di fronte al totale azzeramento di qualunque valore politico che emerge da questa palude di inciuci, tradimenti e vergogna della politica italiana specie a sinistra abbiamo pensato utile riportare in evidenza una lettera del segretario di Csp-PARTITO COMUNISTA dell’Ottobre 2012. E’ indirizzata a tanti, addirittura anche a chi ha pensato, ingenuamente, che il vero cambiamento potesse passare dal PD o da Grillo…
Questa affermazione può sembrare una frase retorica o un imperativo volontaristico, non lo vuole essere!
Semplicemente, dopo l’euforia del post ’89 e le teorie sulla fine della storia, nella sua ultima evoluzione il capitalismo dimostra la sua crisi irreversibile e l’incapacità di dare una prospettiva credibile ed accettabile per il genere umano. La guerra e le aggressioni imperialiste sono prepotentemente ritornate a regolare i rapporti tra gli stati. L’aggressione ai salari e ai diritti dei lavoratori, l’impoverimento e la proletarizzazione dei ceti medi, l’aggressione all’ambiente sono condizioni oramai comuni a tutte le società capitalistiche. Tendenze che nei prossimi anni proseguiranno, in assenza di alternative e di un forte ciclo di lotte dei lavoratori.
Oggi la critica al capitalismo e’ ovunque molto generalizzata, così come sono altrettanto estesi i tentativi in buona e cattiva fede di tentare (inutilmente) di riformarlo. Non esiste un capitalismo buono (quello produttivo) ed un capitalismo cattivo (quello finanziario). Così come le mafie e la criminalità organizzata non sono corpi estranei alla società; fanno parte del sistema, sono facce diverse dello stesso sistema.
Con buona pace dei Saviano e dei borghesi illuminati, se l’ obbiettivo generale e’ la ricerca del profitto, queste sono le conseguenze. Tanto più che in molti luoghi, a partire dall’Italia, i margini del cosiddetto riformismo oggi sono ridotti a zero. Fino alla caduta del “muro” di Berlino, la posizione geopolitica dell’ Italia, di frontiera con l’Est e anomala per la presenza del più grande partito comunista d’Occidente, le ha consentito una certa autonomia in politica estera ed energetica. Oggi non e’ più così. Da paese collocato nel campo della Nato, con un certo grado di benessere principalmente dovuto alle lotte e alle conquiste del movimento operaio, siamo oggi ridotti a colonia, privi anche dei margini che una sovranità limitata ci aveva consentito di disporre. Oggi l’Italia è oggetto di una vera e propria aggressione alla propria sovranità nazionale e alla propria economia da parte dei potentati economici internazionali, di cui l’Europa di Monti è l’espressione più diretta.
Socialismo o barbarie, prefigurava Karl Marx in un vaticinio che e’ oggi più che mai attuale.
Il modello di sviluppo capitalistico genera disuguaglianza, guerra e distruzione dell’ambiente. L’olocausto nucleare è tornato possibile e forse probabile, se vi fosse l’espansione del consumo procapite degli USA a tutti gli abitanti della Terra vi sarebbe il collasso del pianeta, problemi nuovi come migrazioni bibliche e desertificazione delle terre si affacciano con prepotenza. Tutto questo vuole dire che ci troviamo nella necessita’ di indicare una via, una soluzione. Questa strada non e’ altro che un cambiamento generale della società, dei suoi rapporti di produzione, del modello di sviluppo: sorge dalle contraddizioni concrete di questo capitalismo il bisogno di socialismo. A questo compito non può altro che candidarsi un partito comunista.
In Italia, ed altrove, sono stati fatti molti errori sulla scia della nostra storia. Una storia grande, la storia del Movimento Comunista Internazionale, dalla Rivoluzione d’Ottobre ad oggi.
Molti sono quelli che hanno correlato la fine dell’URSS (battuta all’interno dal revisionismo e dalla sfida produttiva e all’esterno dall’imperialismo) ad un ipotetico fallimento della più grande ideologia della storia, senza capire che si trattava di un primo esperimento che può essere certo ricostruito. Non crediamo sia utile innescare la polemica sul più recente passato, ma vorremmo almeno evitare di ripetere gli sbagli più grossolani.
