di: Francesco Maringiò
Quando leggerete questo editoriale, le agenzie di tutto il mondo staranno già battendo le notizie che arrivano dalla Grande Sala del Popolo di Pechino, dove si è appena aperto il XX congresso nazionale del Partito Comunista Cinese.
Dalla relazione introduttiva di Xi Jinping si capiranno le linee guida che il grande paese asiatico seguirà nei prossimi anni. Per un primo commento a caldo e per orientarci nella comprensione di queste traiettorie politiche, vi diamo appuntamento (facebook.com/marx21it/) , per una diretta con ospiti e studiosi per un primo commento a caldo sul Congresso.
La relazione illustra il bilancio del lavoro compiuto nei precedenti cinque anni dal Comitato Centrale e dalle sue Commissioni, sistematizza le categorie politiche e gli obbiettivi di medio e lungo termine del paese e traccia le prospettive di sviluppo futuro. La relazione non è un esercizio di solipsismo della leadership, ma il frutto di un lavoro collettivo durato mesi precedenti, nel quale le migliori menti e risorse intellettuali hanno potuto dare il proprio contributo.
Sarebbe difficile (ed anche sbagliato) fare delle previsioni sulla relazione. Ma è indubbio che uno degli argomenti più dibattuti nei prossimi giorni dai 2.296 delegati sarà il “xiaokang”, ossia la società moderatamente prospera. Dopo una prima fase di costruzione nazionale e di realizzazione di una base industriale in un paese che per millenni era stato prevalentemente contadino, la politica di riforma ed apertura ha permesso lo sviluppo rapido dell’economia e la realizzazione del benessere. L’intensità e la rapidità di tale sviluppo ha creato ineguaglianze e squilibri che dovranno essere risolti. Compito essenziale di questa fase è la soluzione di tali problemi. Compito, che impone una precisa e convinta opera di redistribuzione della ricchezza.
Già la Cina ha raggiunto l’obbiettivo storico dell’eliminazione della povertà assoluta, oggi si tratta di innalzare lo standard di vita a coloro che sono rimasti “in dietro” nello sviluppo, redistribuendo ricchezza, accesso ai servizi di qualità e soddisfacimenti dei bisogni sia materiali che spirituali.
Esattamente l’opposto di quanto sta avvenendo in Occidente, purtroppo, dove i processi di concentrazione del potere e polarizzazione della ricchezza hanno raggiunto livelli estremi.
Ma questa non è l’unica differenza. Il Congresso cinese insisterà sulle forme ed i modi con il quale rafforzare il processo di costruzione di una società socialista in un paese di 1,4 miliardi di persone. Senza la pretesa di esportare un modello così peculiare, ma con l’obbiettivo di individuare il modo di ammodernare il marxismo e modernizzare il paese. Certamente, questa riflessione non potrà non tener conto dell’influenza del contesto internazionale e di come esso sia rapidamente mutato negli ultimi tempi.
A partire dal fatto che l’asse anglo-americano ha deciso di aprire, assieme al fronte militare con la Russia, anche un fronte con la Cina. La Gran Bretagna nei giorni scorsi ha innalzato la Cina da “competitore sistemico” a “minaccia” e gli Stati Uniti hanno reso pubblica l’ultima versione della National Security Strategy che descrive la Repubblica Popolare come una minaccia sistemica per l’ordine americano. Tale documento traccia la strada della costruzione di un blocco occidentale capace di limite lo sviluppo della Cina nei settori ad alta tecnologia e, soprattutto, rispolvera la divisione del mondo in stile guerra fredda immaginando da un lato l’auto-proclamato polo del bene (i paesi occidentali), in lotta contro il polo male, rappresentato dai “barbari” che vivono fuori dalle cittadelle fortificate dell’ordine americano.
Siamo quindi, lungo un pericolosissimo e scosceso piano inclinato, che conduce il mondo direttamente verso una nuova guerra mondiale. Una prospettiva che nell’immediato produrrà maggiore insicurezza sociale e diffusa povertà qui in Occidente e che nel medio periodò può condurre spediti verso l’olocausto nucleare.
Una prospettiva che può e deve essere fermata: lavorando sulle contraddizioni interne alla classe dirigente europea (ed italiana) e, soprattutto, rendendo il popolo protagonista del proprio destino. Per questa ragione, gli appuntamenti contro la guerra che sono già in cantiere (15 e 22 ottobre, 5 novembre), che pure hanno il limite di non riuscire a superare una frammentarietà della mobilitazione, rappresentano delle occasioni importanti. Per rendere protagonista la pace e contribuire ad uno sbocco progressivo della crisi che ci sta inghiottendo. Prima che sia troppo tardi.