Volevo intitolare questo post “La peggio classe dirigente”, ma poi ho optato per “Peracottari” perché mi sembrava azzardato associare la gentucola che ci governa alla definizione di classe dirigente.
I lavoratori del Colosseo effettuano un numero importante di ore di straordinario per garantire il servizio e invece di venire ringraziati non vengono pagati da novembre dell’anno scorso.
Una classe dirigente degna di questo nome che dovrebbe fare? Trovare le risorse per liquidare a questi lavoratori il dovuto! Invece scambia epoca storica e pensa di trovarsi nel Medioevo per cui ritiene di poter esigere le corvées.
Pertanto la poraccitudine al potere limita il diritto di assemblea e di sciopero dei lavoratori ricorrendo alla decretazione d’urgenza (dov’è l’urgenza, ci sono altre assemblee programmate in giro?). Della serie: “Non sono capace di risolvere il problema del vostro stipendio, perciò voi non dovete protestare se no si vede che sono inetto”.
Però questa vicenda svela i meccanismi che hanno portato alla svolta autoritaria nel nostro Paese. Come potevano “lor signori” (cit.) accelerare la conversione dell’Italia da democrazia della rappresentanza a regime della stabilità del governo (vedi il combinato disposto di riforma del Senato e Italicum) e della società (vedi lo schema autoritario della rinforma e del lavoro)?
Radicando nel Paese una cultura favorevole o indifferente all’autoritarismo.
Cioè eliminando gli antidoti del virus fascistoide, cioè trasformando i partiti da sentinelle della democrazia ad apparati di propaganda della nuova democrazia muscolare e “decidente”.
La concomitanza del crollo del muro di Berlino e Tangentopoli avevano già sfibrato i soggetti portatori storici dei valori della Resistenza, si trattava di fare in modo che dalle ceneri di quella cultura non risorgesse più nessuna classe dirigente capace di difendere i lavoratori e la democrazia.
A questo serviva la retorica sui partiti apparato, casta, burocrati e autoreferenziali: ad impedire ai partiti di disporre di un gruppo dirigente eccellente sottraendo ad essi la responsabilità e la decisione nella scelta dei propri quadri, che ora sono affidate a ridicoli gazebo.
In modo da scegliere i nuovi tra i più gigioni e confermare i vecchi tra i più flessibili alle mode mediatiche, cioè i meno coerenti.
Solo così è diventato possibile l’impossibile: che un partito, erede della storia e dei valori di forze politiche che hanno profuso il sangue dei loro militanti per combattere il fascismo, ora mostri i muscoli contro i lavoratori e non contro “lor signori”.
La deriva autoritaria nella quale siamo affondati è perciò strettamente connessa all’inefficienza dei metodi di selezione dei dirigenti e amministratori politici, a sua volta derivante dalla dissoluzione dei partiti. La fine dei partiti non può che condurre ad una classe dirigente mediocre, dato che viene scelta in mezzo alla strada con i gazebo o per cooptazione degli yesmen. Essendo inetta è autoritaria. Cioè lo schema è: “Siccome non so governare la complessità dei problemi e quindi non so fare sintesi, allora si fa come dico io e fine delle trasmissioni”.
Qualcuno vuole la svolta autoritaria per assestare il colpo finale ai diritti dei lavoratori. Qualcun altro è complice per incompetenza.
19 settembre 2015