Nel contesto italiano degli ultimi trent’anni, stare nei gruppi dirigenti comunisti ha significato godere dei privilegi della presenza istituzionale, contribuendo a “fare di tutta un’erba un fascio”, comunisti compresi.
In futuro si potrà ricoprire anche l’incarico di Presidente della Camera ma si dovrà ricevere lo stesso stipendio di un lavoratore (da Statuto), è un principio che diversi partiti comunisti nel mondo praticavano e praticano tutt’ora (basterebbe informarsi su quello che accade nei PC di Grecia e Portogallo).
L’Italia di oggi è a sovranità limitata anche nel luogo in cui la stessa la sovranità del popolo (secondo il sistema borghese) dovrebbe esprimersi: il parlamento nazionale. La stessa nascita del governo Monti evidenzia un vulnus pesante per la cosiddetta democrazia italiana, così come previsto dalla disattesissima Costituzione italiana. Il governo Monti risponde a precisi interesse di classe, le sue riforme contro il Lavoro sono addirittura peggiori di quelle dei governi Berlusconi-Lega Nord. In tal senso non si possono nascondere le enormi responsabilità della socialdemocrazia (?) italiana, a cominciare dal Presidente Napolitano e dal Partito Democratico.
Il bisogno della ricostruzione comunista nasce dal bisogno di opporsi ai vari governi di questa crisi capitalista, sia quando prendono il volto di Marchionne e della svendita del nostro patrimonio industriale agli Usa, o all’Europa neocarolingia, sia quando prendono il volto apparentemente diverso della socialdemocrazia (è di questi giorni la “benedizione” del gruppo Goldman Sachs al PD).
La lotta all’imperialismo, così come l’ha declinata e la declina il marxismo-leninismo, ritorna ad essere centrale in ogni società, sia in quelle dell’Occidente aggressore, sia in quelle aggredite dall’imperialismo. Quindi dalla Siria all’Iran, dalla Russia alla Corea del Nord, stiamo dalla parte degli stati indipendenti dall’imperialismo e non viceversa, avendo ben chiaro che difendere la sovranità di uno stato non significa difendere quel modello di società, quel modello di stato: il diritto all’autodeterminazione dei popoli è un principio non negoziabile.
Chi ci ha seguito sinora, anche se non è in totale accordo con quello che proponiamo e facciamo, non potrà non riconoscere che la nascita di Csp-Partito Comunista seppur poteva anche apparire contraddittoria (uffa’… un altro partitino!.. ), si è però posta e si pone il problema della ricostruzione del Partito. Siamo pienamente coscienti dei nostri limiti e della sproporzione che esiste tra la nostra azione e quello che invece sarebbe necessario per porre fine alla diaspora dei comunisti e per offrire alle nuove generazioni un valido strumento di lotta.
Siamo però testardi nell’affermare che vorremmo costruire in Italia un vero PARTITO COMUNISTA, siamo consapevoli della nostra parzialità ma pensiamo che sia grave innanzitutto non partire. Vorremmo, nel mondo, a partire dall’Europa, realizzare un coordinamento forte tra i partiti comunisti (e stiamo iniziando a sperimentare rapporti politici multilaterali in questa direzione).
Vorremmo che la straordinaria esperienza del movimento operaio del nostro Paese possa ritrovare il filo di ricostruzione di un sindacato di classe, partendo dalla denuncia del sindacalismo concertativo e dal tradimento dei sindacati confederali che, CGIL compresa, oggi servono esclusivamente alla sopravvivenza (materiale) dei sindacalisti e non certo dei lavoratori: essi svolgono oggettivamente il ruolo di ammortizzatori sociali, funzionali per sterilizzare il conflitto di classe che sempre più emerge nella nostra società. Non è un caso che, volutamente, abbiamo fatto una festa nazionale nel paradigmatico luogo di Pomigliano.
