Il capo di stato maggiore Usa Martin Dempsey smentisce Obama: possibile intervento delle truppe di terra
Primo attacco aereo Usa vicino Baghdad. Washington: “colpiremo i santuari dell’Isis in Siria”. E i generali aprono all’ipotesi che serva l’impiego di loro truppe di terra. Intanto formazioni di al Qaida hanno lanciato un appello agli jihadisti ad unirsi contro la coalizione ‘diabolica’ anti-Isis.
di Ennio Remondino
Chuck Hagel, il capo del Pentagono, davanti al Senato americano annuncia: ‘Colpiremo i santuari dell’Isis in Siria’. Poi concede qualcosa alla politica aggiustando qualche verità scomoda. “Gli Stati Uniti non coopereranno col regime siriano di Bashar al-Assad”, ovviamente. Salvo qualche utile accordo di sorvolo. I raid aerei americani, ha spiegato Hagel, “colpiranno i santuari siriani dello stato islamico, come i centri di comando e quelli logistici, oltre alle infrastrutture che sono in mano agli estremisti”. La Siria come roccaforte Isis per il suo attacco all’Iraq, quindi obiettivo strategico.
Mappa degli attacchi aerei Usa da agosto a oggi a postazioni dell’Isis in Iraq
In Iraq intanto l’aviazione Usa per la prima volta ha dovuto colpire alle porte di Baghdad. Raid su Yusufiya, 25 chilometri a sud della capitale chiesto dal comando iracheno sotto attacco. Pessimo segnale. È ancora il capo del Pentagono a ricordare che “I raid Usa sulle postazioni Isis in Iraq sono stati già più di 160”, spiegando come i bombardamenti sarebbero serviti a “Indebolire le forze degli estremisti e a dare più tempo al governo di Baghdad di costruire una coalizione più ampia”. Tempo necessario per una coalizione irachena con i sunniti e tempo per formale la coalizione Usa anti Isis.
Ma la novità vera arriva dal capo di stato maggiore americano, il generale Martin Dempsey, che per la prima volta evoca un possibile intervento delle truppe di terra. Rovesciando in un colpo quanto ripetuto siano a ieri la Obama, il tormentone di “no boots on the ground”, nessun stivale suo terreno. Ma adesso immaginare soldati americani impegnati in missioni di combattimento con iracheni e curdi non è più impossibile. “Se si renderà necessario lo raccomanderò al presidente”, lancia palla Dempsey, parlando di “operazioni complesse”. Decisione da far digerire all’opinione pubblica.
Sul fronte opposto, le branche maghrebine (Aqmi) e yemenita (Aqpa) di al Qaida hanno lanciato un appello agli jihadisti dello Stato islamico ad unirsi contro la coalizione anti-Isis. In un comunicato i due gruppi esortano i loro “fratelli mujaheddin in Iraq e nel Levante a unirsi contro la campagna dell’America e della sua coalizione diabolica”. L’appello si riferisce alle divergenza tra l’Isis, e il fronte al Nusra, branca siriana di al Qaida. “Fate del vostro rifiuto della miscredenza un fattore di unità”, ripetono le due organizzazioni ai gruppi jihadisti attraversati da divergenze.
I gruppi jihadisti nel mondo
L’appello è indirizzato anche all’opposizione siriana moderata che cerca di rovesciare il presidente siriano Bashar al Assad, ed è sostenuta dagli Usa e dai loro alleati arabi. Aqmi e Aqpa, nel loro comunicato, invitano anche “tutti quelli che hanno preso le armi contro il tiranno Bashar e le sue milizie a non farsi ingannare dall’America e a non diventare loro pedine”. Le due branche di al Qaida invitano contemporaneamente le tribù sunnite dell’Iraq e della Siria a “non dimenticare i crimini contro di loro commessi degli Stati Uniti e di non partecipare alla coalizione anti-Isis”.
17 settembre 2014