di Gianni Barbacetto
Pagellina di fine anno a Milano, la migliore – anzi, l’unica – città italiana di livello europeo. Male – anzi, malissimo – la qualità dell’aria. Nel 2018 appena concluso sono stati 79 i giorni in cui le polveri sottili hanno sforato i limiti di concentrazione stabiliti: più del doppio della soglia (35 giorni) fissata dall’Unione europea. Tanto che la città è sotto procedura d’infrazione, sia per i livelli di Pm10, sia per quelli di No2, il biossido d’azoto. L’amministrazione comunale promette miglioramenti per il futuro, grazie all’introduzione dell’Area B, alla (progressiva) eliminazione dei veicoli diesel, alla (lenta) sostituzione delle caldaie a gasolio con quelle a metano o pompe di calore.
Considerando anche altri indici, Milano resta lontana dai vertici delle classifiche internazionali. È solo quarantesima nell’Innovation Cities Index 2018, che vede ai primi posti Tokyo, Londra, San Francisco e New York. È addirittura quarantacinquesima nell’Iese Cities in Motion Index, che ha ai vertici New York, Londra, Parigi e Tokyo. La buona notizia è che comunque è in miglioramento, avendo guadagnato negli ultimi anni 19 posizioni nella classifica Innovation Cities e 13 in quella Iese Cities.
Quest’ultima è comunque impietosa nella valutazione di settori essenziali: Milano è 104esima per la governance; 92esima per la coesione sociale; 71esima per la tecnologia; 69esima per l’economia; 57esima per la qualità ambientale; 46esima per peso internazionale. Bene invece i trasporti pubblici e la mobilità, che la fanno piazzare al 16esimo posto.
Il confronto internazionale è dunque impietoso. Solo un po’ meglio quello con le metropoli europee con cui Milano è in competizione diretta, ossia le altre quattro città capoluogo delle regioni manifatturiere più produttive in Europa: Barcellona (Catalogna), Lione (Rhône-Alpes), Monaco (Baviera) e Stoccarda (Baden-Württemberg). Le confronta il Booklet Smart City, uno studio realizzato da Assolombarda ed Ernst&Young che raccoglie 112 indicatori di smartness (reti di telecomunicazione, mobilità, dati, interattività eccetera).
Milano va bene nelle tlc, con una copertura di banda larga – almeno secondo i dati di Ey – del 99 per cento delle famiglie e di banda ultralarga del 95 per cento, con un’ampia diffusione del wifi pubblico (461 hotspot, uno ogni 400 metri quadrati) per cui la batte soltanto Barcellona. Bene anche la rete di trasporti pubblici e la mobilità condivisa, bike sharing e car sharing. Positiva la disponibilità di open data e servizi online grazie ai portali del Comune e dell’azienda dei trasporti Atm, alla possibilità di richiedere certificati in rete, di avere servizi culturali via web e di consultare il fascicolo sanitario elettronico. Efficiente l’integrazione elettronica nei mezzi pubblici, con sensori gps, e nella rete stradale, con sensori ai semafori e rilevazione del traffico.
Male per tanti altri aspetti. Molto alta la produzione di rifiuti. Molto limitata la rete di teleriscaldamento (263 chilometri contro gli 800 di Monaco). Ultima per piste ciclabili (140 chilometri contro i 350 di Lione e i 450 di Monaco). Pessima la qualità dell’aria, ma anche la disponibilità di aree verdi, che nelle altre quattro città europee confrontate è fino a dieci volte superiore: Milano ha soltanto 31,9 metri quadrati di verde per abitante, contro i 94,6 di Barcellona, i 133,6 di Monaco, i 154 di Stoccarda, i 366,4 di Lione.
Insomma, se i dati Ey sono corretti, la retorica su Milano deve darsi una regolata. E magari ripensare ai milioni di metri quadrati di aree (ex Expo, ex scali Fs, ex caserme…) che saranno cementificati nei prossimi anni.
Il Fatto quotidiano, 3 gennaio 2019