Papa Francesco durante l’udienza per gli auguri di Natale alla Curia romana
Nel discorso alla Curia romana Francesco ringrazia i media per aver indagato sugli scandali di abusi. E ai pedofili dice: «Convertitevi». Poi denuncia «l’infedeltà» dei membri della Chiesa che seminano zizzania: «Dietro ci sono le trenta monete d’argento»
«Anche oggi ci sono “unti del Signore”, uomini consacrati, che abusano dei deboli, approfittando del proprio potere morale e di persuasione. Compiono abomini e continuano a esercitare il loro ministero come se niente fosse; non temono Dio o il suo giudizio, ma temono soltanto di essere scoperti e smascherati. Ministri che lacerano il corpo della Chiesa, causando scandali e screditando la missione salvifica della Chiesa e i sacrifici di tanti loro confratelli».
È un grido di dolore quello che si alza dalla Sala Clementina, dove il Papa incontra tutti i membri della Curia romana per i tradizionali auguri di Natale. Se negli anni passati Francesco elencava le quindici «malattie» curiali, le difficoltà incontrate nel processo di riforma, le corruzioni e i tradimenti nascosti dietro le piccole cerchie, per questo Natale 2018 il Pontefice parla invece delle «afflizioni» che hanno segnato gli ultimi dodici mesi della Chiesa, «investita da tempeste e uragani».
Quello degli abusi è in assoluto il male che più «grida vendetta al Signore», afferma Bergoglio, che si rivolge per la prima volta direttamente a «quanti abusano dei minori» dicendo: «Convertitevi e consegnatevi alla giustizia umana, e preparatevi alla giustizia divina».
Il Papa assicura che la Chiesa da diversi anni è impegnata «seriamente» a sradicare questa piaga e non dimentica «la sofferenza vissuta da molti minori a causa di chierici e persone consacrate: abusi di potere, di coscienza e sessuali». Un «triplice peccato», sottolinea il Papa, che affonda le sue radici ai tempi del re Davide. La vicenda del re biblico è un’allegoria per sottolineare come «la catena del peccato si allarga a macchia d’olio e diventa rapidamente una rete di corruzione»: «Dalle scintille dell’accidia e della lussuria, e dall’“abbassare la guardia”, inizia la catena diabolica dei peccati gravi: adulterio, menzogna e omicidio», evidenzia il Papa.
Davide era un «unto da Dio», un consacrato. E come lui, oggi, a distanza di secoli, sono tanti coloro che «senza batter ciglio, entrano nella rete di corruzione, tradiscono Dio, i suoi comandamenti, la propria vocazione, la Chiesa, il popolo di Dio e la fiducia dei piccoli e dei loro familiari. Spesso dietro la loro smisurata gentilezza, impeccabile operosità e angelica faccia, nascondono spudoratamente un lupo atroce pronto a divorare le anime innocenti», denuncia Francesco.
«I peccati e i crimini delle persone consacrate si colorano di tinte ancora più fosche di infedeltà, di vergogna e deformano il volto della Chiesa minando la sua credibilità», aggiunge. Infatti, «la Chiesa, insieme ai suoi figli fedeli, è anche vittima di queste infedeltà e di questi veri e propri “reati di peculato”».
Bergoglio è netto: «Sia chiaro – dice davanti ai rappresentanti dei diversi Dicasteri – dinanzi a questi abomini la Chiesa non si risparmierà nel compiere tutto il necessario per consegnare alla giustizia chiunque abbia commesso tali delitti. La Chiesa non cercherà mai di insabbiare o sottovalutare nessun caso. È innegabile – osserva – che alcuni responsabili, nel passato, per leggerezza, per incredulità, per impreparazione, per inesperienza o per superficialità spirituale e umana hanno trattato tanti casi senza la dovuta serietà e prontezza».
«Ciò non deve accadere mai più», annuncia il Pontefice, «questa è la scelta e la decisione di tutta la Chiesa». E questa dichiarazione d’intenti sarà suggellata dall’incontro di febbraio con i capi di tutte le Conferenze episcopali del mondo, dove si ribadirà la ferma volontà della Chiesa «nel proseguire, con tutta la sua forza, sulla strada della purificazione» e ci si interrogherà, avvalendosi anche di esperti, su «come evitare tali sciagure, come curare e reintegrare le vittime; come rafforzare la formazione nei seminari».
In questo non facile compito Papa Francesco domanda l’aiuto dei mezzi di comunicazione. Ribalta così il pensiero di «alcuni, anche all’interno della Chiesa», che «si infervorano contro certi operatori della comunicazione, accusandoli di ignorare i casi di abusi, che non sono commessi dai chierici della Chiesa – le statistiche parlando del 95% -, e di voler intenzionalmente dare una falsa immagine, come se questo male avesse colpito solo la Chiesa Cattolica».
Invece il Pontefice argentino afferma: «Io vorrei ringraziare vivamente quegli operatori dei media che sono stati onesti e oggettivi e che hanno cercato di smascherare questi lupi e di dare voce alle vittime. Anche se si trattasse di un solo caso di abuso – che rappresenta già di per sé una mostruosità – la Chiesa chiede di non tacere e di portarlo oggettivamente alla luce, perché lo scandalo più grande in questa materia è quello di coprire la verità».
