Monica Mistretta “Anche se sono in corso ulteriori ricerche… emerge chiaramente la centralità del ruolo dei movimenti palestinesi nella vicenda Moro”. Si esprime così la seconda relazione della Commissione d’inchiesta sul sequestro e l’omicidio di Aldo Moro, presentata il 21 dicembre 2016 dal presidente Giuseppe Fioroni. Tante le ragioni di questa centralità, prima, durante e dopo il sequestro. Prima del sequestro, perché il 17 febbraio 1978, un mese prima dei fatti di via Fani, il colonnello Stefano Giovannone, capo centro del Sismi a Beirut, comunicava di aver ricevuto informazioni dal leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), George Habbash, in merito a un’operazione programmata da terroristi europei in Italia. “Da non diramare servizi collegati Olp Roma” scriveva chiudendo l’informativa Giovannone. Durante il sequestro, perché la relazione parla di una vera e propria trattativa per il rilascio dell’ostaggio che aveva come intermediari i palestinesi. In un appunto del direttore del Sismi, Giuseppe Santovito, datato 28 aprile 1978, risulta che Nemr Hammad, rappresentante dell’Olp in Italia, aveva chiesto di essere ricevuto da Cossiga, allora ministro dell’Interno. La trattativa con i palestinesi aveva raggiunto i massimi vertici istituzionali. Ancora. Durante il sequestro, perché come scriveva la giornalista Graziella De Palo, misteriosamente scomparsa in Libano nell’80 insieme al collega Italo Toni, già nel 1978 circolava la tesi che la strage di via Fani fosse stata compiuta con armi italiane destinate all’Egitto e “rientrate per vie tortuose in Italia”. Dopo l’omicidio Moro, perché, come puntualizza la relazione, in seguito il rapporto tra il nostro Paese e i movimenti palestinesi si rimodellò e le “Brigate Rosse realizzarono traffici d’armi tra Libano e Italia, ottenendo un’apertura di credito che ha probabilmente a che fare con i fatti avvenuti durante il sequestro”. Il riferimento alla vicenda del “Papago” è chiaro: secondo le dichiarazioni fatte nel 1982 dell’ex brigatista Sandro Galletta ai Carabinieri, nell’estate del 1979 Mario Moretti, capo delle Br, a bordo della barca a vela “Papago” avrebbe imbarcato un carico d’armi direttamente da una motobarca libanese con equipaggio palestinese in prossimità del porto di Tripoli, in Libano. Di qui, con il carico, avrebbe fatto rientro in Italia. Jawad Yassine è stato per anni il responsabile dell’ufficio stampa dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) a Roma: dalla fine del 1979 fino al 2010. Ma si trovava già in Italia dal 1976: lavorava presso l’ufficio della Lega Araba a Roma. Dal 1979 è stato in stretto contatto con Nemr Hammad. Jawad ricorda che l’incontro tra Hammad e Cossiga di cui parla l’appunto di Santovito ci fu. “L’incontro c’è stato e sono diventati amici” ricorda. “In seguito Hammad ebbe anche un incontro con Spadolini, all’epoca in cui era presidente del Consiglio: ma fu uno scambio informale, in un ristorante, perché Spadolini non voleva riceverlo ufficialmente”. Jawad si ricorda anche del colonnello Stefano Giovannone: “l’ho visto presso l’ambasciata italiana a Beirut quando chiesi il visto per l’Italia e poi di nuovo a Roma quando ho chiesto il permesso di soggiorno”. Jawad, a te risulta che durante il sequestro Moro Yasser Arafat fosse in contatto con il colonnello Giovannone a Beirut? “Arafat non aveva bisogno di parlare con Giovannone. Parlava direttamente con Andreotti. Sicuramente a Beirut Arafat chiese alle organizzazioni palestinesi se sapevano qualcosa sul sequestro Moro. Escludo, però, che qualche organizzazione palestinese avesse legami con le Br. Noi palestinesi eravamo a conoscenza del