Le dichiarazioni dell’ex Presidente dell’ANM su Pignatone e tutto il “Sistema”
Giorgio Bongiovanni e Karim El Sadi
E’ un fiume in piena Luca Palamara. L’ex presidente dell’ANM radiato dalla magistratura dopo l’inchiesta della procura di Perugia che lo ha indagato assieme ad ex consiglieri del Csm per concorso in corruzione, è tornato negli studi di Massimo Giletti di “Non è l’arena”. Questa volta la ragione della sua ospitata è il libro scritto con Alessandro Sallusti dal titolo il “Sistema”. Un libro in cui l’ex pm romano riporta tutta una serie di dinamiche ed episodi inquietanti di quello che era l’ANM e il Csm di qualche anno fa. Vicende deplorevoli che dovranno passare al vaglio della magistratura e degli altri organi competenti (di fronte ai quali Palamara ha già detto di voler andare a riferire) ma che già sono prova di un sistema di potere occulto in seno al vecchio sistema di autogoverno della magistratura. Un sistema di potere che tentò di buttare nel tritacarne magistrati indipendenti e scevri – loro sì – da logiche correntizie, carrieristiche e soprattutto politiche. Uno dei soggetti estranei a questa “membrana”, come l’ha definita la giornalista Sandra Amurri in studio, e che più volte è finito nel mirino della “casta togata” è Nino Di Matteo. Il consigliere del Csm, già pm del processo sulla trattativa Stato-mafia, era stato chiamato dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede a ricoprire il delicatissimo ruolo di capo del Dap, salvo poi tornare sui suoi passi in 24 ore di tempo e affidare l’incarico a Francesco Basentini. Una vicenda emersa proprio negli studi di Giletti. Ieri Palamara ha detto chiaramente, dopo averne accennato nel libro, che è stato “il sistema a far fuori Di Matteo” in quell’occasione. Perché “Di Matteo non era assolutamente controllabile. In quel periodo – ha aggiunto – si discuteva sui posti apicali al ministero, all’interno della magistratura c’è un problema di gelosie“.
“La magistratura riflette il dibattito che c’è all’esterno”, ha spiegato Palamara. “A livello giuridico ci sono state delle prese di posizione nell’ambito della trattativa che ha coinvolto il consigliere Di Matteo. Significa che come c’era preoccupazione per il fatto che Di Matteo potesse diventare capo del Dap, evidentemente il sistema si preoccupava pure che Di Matteo potesse monopolizzare la sua posizione“. Stando alle parole dell’ex pm romano “lo stesso identico sistema, ad esempio, non poteva permettersi Gratteri come ministro della Giustizia”.
In seguito, tornando alla figura del pm palermitano, Palamara, sollecitato dalle domande di Giletti, ha parlato della rimozione dal pool che indaga sulle stragi del 1992-1993 della Direzione Nazionale Antimafia da parte di Federico Cafiero de Raho e del suo più recente reintegro, sempre da parte del capo della Direzione Nazionale Antimafia. “Chi meglio di de Raho potrebbe chiarire quello che è accaduto in quei giorni?”, ha detto Palamara invitando de Raho a chiarire questi aspetti nelle sedi competenti. Se de Raho “ha assunto un provvedimento del genere, debbo pensare, è perché ha maturato nel frattempo qualche convincimento e che qualcuno gli abbia detto di ripensare a questa decisione. Mi piacerebbe sapere chi è stato”. In questo senso Palamara ha quindi invitato tutti i suoi ex colleghi a vuotare il sacco sul così detto “sistema” e sull’operato di anni e anni di Csm e ANM. Questo perché, ha spiegato durante la trasmissione, “identificare soltanto con me i problemi della magistratura italiana è sbagliato”. “I problemi di cui parliamo oggi sono problemi arroccati, e il sistema è diventato una casta”. “Tutto – ha concluso – è nato quando si decise di mettere la politica nella magistratura“.
Accusa a Pignatone
Nel corso della trasmissione l’ex pm Palamara per due volte ha tirato in ballo Giuseppe Pignatone, oggi Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. La prima sempre parlando della vicenda Boanfede-Di Matteo, spiegando che nei giorni in cui il ministro della Giustizia doveva decidere della nomina al Dap lo stesso l’ex Procuratore capo di Roma si sarebbe recato più volte al ministero. Un dato che emerge anche da alcune chat dello stesso Palamara, finiti agli atti del Processo di Perugia.
Palamara in particolare parlava con Maria Casola, giudice del lavoro a Napoli distaccato nella Capitale come capo dipartimento per gli Affari della giustizia. Una delle quinte colonne ministeriali di Palamara. Era l’11 giugno 2018, e il governo Lega-M5s si era insediato da poco più di una settimana. “La Casola – ha detto ieri Palamara nel programma di Giletti – ha visto più volte Pignatone. E mi chiese di tenerla riservata“. E’ quello il periodo in cui Bonafede scelse di non nominare Di Matteo al capo del Dap, virando clamorosamente su Francesco Basentini.
Successivamente Palamara ha anche tirato in ballo l’ex procuratore capo di Roma rispetto ad altre decisioni come la nomina del Procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi (“Io lo votai ed altri anche perché era una persona molto vicina al dottor Pignatone“) e le vicende della successione alla Procura di Roma. “Quando Pignatone va in pensione io sono con lui – ha raccontato – E in quella cena, festeggiamo con un gruppo ristretto di 8 persone con un giudice del tribunale di Roma, e un imprenditore comune amico. Il dato certo è che il Trojan non funziona”. E alla domanda se avessero parlato anche della nomina alla Procura di Roma ha ribadito: “Con lui parlavo sempre di tutto. E si sa che alle cene riuscivamo ad isolarci e parlare solo noi due“.
Sui motivi della spaccatura con Pignatone ha poi aggiunto: “L’anno particolare è il 2016. La Procura di Roma ha due inchieste delicate. Una è Consip che riguarda Lotti, il Comandante Del Sette, Saltalamacchia e l’imprenditore Romeo. L’altra è quella su Amara, Centofanti e che sfiora anche l’Eni. In virtù della frequentazione avuta con il dottore Centofanti iniziano a nascere delle problematiche che vengono ancor più fuori nel dicembre 2017 quando c’è la nomina del Presidente di Cassazione e del Procuratore generale di Cassazione dove per la prima volta la corrente di Area non ha più ruoli ai vertici della magistratura. Oggi Area li ha”.