«Per favore – è il suo appello -, aiutiamo la Santa Madre Chiesa nel suo compito difficile, ossia quello di riconoscere i casi veri distinguendoli da quelli falsi, le accuse dalle calunnie, i rancori dalle insinuazioni, le dicerie dalle diffamazioni». «Un compito assai difficile», ripete Francesco, «in quanto i veri colpevoli sanno nascondersi scrupolosamente, al punto che tante mogli, madri e sorelle non riescono a scoprirli nelle persone più vicine: mariti, padrini, nonni, zii, fratelli, vicini, maestri… Anche le vittime, ben scelte dai loro predatori, spesso preferiscono il silenzio e addirittura, in balia della paura, diventano sottomesse alla vergogna e al terrore di essere abbandonate».
Insieme a quella degli abusi, il Papa stigmatizza anche «un’altra afflizione» nella Chiesa, l’«infedeltà di coloro che tradiscono la loro vocazione, il loro giuramento, la loro missione, la loro consacrazione a Dio e alla Chiesa». Il riferimento è a «coloro che si nascondono dietro buone intenzioni per pugnalare i loro fratelli e seminare zizzania, divisione e sconcerto; persone che trovano sempre giustificazioni, perfino logiche e spirituali, per continuare a percorre indisturbati la strada della perdizione».
Dietro questi «seminatori di zizzania» (zizzania di cui non sono immuni le «cattedre episcopali») «si trovano quasi sempre le trenta monete d’argento», rimarca Francesco alludendo probabilmente al ritorno economico ricavato da certe operazioni politico-mediatiche. Alla figura di Davide si aggiunge allora quella di Giuda Iscariota, entrambi «sono icone dei peccati» che però «si distinguono nella conversione»: Davide si pentì affidandosi alla misericordia di Dio, Giuda si suicidò. Tutti, allora, afferma Bergoglio, «abbiamo il dovere di combattere ogni corruzione spirituale», che è «peggiore della caduta di un peccatore, perché si tratta di una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito: l’inganno, la calunnia, l’egoismo e tante sottili forme di autoreferenzialità».
A pesare nell’animo del Vescovo di Roma ci sono poi tante altre «afflizioni», che interessano la Chiesa e il mondo: in primis gli immigrati che «costretti a lasciare la patria e a rischiare la vita» incontrano la morte, o che se sopravvivono «trovano le porte chiuse» e «i loro fratelli in umanità impegnati nelle conquiste politiche e di potere». «Quanta paura e pregiudizio!», esclama il Papa, «quante persone e quanti bambini muoiono ogni giorno per mancanza di acqua, di cibo e di medicine! Quanta povertà e miseria! Quanta violenza contro i deboli e contro le donne! Quanti scenari di guerre dichiarate e non dichiarate! Quanto sangue innocente viene versato ogni giorno! Quanta disumanità e brutalità ci circondano da ogni parte! Quante persone vengono sistematicamente torturate ancora oggi nelle stazioni di polizia, nelle carceri e nei campi dei profughi in diverse parti del mondo!».
È uno scenario drammatico, ma non tutto è perduto. Insieme alle «afflizioni», ci sono anche le «gioie». Quest’anno sono state numerose, come la buona riuscita del Sinodo sui giovani o i passi avanti nella riforma della Curia («tanti si domandano: quando finira? Probabilmente mai!»), anche quelli meno visibili. Poi i nuovi Beati e Santi, «pietre preziose che adornano il volto della Chiesa», ad esempio i 19 martiri dell’Algeria recentemente beatificati.
Proprio sui «martiri» si sofferma l’attenzione del Pontefice: «Sembra che la crudele e atroce persecuzione dell’impero romano non conosca fine. Nuovi Neroni nascono continuamente per opprimere i credenti, soltanto per la loro fede in Cristo. Nuovi gruppi estremisti si moltiplicano prendendo di mira le chiese, i luoghi di culto, i ministri e i semplici fedeli. Nuovi e vecchi circoli e conventicole vivono nutrendosi di odio e ostilità verso Cristo, la Chiesa e i credenti».
Il Papa esprime il suo rammarico per i tanti cristiani che «vivono ancora oggi sotto il peso della persecuzione, dell’emarginazione, della discriminazione e dell’ingiustizia in tante parti del mondo». «Quanto è difficile, ancora oggi, vivere liberamente la fede in tante parti del mondo ove manca la libertà religiosa e la libertà di coscienza!», dice.
Conclude però con una nota di speranza guardando all’imminente Natale che dona «la certezza che la Chiesa uscirà da queste tribolazioni, ancora più bella e purificata e splendida», perché «tutti i peccati, le cadute e il male commesso da alcuni figli della Chiesa non potranno mai oscurare la bellezza del suo volto». Tantomeno «i gravi mali commessi da taluni non potranno mai offuscare tutto il bene che la Chiesa compie gratuitamente nel mondo» tramite religiosi, vescovi e sacerdoti «che vivono quotidianamente la loro vocazione in fedeltà, silenzio, santità e abnegazione». Persone che lavorano pazientemente per gli ultimi, ma spesso «dimenticate dai mass media». Eppure senza di loro «regnerebbe il buio».
Prima di concludere e passare ai saluti individuali, anche quest’anno Bergoglio lascia «un pensiero» a vescovi e cardinali, ovvero un compendio di Teologia ascetica e mistica di Adolphe Tanquerey, nella recente edizione a cura di monsignor Daniele Libanori, ausiliare di Roma, e del teologo padre Giuseppe Forlai. «Credo che è bene, magari non leggerlo tutto ma cercare nell’indice su questo atteggiamento, su questa virtù…», ha detto a braccio, «ci farà bene per la riforma di ognuno di noi e per la riforma della Chiesa».
21/12/2018