Aver letto queste righe di giustificata e dignitosa rabbia (e che posso garantire sono quotidianità in ogni angolo del paese), dove il mondo politico non capisce (o non vuol vedere) e sanare le ingiustizie, potremmo lanciare la proposta a qualche sindacato disponibile di costituire un “casellario” pubblico delle aziende che hanno comportamenti simili, poco allineati alle leggi e ai dettati costituzionali.
Vediamo di smuovere in modo organizzato (motivo della necessità dell’organizzazione sindacale) e far sentire alle aziende cosa si prova ad essere citati in negativo per comportamenti che vanno ben oltre la privacy… e, soprattutto, in un paese che è ancora democratico.
Prendiamo esempio dal caso VW quanto possano subire le aziende con l’informazione.
Uscire dall’anonimato è segno di civiltà.
Complimenti e solidarietà a tutte le “Paola” che si trovano nella stessa ed identica situazione.
MOWA
Premetto che ho contato fino a diecimila prima di scrivere queste parole. Ma non riesco a non dirle. E le scrivo qui, per una massima diffusione. Perché tutti devono sapere cosa accade al giorno d’oggi. Vi chiedo di prendervi un paio di minuti per leggere e condividere ciò che mi è successo, perché mi sento offesa e arrabbiata, e tutti, uomini e donne, devono sapere.
E’ SUCCESSO DI NUOVO, ED E’ ORA DI DIRE BASTA.
Questa mattina sono stata convocata per un colloquio di lavoro presso una nota agenzia immobiliare di Mestre che si occupa-anche-di affitti turistici. Sto cercando un lavoretto saltuario per arrotondare perché non sono ancora abbastanza brava e famosa per vivere di sola fotografia, quindi mi sono proposta come hostess per check-in per alloggi turistici, un lavoro che ho già fatto per tanti anni.
Lui, l’egregio Dott. M.M. si presenta all’appuntamento con 30 minuti di ritardo. Non fa niente. Ha una maglia verde lega, ma mi astengo da pregiudizi. Entro nell’agenzia, e dietro di me, sulla porta, un signore che parla poco l’italiano chiede di poter entrare a chiedere un’informazione. Lui, l’egregissimo M.M., lo secca con un “Torna dopo!”. Soppesando il suo grado di educazione e professionalità, lo seguo verso il suo ufficio.
Mi fa accomodare alla sua scrivania, ma non si presenta, non mi da la mano, non si scusa del ritardo, mi da del tu. Questa cosa mi da fastidio, ma anche qui passo oltre.
Prende un foglio prestampato. Questionario Informativo, c’è scritto. Inizia con le domande:
Lui: “la tua data di nascita?”
io:“1-12-87”
Lui:“e quanti anni hai?”
io: “28”
Lui:“dove vivi?”
io: “risiedo a Mestre”
Lui:“..mi serve l’indirizzo preciso”
io: “sono certa di averlo già scritto nel mio C.v.” sorrido educata.
Lui:“mi serve questa informazione di nuovo” (seccato)
io: “va bene, via ***”
Lui:“ok. Stato civile?”
io: “in che senso?” (oh no, sento già lo stomaco chiudersi)
Lui:“sei sposata? Convivi? Hai figli?”
Respiro “E’ necessario che io risponda a questa domanda?”
Lui:“si, è necessario” (si sta agitando)
io: “posso non rispondere”?
Tenetevi forte.
Lui: “Certo. Allora ti puoi anche accomodare fuori, per me il colloquio finisce qui”.
Prende il Questionario Informativo, lo strappa davanti alla mia faccia con fare da vero uomo duro. Si alza, mi apre la porta.
“Non capisco,” dico io “perchè mi sta congedando in questo modo”
Lui: “Perchè tu mi devi rispondere alle domande, e se non mi rispondi il colloquio non può proseguire”
Io: “Non può proseguire il mio colloquio se io non le descrivo la mia situazione famigliare?”
Lui: “esattamente.”
