di Cyberosso
Dissento dall’articolo di Annamaria RIVERA scritto su il manifesto del 7 luglio 2013.
Avere piacere che il papa vada a piangere i morti che hanno attraversato il Mediterraneo sulle barche della mafia e dei trafficanti di esseri umani, mi sembra non solo poco consolatorio, ma gravemente mancante di saggia valutazione critica.
Delle migliaia di immigrati che arrivano sulle nostre coste, in questi ultimi anni, solo una percentuale del 30% è effettivamente nelle condizioni per chiedere l’asilo politico, la protezione internazionale sussidiaria e la protezione umanitaria.
Gli altri immigrati, poiché provengono da paesi dove non c’è un conflitto, non hanno diritto alla concessione della protezione.
Sono i circa 800mila gli immigrati che ogni anno pagano una stecca di 2mila/3mila dollari per la rotta fuori dall’Africa: circa la metà transita o verso l’Europa o verso altri continenti, gli altri sono respinti o non arrivano.
Nel 2012, sono stati circa 60mila gli immigrati sbarcati in Italia e di questi sono il 30% ha avuto il riconoscimento della protezione internazionale.
Sono la carne da macello sulla quale specula la criminalità internazionale che organizza i flussi di immigrai dal nord Africa e dagli stati sub-sahariani, attraverso una rete sofisticata di passatori, esattori, money transfert internazionali compiacenti, logistica (flotte di camion e battelli), fin verso le coste italiane.
Le persone che non ricevono lo status di rifugiato, non ottengono il permesso di soggiorno e sono respinte, ma una gran parte di loro abbandona i CENTRI ACCOGLIENZA RICHIEDENTI ASILO, trova sistemazione abitativa precarissima e diviene l’esercito di manodopera in nero, sia per le cosiddette attività regolari (agricoltura, edilizia, ecc.), che per quelle controllate dalla criminalità organizzata (prostituzione, droga, armi, ecc).
La nostra asini-stra usa il medesimo linguaggio pretesco dell’accoglienza, indistintamente invocata per tutti, e non pretende il riconoscimento del diritto al lavoro regolare, per chi ottiene la protezione internazionale, che è requisito essenziale per il riscatto sociale e la stabilità economica.
Pretendere lavoro, salario, casa, salute, istruzione, conoscenza della nostra Costituzione, diritti sindacali, ecc, sono la premessa per la cittadinanza di fatto.
Altro è predica.
Tali immigrati finiscono nei locali messi a disposizione del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, in collaborazione con i comuni dell’ANCI, che come recita il sito, le caratteristiche del servizio sono:
- la volontarietà degli enti locali nella partecipazione alla rete dei progetti di accoglienza;
- il decentramento degli interventi di “accoglienza integrata”;
- le sinergie avviate sul territorio con i cosiddetti “enti gestori”, soggetti del terzo settore che contribuiscono in maniera essenziale alla realizzazione degli interventi;
- la promozione e lo sviluppo di reti locali, con il coinvolgimento di tutti gli attori e gli interlocutori privilegiati per la riuscita delle misure di accoglienza, protezione, integrazione in favore di richiedenti e titolari di protezione internazionale.
In sostanza, quegli immigrati restano in un limbo di accoglienza in cui attendono, lungamente, un lavoro dignitoso e una sistemazione abitativa consona.
Per tali ragioni, non si può pensare di aprire le frontiere a tutti gli immigrati economici che, nella maggioranza dei casi, vengono illusi che troveranno una qualche sistemazione oppure sono già all’interno delle filiere di sfruttamento dei trafficanti di essere umani.
In questi viaggi, molti immigrati subiscono estorsioni economiche e sono oggetto di violenze fisiche e psichiche (stupri, minacce, percosse, sottoposti al caldo e al freddo del deserto, ecc.) o non muoiono per strada per le brutalità subite, o per mare perché le barche messe a disposizione, che sono dei legni senza alcuna garanzia di sicura navigazione, affondano nello stretto di Sicilia.
In questo contesto, Caritas e le associazioni laiche e religiose gestiscono parte di questa condizione di miseria sociale e umana, ma non offrono riscatto alle condizioni economiche degli immigrati, ad una parte dei quali offrono certamente accoglienza, ascolto, carità e filantropia, ma non la fuoriuscita dallo stato di sottoproletariato.
In Italia, la crisi economica è molto grave e ci sono i quasi due milioni e 900 mila disoccupati, e oltre due milioni di lavoratori in cassa integrazione, di cui circa 900mila complessivamente sono immigrati.
La RIVERA può gridare contro il “paradigma proibizionista” quanto crede o quanto si è disposti a crederle, ma all’alternativa pietistica vaticana non vi è altra strada laica che pretendere che il Governo italiano sottoscriva un protocollo d’intesa con i paesi di immigrazione in materia di flussi migratori, che assicuri che una quota di immigrati che provengano da quei paesi abbia qualche certezza di occupazione regolare in Italia.
Diversamente, la retorica della miseria, che venga dal pulpito o delle voci confuse della nostra asini-stra, sarà involontariamente utile a chi voglia ingigantire l’esercito dei disperati senza permesso e senza lavoro, che diventano e diventeranno, questo sì, nuova merce umana per il lavoro irregolare e per la manodopera criminale.
Anche il pretesto per dare fuoco alle politiche di militarizzazione delle città contro la criminalità sociale diffusa, e alla nascita di movimenti razzisti come Alba Dorata, che in Grecia basa la propria propaganda politica sulla lotta alla disoccupazione, contro le politiche di austerità economica e di avversione contro gli immigrati.