Mettiamo a disposizione totalmente questa nostra esperienza. Non pensiamo a improbabili ritorni nelle istituzioni subordinando a questo bisogno il nostro progetto politico, la nostra visione internazionale, la nostra collocazione di classe. Non siamo pregiudizialmente contrari ad una presenza anche nelle istituzioni borghesi, ma non consideriamo questo nè lo scopo nè la ragione per la ricostruzione del Partito.
La stessa vicenda della disponibilità a rinunciare al simbolo della “falce e martello” in competizioni elettorali (praticata nel 2008 con l’Arcobaleno e nuovamente ipotizzata oggi) è un segnale tangibile della rinuncia all’indipendenza dei comunisti ed è, a nostro modesto avviso, inaccettabile.
Perché se “molli” sulla “bandiera”, non sei più credibile neanche sui “contenuti”. I simboli sono l’ultima cosa che si abbandona, quando si è disponibili a rinunciare alla falce e martello significa che il resto, tutto il resto, lo si è già svenduto.
Certo dobbiamo riflettere, e molto, sul “soggetto incaricato di offrire un’alternativa al capitalismo”, praticamente di quello di cui spesso ci si è disinteressati.
In questi anni abbiamo visto emergere una concezione sempre più mediatica dell’organizzazione politica, anche di quella che si definiva comunista. Questo ha costruito nuove oligarchie politiche difficili da controllare e anche da contrastare. Il leaderismo si è sviluppato nella peggiore delle accezioni, quella del puro consenso mediatico senza protagonismo, senza partecipazione: dal segretario politico si aspetta il “colpo di teatro” che risolve la situazione. Serve invece , e tanto più oggi in Italia, un’elaborazione collegiale, con un protagonismo ed una discussione che coinvolga quello che diventerà l’intero partito.
Si eviterà, come è stato negli ultimi vent’anni di affermare tutto e il suo contrario, seguendo mode, tendenze e fenomeni squisitamente congiunturali. Si è demolito quel poco che poteva esser un embrione di partito cancellando i “polverosi musei dell’agire politico novecentesco”, per poi sorprendersi che il partito non c’era più. Serve scegliere la meta e pensare al mezzo di trasporto più efficace.
Con la recente e attuale esperienza di Csp-Partito Comunista siamo disponibili a metter a disposizione tutta la nostra breve storia, nonché la struttura organizzativa e l’organigramma dei gruppi dirigenti, a partire dal sottoscritto, per compiere quel salto di qualità nella costruzione del PARTITO COMUNISTA in Italia. Sappiamo che di comuniste e comunisti, in Italia, ve ne sono tanti, dentro ad alcuni partiti e sindacati, e fuori da essi.
Compagne e compagni, è ora, facciamo appello a tutti Voi, ma solo a Voi comunisti, per questa grande impresa. Non ci devono, non ci possono interessare le sinistre di varia natura e di incerto colore politico ed ideale, che tanti danni hanno fatto nell’ultimo periodo. Non serve il caso Lazio per sapere quanto è corrotta l‘attuale politica istituzionale. Si può tentare di combattere le ingiustizie, si può addirittura partecipare ad una rivolta, il capitalismo però è stato battuto solo da partiti comunisti di matrice leninista, quei partiti che hanno posto correttamente la questione del potere. Da Marx, Lenin, Stalin, Gramsci e tanti altri dirigenti del movimento comunista vengono grandi insegnamenti.
Non vi chiediamo firme da esporre, né manifesti da firmare, Vi chiediamo innanzitutto di riflettere.
A questa grande e modernissima storia ci rifacciamo, dedicando tutta la nostra determinazione ed il nostro impegno. Iniziamo il processo per ricostruire il PARTITO COMUNISTA. Dal mese di gennaio 2013 iniziamo assieme questo percorso con calma e determinazione, organizzando iniziative di confronto, avviando una vera e propria fase di costituente comunista che parta dalle fondamenta e non dalla fine, e cioè i gruppi dirigenti. Parta dalla ricostruzione di una teoria e un progetto politico che possa consegnare alle nuove generazioni lo strumento di lotta, di emancipazione e di rivoluzione: il PARTITO COMUNISTA!