Troppe segnalazioni generiche e troppa poco credibilità o fiducia tra servizi segreti sul fonte anti califfato
C’è chi, superata le reazioni emotive al dramma, inizia ad interrogarsi su cosa abbiano fatto i servizi di sicurezza occidentali contro la minaccia dichiarata e nota dell’Islamic State. Dov’ erano a che facevano le spie europee, salvo spiarsi l’una con l’altra? Il Financial Times non fa complimenti
di Ennio Remondino
TROPPO SOSPETTI POCHI FATTI
I precedenti noti di Abdelhamid Abaaoud, il 27enne belga di origini marocchine, forse la testa delle stragi parigine. Segnalazioni tra polizia e servizi che si perdono da un Paese all’altro. O Mehdi Nemmouche, il jihadista franco-algerino accusato di aver ucciso quattro persone a colpi di pistola al museo ebraico di Bruxelles, in contatto col primo. Tutto noto ora, ma la caccia avviene dopo, a drammi compiuti. Segnali ripetuti di minaccia. Sospetti che eludono la sorveglianza elettronica e a cui non viene data la caccia. Cinque degli otto di Parigi avevano un noto ‘profilo ad alto rischio’, sospettati di aver combattuto per Isis in Siria. Eccetera eccetera.
TENTAZIONI DI GRANDE FRATELLO
Quali sarebbero state le lacune nel sistema? Monitoraggio dei social media inadeguato, lancia tra gli esempi il FT dal Regno Unito dove, le tentazioni di ‘grande orecchio’ sono forti. Un Grande Fratello ancora più invadente? Forse più un problema di fare ‘intelligence’ intelligente. Va detto che la saggezza del dopo è sempre facile, ma alcuni casi sono oggettivamente clamorosi. Jan Jambon, il ministro belga degli interni, ha ammesso che le forze di sicurezza “non hanno il controllo della situazione nel quartiere di Molenbeek”. Una ammissione che spiega molto. Ad esempio perché il Belgio ha più combattenti stranieri di qualsiasi altro stato del continente.
ALLEATI MA NON FIDATI
La questione fiducia, che non è uno slogan, ma metro di credibilità. Del Belgio di fatto meglio non fidarsi. Della Turchia? Ankara aveva avvertito la Francia tre volte negli ultimi 13 mesi sulla potenziale minaccia di Bataclan Mostefai. I francesi non ha chiesto ulteriori dettagli ai Turchi fino a dopo l’attacco. Lo scambio di intelligence con la Turchia rimane una sfida per i paesi europei che combattono Isis, dati i precedenti supporti concessi dal governo Erdogan alle formazioni radicali anti Assad e certe tendenza islamiche del leader. Poi le segnalazioni dei servizi iracheni. Reali, purtroppo, ma troppo generiche per servire a qualcosa.
LE ARMI PER ISIS IN FRANCIA
Il 5 novembre, una settimana prima dell’attacco, un 51enne montenegrino è stato fermato per un controllo di polizia in Baviera. La sua auto era carica di granate, armi automatiche, esplosivo e munizioni. E il suo ‘navigatore’ stradale aveva come destinazione un indirizzo di Parigi. Un grosso carico di armi avrebbe dovuto allertare le forze di sicurezza francesi, rileva Financial Times. Vero anche se, forse, suggerito da altri servizi segreti alleati ma non molto amici. Sino a poco tempo fa del resto si narrava della ostilità e non collaborazione tra i capi e i due servizi segreti francesi. Qualcuno dovrà scoprire qualche altarino.
CINTURE ESPLOSIVE DEI KAMIKAZE
Alta questione posta, e da tempo: le sostanze utilizzate per fabbricare le cinture esplosive che hanno usato al Bataclan e allo Stade de France. Probabile che si sia trattato di ‘TATP’, perossido di acetone, un esplosivo altamente instabile utilizzato anche nel secondo attentato del 2005 a Londra. Dopo gli attentati di Londra e Madrid la vendita di sostanze che possono essere utilizzate a costruire ordigni è stato monitorato. In alcuni Paesi esistono limiti alla vendita di sostanze chimiche vendute in quantità sufficiente per costruire una bomba. Il possibile ‘dual use’, doppio uso di sostanze o macchinari. Un tempo la bomba atomica di Saddam, ma quella non esisteva.
18 novembre 2015