Siamo solidali con il giornalista Sandro Ruotolo che con le sue inchieste giornalistiche ha portato alla luce verità scomode ed imbarazzanti a molti. Infatti, nelle ricostruzioni giornalistiche di Ruotolo emergono connivenze tra vari spezzoni del nostro paese che vanno dalla malavita ai servizi segreti, dai criminali a molti politici, da pezzi dello Stato ufficiale a quello parallelo, da società di copertura a banche, da attività commerciali al riciclaggio di denaro sporco…
I giornalisti dovrebbero porsi la domanda: “Se il potere criminale si è strutturato in questo modo ed è arrivato nei meandri più piccoli del paese di chi sono proprietà, realmente, i giornali?”
Le risposte sono da trovarsi nelle inchieste messe a tacere o accantonate, per pressioni arrivate dall’alto, da parte dei poteri forti… Forti, ma con chi?
di Stefano Corradino
“’O vogl’ squartat’ vivo” è stato il commento intercettato del capo dei Casalesi Michele Zagaria rivolto a Sandro Ruotolo dopo la sua intervista a Carmine Schiavone. Ruotolo, in esclusiva ad Articolo21 rivela un altro episodio inquietante: “Nell’intervista che ho fatto a Schiavone a Casal di Principe eravamo su uno dei terreni al di sotto dei quali, a suo avviso, ci sono dei rifiuti nascosti. Io volevo saperne di più e quando ho cominciato a fargli domande specifiche mi ha detto: “vuoi fare la fine di Ilaria Alpi?”
Proprio ieri alla presentazione del premio di giornalismo di inchiesta “Giustizia e verità – Franco Giustolisi” il presidente del Senato Pietro Grasso ti ha manifestato la sua vicinanza a seguito delle minacce ricevute.
Gli sono grato perché in momenti come questi la solidarietà non retorica dei vertici istituzionali non può che far piacere. Io sono di una generazione di persone che crede nelle istituzioni e nei valori della Costituzione. Sono iscritto all’Anpi e mi ritengo un “partigiano della Costituzione” e per questo sono molto riconoscente al presidente del Senato.
Grasso ha sottolineato anche i rischi che corrono “i giornalisti veri nella loro battaglia quotidiana tra il dovere dell’informazione e la pretesa del silenzio, in cui si arriva a minacce, intimidazioni, querele temerarie”.
Io sono un giornalista popolare e come ben sai ho già subito altre minacce. Ma più che di me sono sempre più preoccupato del giovane cronista dei paesini, della Sicilia, della Calabria o della Campania che rischiano la vita per dieci euro a pezzo. Il mio pensiero va a loro. Per questo è necessario accendere i riflettori sul pericolo che corre un giornalista meno conosciuto nel fare il suo lavoro. Non devo e non voglio essere un simbolo semmai un punto di riferimento per quei colleghi, quei giornalisti e quei cittadini che rivendicano un giornalismo indipendente e che vogliono veder difeso l’articolo21 della Costituzione.
“’O vogl’ squartat’ vivo” è stato il commento intercettato del capo dei Casalesi Michele Zagaria dopo la tua intervista a Carmine Schiavone. Una minaccia che ti aspettavi?
Se devo dirti la verità no, non me l’aspettavo. Dopo la cattura di Jovine e Zagaria si dava un pò per scontato il declino di quel clan e si dubitava che fossero ancora “operativi”. Ma occupandomi proprio in questi giorni dell’inchiesta sulla metanizzazione nell’agro aversano, parlando con i magistrati e gli investigatori si è disvelato un quadro allarmante: ci sono trecento camorristi liberi sul territorio e la partita dei grandi appalti non è del passato ma è assolutamente attuale e non abbiamo ancora scoperto tutti i rapporti dei clan dei casalesi con la politica. E non c’è solo Nicola Cosentino…
E ho capito perché lui mi vuole vedere morto: Zagaria non è pentito e ha bisogno di vedere intatto il suo spessore e carisma criminale. E se tu nei suoi uomini immetti il dubbio che lui, durante la latitanza se la faceva con gli sbirri lui perde credibilità e autorevolezza!
C’è poi un particolare del reportage che lì per lì avevo sottovalutato.
Qual è?
Nell’intervista che ho fatto a Carmine Schiavone a Casal di Principe eravamo su uno dei terreni ,al di sotto dei quali, a suo avviso ci sono dei rifiuti nascosti. Io volevo saperne di più e quando ho cominciato a fargli domande specifiche mi ha detto: “vuoi fare la fine di Ilaria Alpi?” Quella parte dell’intervista non l’ho neanche montata perché in quel momento non gli avevo dato peso. Ne parlai, en passant, con l’avvocato Domenico D’Amati (che difende la famiglia di Ilaria Alpi) e lui mi disse che mi avrebbe fatto convocare dal magistrato. Ma al momento non ho ricevuto alcuna convocazione…
Ti sono arrivati tanti messaggi di solidarietà attraverso l’hastag #iostoconsandro
Sono stati decine di migliaia, non meno di centocinquantamila persone tra il web e i social network. Personaggi, istituzioni e associazioni tra le più diverse. Erri de Luca, Piero Pelù, Rosy Bindi, solo per citarne alcuni. I sindaci di Napoli, Palermo, Bari, Lampedusa, gli operai del Sulcis la Federconsumatori, la Lega delle cooperative… Questo per dire che il tema della libertà di informazione è molto sentito dall’opinione pubblica.
Articolo21 ha chiesto che, accanto alla scorta tradizionale, è fondamentale che si realizzi una “scorta mediatica” e che i giornalisti facciano rete per pubblicare le tue denunce e le inchieste scomode di chi si occupa di criminalità e dei suoi intrecci.
Io sono molto critico con i miei colleghi. Se io sono esposto o lo sono coloro che fanno questo tipo di denunce è anche per colpa di molti dei miei colleghi. Dico “chapeau” a quanti, tra quelli che lavorano “per strada”- e che magari non la pensano come me – mi hanno scritto o telefonato ma di tanti altri, e della solidarietà generica, ne faccio volentieri a meno. Capisco il “tengo famiglia” ma non lo accetto. C’è un conformismo strisciante nella nostra categoria, un conflitto di interessi imperturbabile e irrisolto con il potere politico. Ieri vince il centro destra oggi il centro sinistra e nei grandi giornali italiani non c’è spirito critico. La solidarietà formale mi fa piacere ma io vorrei vedere un giornalismo italiano che prenda seriamente le distanze dai poteri.
Continuerai con le tue inchieste nonostante le minacce?
Certamente. Sono quarant’anni che faccio questo mestiere cercando di tenere bene in mente il principio del dovere del giornalista di informare e del diritto dei cittadini di essere informati. Per questo continuerò su questa strada senza alcun tentennamento. Per non farmelo fare più hanno una sola strada da percorrere: farmi fuori…
@s_corradino
8 maggio 2015