Io: “mi può fornire almeno una spiegazione?” (cerco di insistere)
Lui: “Devo sapere se sei sposata e se hai figli, perché questo determina la tua disponibilità lavorativa”
Io: “mi scusi Dottore, ritengo che la mia disponibilità lavorativa esuli dalla mia condizione privata. Se vuole sapere quanto e quando posso lavorare, mi può semplicemente chiedere qual’è la mia disponibilità oraria”
Lui, ormai furibondo:“Io chiedo quello che mi pare, e se non vuoi rispondere non posso darti il lavoro. Ora te ne puoi anche andare”.
1…2….3……Vabe dai, ormai è fatta. Parto con le mie:
“Posso dirle una cosa? E’ proprio per colpa di persone come lei che questo Paese sta andando a puttane. Perché se a una donna viene chiesto di dichiarare la sua situazione famigliare prima di chiederle quali sono le sue capacità, cosa sa fare e quali sono le sue aspettative lavorative, allora siamo proprio in un mondo di merda. Lei non sa che parlo perfettamente 3 lingue straniere, non sa che questo lavoro l’ho fatto per anni, che ho tanta esperienza e capacità. Lei non me lo ha chiesto. Mi tolga una curiosità, anche ai maschi chiede se hanno figli e se sono sposati quando fa loro un colloquio?”
Lui: “no, ai maschi non lo chiedo. Perché questo è un lavoro che ritengo debbano fare solo le donne”
Io (ormai balba): “Sul serio? Ma lei si sente quanto parla?”
A questo punto prendo la porta, ma prima di andarmene gli porgo la mano per salutarlo, professionalmente. Ma lui “no, non ti do la mano”
io: “e perché?”
Lei: “Perchè non voglio darti la mano, buona giornata”.
Sorrido, arrivederci, me ne vado. Torno all’ingresso, e lì, mentre sto per uscire, con gran classe mi urla dalla sua scrivania “spero proprio che troverai un lavoro!!”
Mi fermo un momento davanti alla porta. Non rispondo, semplicemente perché non è mio costume urlare alla gente da un ufficio all’altro. Chi mi conosce sa quanto sono Signora. Esco, e faccio un profondo respiro. Ho detto un decimo delle cose che avrei potuto dirgli. Perchè in quei momenti ti senti così male e così offesa che il cervello rallenta per l’incredulità.
E allora: Caro piccolo uomo col maglione verde e il cazzo sicuramente minuscolo, nel tuo bellissimo ufficio hai incorniciato la foto di tua figlia, una graziosa ragazzina di circa 16 anni, che – per ironia della sorte – assomiglia tantissimo a me quando avevo la sua età. Prova a pensare, piccolo uomo con piccolo cervello e grande presunzione, quando un giorno non molto lontano, la tua piccola vergine figliola andrà a fare un colloquio di lavoro, ed incontrerà un piccolo uomo che le chiederà se è sposata, se ha figli, se convive, e che le sue risposte in merito alla sua situazione famigliare determineranno il suo successo lavorativo. Prova a pensare per un momento come può sentirsi una donna, quando le viene fatta una domanda del genere. E’ offensivo, è bruttissimo, è una VIOLENZA. Perchè non importa se hai studiato, se hai lavorato tanti anni, se hai fatto gavetta, se hai un bel C.v.. Importa se hai figli. Perché se li hai, è meglio che tu stia a casa ad allattarli.
Ho scritto questo fatto su facebook, e lo racconterò a tutti. Perché le donne devono sapere che non si devono mai abbassare a queste offese, e gli uomini devono sapere che esistono tanti uomini di merda a questo mondo. Proprio ieri ne parlavo con alcuni colleghi, fatalità oggi mi è successo, di nuovo. Ho perso la possibilità di un lavoro, ma non mi importa niente. Ho salvato la mia dignità, ho mantenuto la mia privacy. La condizione della donna al giorno d’oggi è ancora molto difficile.
Sappiatelo tutti.