Nel 1917 la Rivoluzione d’ottobre scoppiò con le parole d’ordine di «pace, pane, lavoro». Se oggi confrontiamo quelle richieste con la condizione che viviamo ci rendiamo immediatamente conto di quanto quelle parole d’ordine siano di incredibile attualità ancora oggi.
Il mondo è funestato dalla possibilità di essere coinvolto in un conflitto i cui esiti complessivi potrebbero richiedere anni per capirne a fondo la portata. La guerra minacciata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati contro la Siria, sarebbe l’ultima delle guerre di rapina imperialiste condotte in questi anni. Ma i suoi effetti vanno potenzialmente oltre la singola Siria ed il medi oriente rischiando di configurare una situazione di guerra molto più ampia. La Siria come miccia di una regione in fermento, dove proteste sociali vere si mischiano con tentativi blandi di mascherare le ingerenze dei grandi monopoli internazionali, forze progressiste che si scontrano con forze reazionarie, spesso vincenti in mancanza di una capacità delle forze rivoluzionarie popolari di farsi egemoni in quei processi. Ma quella siriana è una miccia che potrebbe innescare uno scontro ben più ampio, in cui i contrasti tra le nazioni imperialiste potrebbero scoppiare in nuovi grandi conflitti. Il capitalismo che tenta la disperata uscita dalla sua crisi senza ritorno, con la guerra. Quell’evento che scatena l’enorme capacità di rimettere in sesto la macchina del profitto, con l’intervento degli Stati nell’economia di guerra e della successiva ricostruzione. Quella forma di keynesismo di guerra che già una volta ha salvato più di ogni altro intervento questo modello di sistema. Una prospettiva che condurrebbe il mondo su un nuovo baratro, che i comunisti hanno il dovere di evitare con tutta la loro forza.
La condizione economica della stragrande maggioranza della popolazione italiana è peggiorata ulteriormente in questi mesi. Famiglie senza più reddito, cassa integrazione, licenziamenti, perdita di potere d’acquisto di fronte all’aumento della pressione fiscale, diretta ed indiretta, sui redditi più bassi, in gran parte da lavoro dipendente. Anche i consumi alimentari delle famiglie italiane sono in discesa. Quanto al lavoro sono ben noti i dati della disoccupazione, specie per le nuove generazioni, con la disoccupazione altissima, lavoro nero e precario che sono le uniche forme di lavoro concretamente presenti tra i giovani.
«Pace, pane lavoro!» sarebbero le richieste più votate se si facesse un sondaggio su queste parole. Il tutto mentre nessuna forza politica in Parlamento è in grado di garantire una soluzione a questa situazione. Lo scollamento tra i dibattiti nelle aule parlamentari e la società è diventato ormai incolmabile. Quel sistema che «vive nella lotta e per la lotta» ha ridotto questa competizione ai soli temi che riguardano la politica: modifiche della legge elettorale, equilibrio istituzionale, grazia, decadenza, santificazione per Berlusconi. Un conflitto apparente su questioni che non riguardano gli elementi strutturali, che è sempre pronto a ricongiungersi in una santa alleanza delle forze politiche quando si tratta di difendere l’ordine pubblico, dai fenomeni di insofferenza che le masse manifestano. Un conflitto che non investe le misure economiche e politiche che sono poste alle fondamenta di questo sistema, oggi esemplificato dalla convivenza al governo delle maggiori forze politiche del paese, dell’incapacità di opporsi realmente nella società, nelle piazze, al di fuori delle aule parlamentari delle forze di opposizioni, le quali il più delle volte non rappresentano alcuna alternativa a questo modello di sistema.
Un autunno di lotta allora per legare insieme l’opposizione alla guerra imperialista, il rifiuto di assistere inermi alla catastrofe che si profila davanti a noi, insieme con la difesa dei posti di lavoro, la fine dello sfruttamento e dell’espropriazione del profitto collettivo, per mano di pochi. Saldare queste rivendicazioni con quelle sul diritto allo studio, l’opposizione alla costruzione di una scuola ed un’università di classe. Due date importanti, quella del 18 ottobre, con la convocazione dello sciopero generale da parte dei sindacati di base, e quella dell’11 ottobre, con le manifestazioni degli studenti in tutta Italia, sono i primi obiettivi concreti di un autunno di lotta da costruire.
Il compito dei comunisti è quello di saldare queste lotte, legarle insieme all’opposizione alla guerra, alla critica radicale di questo modello di sistema; di ricordare che le lotte isolate non vinceranno mai se esse non diventano parte di un insieme, che si ponga il superamento delle cause e non solo delle conseguenze. Bisogna istruire le masse, insegnare loro che non bastano le briciole, quando ogni giorno qualcuno si appropria di tutta la nostra ricchezza. Che non bastano piccoli correttivi come la storia ha insegnato, che fino a quando questo modello di sistema esisterà ed il profitto sarà misura di tutte le cose, ogni conquista sarà sempre temporanea e mai definitiva. Siamo pronti a dare battaglia.
set 11, 2013