di Gianni
Il Pd milanese di rito renzian-salino (nel senso di Giuseppe Sala) esulta: “Siamo felici che la vicenda giudiziaria di Filippo Penati si sia conclusa positivamente, facendo chiarezza e restituendo integrità all’immagine della città di Sesto San Giovanni, dei sestesi e del suo ex sindaco. Mi auguro che questa notizia possa trovare la stessa risonanza che ha avuto l’indagine che lo ha riguardato. Soddisfatto e sollevato che la verità sia stata provata”. Così ha dichiarato ieri il segretario metropolitano Pietro Bussolati. È la reazione – spiega – alla notizia arrivata due giorni fa della piena assoluzione di Penati e del tramonto di tutte le accuse a quello che era stato chiamato il “sistema Sesto”. Con annessa richiesta ai giornali: avete messo in prima pagina il Penati accusato, ora mettete in prima pagina anche la piena assoluzione.
Ci tocca purtroppo deludere Bussolati, che ancora crede a Penati. Due giorni fa non è arrivata alcuna piena assoluzione, ma soltanto l’archiviazione di tutte le imputazioni minori fiorite attorno al processo principale sul “sistema Sesto”, che si è chiuso in primo grado nel dicembre 2015. È la chiusura di 47 faldoni d’indagini che riguardano una miriade di fatti che sarebbero comunque in gran parte prescritti. Tra questi va citato il proscioglimento del sindaco Giorgio Oldrini, successore di Penati ma fatto di ben altra pasta, che esce a testa alta dalla vicenda processuale.
Ma attenzione: il “sistema Sesto”, invece, nei suoi episodi più gravi non è mai andato a processo: nessun giudice ha potuto valutare le prove dell’accusa e gli argomenti della difesa a proposito delle supertangenti (5 miliardi e 750 milioni di lire) che l’imprenditore Giuseppe Pasini dice di aver pagato a Penati come anticipo di una mazzetta complessiva di 20 miliardi di lire, per ottenere di poter costruire sull’area Falck. La prescrizione ha salvato Penati dall’accusa di concussione. Aveva giurato che ci avrebbe rinunciato, ma con una mossa furbetta (era assente dall’aula proprio nel momento magico), la prescrizione gli è piovuta addosso a sua insaputa e lo ha reso puro come un giglio.
Il processo si è potuto fare soltanto per alcune imputazioni minori (i 2 milioni sborsati dal gruppo Gavio con una strana triangolazione e i finanziamenti all’associazione fantasma Fare Metropoli). Per queste, la sentenza del dicembre 2015 salva Penati con un mix di assoluzione e insufficienza di prove che sarebbe bello vedere se resiste all’appello, che invece molto probabilmente non si farà perché anche qui la prescrizione arriverà a pulire ogni cosa. Eppure perfino una sentenza così benevola dice chiaramente – ci spiace deludere Bussolati – che il “sistema Sesto” esiste eccome. Nel processo, scrivono i giudici, è stata provata “l’esistenza del Sistema Sesto”, come “luogo di incontro tra gli interessi di imprenditori spregiudicati e le esigenze di finanziamento della politica” e, in particolare, “degli eredi del Pci, che da sempre amministravano Sesto San Giovanni”.
Ora, io capisco che Penati abbia il diritto di farla franca e di essere felice. Ma invece di andare a Lourdes e ringraziare per il miracolo, va in giro dicendo di essere stato pienamente assolto. Capisco meno la fregola di Bussolati e di altri giovani eredi del penatismo, che dopo aver fatto finta di non conoscerlo negli anni del processo, ora un po’ si vergognano del loro tradimento ed esagerano nell’esultare per un’inesistente sentenza di assoluzione.
Ps: la decisione del giudice, comunque, non riguarda “l’integrità dell’immagine della città di Sesto San Giovanni e dei sestesi”, che poverini non sono mai stati sotto accusa e sono soltanto vittime dei loro amministratori.
Il Fatto quotidiano, 29 luglio 2016