fatto che le Br avevano contatti non solo con i paesi dell’est ma anche con i servizi segreti dell’ovest: per questo non ci fidavamo di loro. All’epoca ci furono perfino alcuni giornali arabi come “As-Safir” e “Al-Hayat” che cercarono di analizzare i rapporti delle Br con americani e britannici. C’erano tanti sospetti su di loro. I nostri giornali parlarono del coinvolgimento di Gladio nel sequestro e omicidio di Aldo Moro”. Ma allora come ci spieghiamo l’episodio del Papago di cui parla un ex brigatista? “Si tratta di accuse false. Posso solo dire che all’epoca del sequestro Moro gli italiani si misero in contatto con Arafat. Ma le armi non avevano a che fare con il “Lodo Moro”. Questi rapporti con le Br non avrebbero giovato alla causa palestinese. L’Olp sapeva che non aveva appoggi presso i paesi arabi. Per questo aveva bisogno dei paesi europei. Le domando: quando nel 1982 Arafat venne cacciato dal Libano, quanti l’accolsero? Dovette rifugiarsi in Tunisia. Avevamo bisogno dei paesi europei. L’accordo che chiamate ‘Lodo Moro’, c’era con tutti i paesi europei: noi palestinesi non dovevamo toccare gli interessi di nessuno all’interno dell’Europa. In cambio, gli europei non dovevano aiutare gli israeliani in Europa e in Libano”. C’è una coincidenza che dà da pensare: il sequestro Moro avviene il 16 marzo 1978. Due giorni prima, il 14 marzo, inizia l’Operazione Litani: gli israeliani entrano nel sud del Libano per allontanare dal confine con Israele le organizzazioni armate palestinesi. Cosa ne pensa? “Arafat sapeva che prima o poi gli israeliani sarebbero entrati in Libano. Già nel 1978 parlava dell’invasione israeliana che avverrà effettivamente nel 1982”. Chi erano i migliori amici dei palestinesi in Italia? “Andreotti, Berlinguer, Craxi e sicuramente Aldo Moro”. Ecco, Jawad dice una cosa che nessuno ha detto fino a oggi: in cambio della protezione da attacchi terroristici, gli europei non avrebbero dovuto aiutare gli israeliani non solo in Europa ma anche in Libano. Questi erano i termini del “Lodo Moro” con i paesi europei. Il Libano è un tema ricorrente nella vicenda Moro. Tra l’altro, c’è un successivo appunto del direttore del Sismi, Santovito, che la relazione della Commissione Moro non cita. Ne parla il giornalista Gian Paolo Pelizzaro nel suo libro “Libano. Una polveriera nel Mediterraneo”. Il 2 maggio 1978, prima dell’omicidio Moro, Giuseppe Santovito trasmette al capo di Gabinetto della presidenza del Consiglio dei ministri, professor Vincenzo Milazzo, una nota in cui dichiara che il 15 marzo, il giorno antecedente al sequestro di Moro, il servizio israeliano aveva segnalato che un gruppo di terroristi della forza speciale di Fatah si era diretto a Cipro a bordo di un mercantile e che il medesimo gruppo avrebbe avuto il compito di “attuare un’azione autonoma contro obiettivo sconosciuto”. Il Sismi ritenne che la segnalazione degli israeliani poteva essere messa in relazione al rapimento di Moro. Furono fatte ricerche e fu individuata a Marina di Carrara una nave libica battente bandiera cipriota che era arrivata dalla Siria il 15 marzo ed era entrata in porto il 16. La nave fu perquisita il 21 marzo, ma non si trovò nulla. Ripartì per Beirut tre giorni dopo. Beirut, ancora Beirut: il Libano e i palestinesi erano indubbiamente al centro delle attività dei servizi segreti italiani per la liberazione di Aldo Moro. E Jawad adesso ci ha detto una cosa fondamentale: secondo gli accordi del Lodo gli europei non avrebbero dovuto collaborare con gli israeliani in Libano. Il sequestro Moro avviene due giorni dopo l’entrata dell’esercito israeliano nel paese. Forse Jawad ci ha messo sulla pista giusta.