un articolo del “Sole 24 ore” del 22 ottobre 2024. Ecco perchè l’industria italiana non cresce. Non investe.
Il mercato del lavoro italiano è arretrato. Su 67 nazioni esaminate, l’Italia è al 56° posto. Mediobanca dispensa consigli.
Le aziende dovrebbero rivedere salari e stipendi. Rinnovare per tempo i contratti di lavoro. Valorizzare il capitale umano.
Mediobanca vedrebbe bene una partecipazione dei lavoratori ai successi della gestione economica. Per un motivo valido.
Mediobanca ritiene che tutto ciò incentiverebbe un sistema efficiente di politiche attive del lavoro. Questa è la sua ricetta.
Il 14 febbraio 2024 si è tenuto un convegno organizzato dall’Università Roma 3 e da Clean Clothes Campaign. Sul pezzo.
“Quali proposte per contrastare il lavoro povero?” Ecco le risposte emerse dal confronto tra studiosi, economisti, sindacalisti.
La necessità di una legge sul salario minimo. Rinnovi contrattuali rispettati nelle loro scadenze. Adeguati aumenti salariali.
Posso dire che tutto ciò mi appare così scontato da apparire banale? Eppure in Italia le 3 questioni citate non sono realtà.
“Pagella Politica” del 2 agosto 2024 riporta dati interessanti. Riguardano i contratti nazionali di lavoro scaduti e non rinnovati.
Sono il 36% della totalità e riguardano il 75% delle imprese aderenti a Confindustria. Ne sono interessati 5 milioni di lavoratori.
Nel contratto giornalistico, i lavoratori sono in attesa di rinnovo dal dicembre 2016. Mi perdoneranno altre categorie non citate.
Per appartenenza, in quanto ex dipendente del Comune di Milano, non posso non citare il Contratto Nazionale Funzioni Locali.
Lo stanno ancora discutendo e non si prevedono tempi brevi. Giova precisare che stiamo parlando del contratto 2022-2024.
Avete capito bene. E’ in discussione un contratto che scadrà definitivamente il 31 dicembre 2024. Non ci voglio credere.
Devono ancora trovare un accordo su ciò che è già stato? E quando si parlerà del contratto prossimo, quello 2025-2027?
Si citano i possibili aumenti salariali per il triennio già finito. Propongono il 5,7% quando oggi l’inflazione media è al 17%.
La questione salari è diventata un’emergenza. Ho parlato prima dei salari dei Top Manager ed è come ricevere uno schiaffo.
Oggi i lavoratori italiani percepiscono salari e stipendi che valgono meno di quelli di 30 anni fa. E’ inconcepibile, ma è così.
E’ diminuito del 2,9% il loro potere d’acquisto e l’inflazione continua a galoppare. E sarebbe colpa dei salari dei lavoratori?
In Europa sono cresciuti ovunque. In Francia e Germania sono cresciuti di un terzo. In Italia crescono solo i profitti dei ricchi.
Ci si ricorda dei lavoratori quando si devono pagare le tasse. L’IRPEF viene pagata prevalentemente da lavoratori dipendenti.
Versano il 53,5% dell’intero gettito e i pensionati ne versano il 29,5%. Ma viene evasa per il 69,7% dai lavoratori autonomi.
Dati nudi e crudi che ci dimostrano una realtà inaccettabile. I ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
E se qualcuno chiede di introdurre un nuovo meccanismo di indicizzazione dei salari (scala mobile), va fatto tacere. Bestia.
Anche questa ultima Legge di Bilancio 2025 in gestazione va nella stessa direzione di sempre. Dal 1 gennaio nuovi schiaffi.
Avrete sentito parlare di una tassa sugli extraprofitti. Il Ministro dell’Economia e Finanze Giorgetti l’ha ipotizzata a settembre.
Negli ultimi 2 anni le banche italiane hanno realizzato profitti lordi pari a 25 miliardi nel 2022 e 40 miliardi nel 2023. Esatto.
Una tassa specifica avrebbe consentito di far incamerare allo Stato 1,3 miliardi. Chi avrebbe potuto contestare tale scelta?
Ma non sarà così, perchè il Governo Meloni non vuole tassare i profitti delle banche. Queste potrebbero alzare la voce…
E’ stato chiesto alle banche un contributo di 3 miliardi in 2 anni. E’ un anticipo di tasse future. Prima versate e poi restituite.
Una Finanziaria solo tagli e sacrifici? Ci sarà un incremento di 3 euro lorde sulle pensioni minime. Da 614,77 a 617,9 euro.
Non voglio aggiungere altro.
Foto MOWA