Caro Rizzo,
avevo guardato con grande interesse al progetto di ricostruire, in Italia, un Partito Comunista degno di questo nome; ce ne erano (e ce ne sono) tutte le condizioni materiali per tentare di vincere quella che, a mio giudizio, è un’ assoluta necessità.
A tal fine mi sono iscritto al Circolo Comunista di Pisa, che, con coraggio ed onestà, aveva preso con forza le distanze dal P.R.C., fino a confluire nel soggetto politico di cui Te sei il Segretario.
Molto convincente l’approccio teorico del progetto del CSP, e soprattutto molto convincente la fermezza del nesso indissolubile tra prassi e teoria dal quale, dopo anni di fallimenti, non potevano più essere “tollerate” elementi di falsa e mistificante “elasticità” culturale.
Non ho rinnovato la tessera a partire dalle tesi congressuali che hanno ricostruito un profilo (almeno per me) assolutamente inaccettabile sul ruolo e la figura di Enrico Berlinguer.
Sarebbero molte le cose che occorrerebbe elencare con il dovuto approfondimento, di cui, evidentemente, una nota come questa non è in grado nè ha l’ambizione di affrontare.
Ritengo che il Segretario del PCI sia stato un autentico rivoluzionario, la cui “ortodossia” teorica – mai venuta meno – è riuscita a sprigionare una carica umana che ha reso migliori le relazioni di un’intera generazione di donne e di uomini (e di cui le attuali ne avvertono tragicamente la mancanza).
Sono fortemente convinto che esista un’intima connessione tra la disperazione dell’attualità sociale e la fine del PCI di Berlinguer.
Un nesso “causa – effetto” che varrebbe la pena analizzare in tutti i suoi aspetti.
E’ necessario rispondere ad alcuni semplici interrogativi: perchè Berlinguer è stato considerato il più pericoloso avversario dai nemici di classe del proletariato?
Perchè la strategia del “compromesso storico” aveva suscitato preoccupazioni di assoluto livello proprio in coloro che ne avrebbero dovuto favorire, se tale strategia fosse stata un progressivo allontanamento da obiettivi rivoluzionari, la sua definitiva strutturazione?
Con il grande rispetto che si deve ad un compagno della tua esperienza, ritengo che quando un impianto teorico organico – come quello che presenti nelle tesi congressuali e che riproponi nell’articolo commemorativo a trent’anni dalla morte di Berlinguer – non riesce a rispondere compiutamente a domande come queste (che migliaia e migliaia di compagni si pongono), il rischio che si corre è quello di non parlare a nessuno generando una frattura insanabile proprio tra progetto ed azione; una paradossale legge del “contrappasso”, che ripropone, alla fine, proprio il vizio originale che si intendeva sanare.
Caro Marco, ritengo che se non venisse recuperato in pieno, e valorizzato come merita, quell’esperienza e quell’insegnamento, il progetto che “gloriosamente” ti stai proponendo di perseguire finisca per diventare afono.
Sarebbe un vero peccato.
Con stima.
Fabio Lupi