Studiare Gramsci è oggi importante da molteplici punti di vista, in primo luogo per dare reale fondamento alla costruzione di un partito comunista italiano in quanto, il problema che urge è l’approfondimento delle carenze “culturali” che sono all’origine sia delle diatribe tra gruppi o micro-gruppi che si dicono “comunisti” (magari rifacendosi alla sedicente “sinistra radicale”) e tra micro-correnti interne alle varie sigle più simulacri “esoterici” che reali partiti, quali R.C, PdCI e le tante altre rifacentesi a “comunisti”; sia di una prassi politico sociale divenuta sempre più subalterna ai poteri dominanti: incline all’apologia della “ e scissa da una “filosofia” critica delle nuove forme della contraddizione che continua inesorabilmente ad attraversare il capitalismo. Nel quale il capitale – per dirla con Marx – è esso stesso la contraddizione in processo, che oggi si manifesta al massimo della sua potenza sociale, ma una potenza sociale, estranea, indipendente, che si contrappone alla società come entità materiale e come potenza dei capitalisti, creando la contraddizione tra la sua potenza sociale e le condizioni della società e della produzione .
Produzione capitalista che racchiude in se la tendenza verso lo sviluppo assoluto sia della produzione, che del capitale e del profitto, indipendentemente dal valore e dal plusvalore e indipendentemente dalle condizioni sociali nella quali il capitalismo stesso funziona.
Ma nello stesso tempo avendo sempre come suo scopo la conservazione del valore-capitale esistente e la sua massima valorizzazione: attraverso, grazie e tramite lo Stato senza il quale non sarebbe possibile la valorizzazione del capitale privato che deve ottenere in gestione diretta (donde le privatizzazioni) una massa gigantesca di mezzi, e laddove non ci arriva o non gli basta li prende in prestito dagli stati che fanno la spesa al capitalismo – specie nei momenti di crisi da sovra produzione -, il che spiega perché TUTTI I PAESI CAPITALISTICI IMPORTANTI SONO IN DISAVANZO: il disavanzo è una forma di valorizzazione del capitale.
E’ più di tutti, il DISAVANZO AMERICANO e’ il maggiore del mondo (4-5 volte quello italiano), ma anche il disavanzo tedesco e francese e dell’Inghilterra sono più grandi di quello italiano – e di quello Greco.
Siamo “figli” della perdita della autonomia culturale e dell’egemonia che era il prodotto della teoria della prassi comunista che unificando teoricamente il proletariato e il movimento operaio e democratico ha realizzato per la prima volta in Italia, l’unità del proletariato e della “sinistra” (al di la della diversità delle sue forze organizzate), sulla base della gramsciana strategia costituzionale e di lotta per riforme strutturali e controllo sociale delle imprese e dell’insegnamento di Gramsci, che insieme alla dimensione politica del processo storico ha saputo cogliere l’importanza del momento ideologico, teorico e del ruolo dello Stato e della cultura: sia nelle forme di dominio del capitalismo ma anche come possibilità di opporsi ad esse armando la lotta pratica, social e di classe del proletariato con una sua propria autonomia culturale e unità teorica e l’affermazione della propria egemonia cultuale, come col PCI è stato sino alla metà degli anni 70.
Donde il PCI gramsciano , Partito di tipo nuovo e poi Partito nuovo, sociale e di massa e la teoria del partito e dello stato ancor oggi sconosciuta ai più specie in Italia e specie ai “sinistri” e agli ex -PCI.
Gramsci ha infatti analizzato come il dominio di una classe, oltre che il prodotto del suo potere economico o della coercizione, è più dovuto alla capacità di persuadere il dominato ad accettare il sistema di credenze della classe dominante e a condividerne i valori sociali, culturali e morali. Tanto che molti che appaiono o vorrebbero essere suoi oppositori, finiscono in realtà con l’esprimersi nell’ambito di valori, forme filosofiche e di linguaggio dei dominanti. Da qui la necessità di una riforma anche culturale e morale per realizzare la rivoluzione e la centralità dell’istruzione e della cultura. Gramsci ha colto l’importanza del momento ideologico, dello Stato e della cultura. Sviluppando la concezione “dell’egemonia”, con cui un sistema sociale ed economico, anche se in crisi, può conservare il consenso; e la classe operaia può stabilire la sua superiorità culturale e morale ed espandere la sua influenza senza stare al governo, come è avvenuto in Italia fino alla metà degli anni ’70.
Donde, dopo la soppressione del PCI e l’abbandono della teoria della prassi, l’imporsi del revanscismo teorico di una destra variegata ma comunque unita dalla diade destra/sinistra della borghesia di destra e di sinistra, che porta molti a dimenticare, a proposito di Syriza, alla quale – al di la della “simpatia” di chi ci “spera” – si deve guardare come espressione di una dicotomia interna, cioè senza dimenticare che l‘economia politica capitalistica ha molte variabili di politica economica, ossia comprende e origina non solo una ma molteplici e diverse politiche economiche che, comunque, restano all’interno della economia politica e della teoria pura dell’economia e dello stato liberale, nel caso in quella delle elite della borghesia sia degli Stati che dell’Europa e dell’Atlantismo.
Si che per una lotta vera, cioè sia teorica e che pratica contro il dominio e l’egemonia della borghesia capitalisitica serve recuperare gli strumenti della lotta di classe e le basi culturali per la lotta egemonica, per dare fondamento reale alla costruzione di un partito comunista italiano che si riallacci e rilanci le strategie di lotta del movimento operaio e democratico e dei comunisti italiani, per opporsi realmente – senza agire all’interno dlle categorie politiche e filosofiche del senso comune ideologico dell’avversario – a quel mutamento del regime socio politico-istituzionale che si sta consumando senza contrasti reali da parte di chi nel segno del centrosinistra e della sinistra ( politici, giuristi, giornalisti ecc.) si è da tempo inserito nella normalità del capitalismo nazionale e internazionale, magari guardando e persino imitando Syriza e Alexis Tsipras – come nelle ultime elezioni nazionali per l’Europa.
Come se essi non fossero l’espressione “greca” di una dicotomia interna alle forze che in virtù di un sistema presidenzialistico e antiproporzionale, segna il ritorno a rappresentanze non più anche sociali e di classe ma solo di “CETO POLITICO”.
Di un ceto politico che si divide solo per la gestione delle “spoglie del potere”, avendo preventivamente optato – per poter partecipare al sistema elettorale che tagliando fuori la base sociale della classe operaia, cela la rimessione del conflitto di classe dietro la cifra elettorale che segna il limite tra maggioranza e minoranza espressione, solo, di una dicotomia interna alla borghesia – per i valori del mercato, in sintonia con i potentati economico-finaziario ai quali ci si adegua anche quando li si critica o si contrasta con la loro politica: perché, ripetiamo, l’economia politica capitalistica, comprende e permette realizzare non una ma più ne molteplici politiche economiche , restando nell’abito e nel rispetto delle economia politica capitalistica, euro-atlantica e mondiale.
Angelo Ruggeri