Quella che segue è la lettera che il presidente dell’Anpi, Carlo Smuraglia, ha inviato all’Unità in risposta a quella di 70 senatori del Pd pubblicata dallo stesso giornale. La lettera di Smuraglia è stata pubblicata oggi sul quotidiano.
Cari Senatori,
ho letto la vostra lettera aperta e ne capisco le ragioni. Quando si approva più volte una legge, si finisce per affezionarsi. Per di più, siamo già in campagna referendaria e dunque bisogna fare un po’ di propaganda e cercare di mettere in difficoltà chi si colloca, in questo caso, dall’altro lato della barricata. Capisco anche l’esaltazione che fate della Riforma: a voi piace, l’avete votata e non avete ripensamenti. Come sapete, io la penso in un altro modo e, fortunatamente, non sono il solo.
Ma consentitemi però qualche osservazione: vi dichiarate tutti “iscritti e sostenitori dell’ANPI”; ma io non vi ho mai incontrato nel lungo cammino che abbiamo percorso su queste tematiche. Un cammino che è cominciato dal 29 marzo 2014 (Manifestazione al Teatro Eliseo – Roma), è continuato per due anni, giungendo ad un primo approdo, in Comitato nazionale, il 28 ottobre 2015, con una posizione già piuttosto evidente sulla legge di riforma e l’eventuale referendum ed è proseguito con la decisione del 21 gennaio 2016, adottata dal Comitato nazionale, di prendere posizione per il “NO”. Ma non basta: ci sono stati i Congressi delle Sezioni e dei Comitati provinciali e in tutti si è finito per discutere anche sul referendum, con libertà e ampiezza di idee; i documenti votati durante questi Congressi, sul tema specifico del referendum, parlano chiaro: 2501 favorevoli, 25 contrari e alcuni astenuti. Dunque, si è discusso, ci si è confrontati (circa 30.000 presenze nei vari Congressi), ma la linea adottata il 21 gennaio, ha raccolto ampi consensi. Mancava il traguardo finale, cioè il Congresso nazionale. Si è svolto dal 12 al 14 maggio, a Rimini, introdotto da una Relazione, ovviamente “schierata” sulla base delle decisioni adottate il 21 gennaio e confermate nei Congressi. Anche a Rimini si è discusso e chi ha voluto ha parlato, in un senso o nell’altro. Alla fine, come si fa in democrazia, si è votato: 347 voti a favore del Documento base e della Relazione introduttiva al Congresso nazionale, contro tre astensioni. Chiarissimo, mi pare. O no?
Anche nella Relazione generale, peraltro, avevo riconosciuto che erano emersi alcuni dissensi, minoritari. Ad essi ho attribuito piena cittadinanza, riconoscendo “non solo il diritto di pensarla diversamente, ma anche quello di non impegnarsi in una battaglia in cui non si crede”, aggiungendo, peraltro che non si poteva riconoscere il diritto a compiere atti contrari alle decisioni assunte, perché ci sono delle regole da rispettare, codificate nei nostri documenti fondamentali, secondo le quali gli iscritti devono rispettare lo Statuto, il Regolamento e le decisioni degli organismi dirigenti; e ovviamente (anche se non c’è una norma specifica ), non recar danno all’ANPI .Tutto qui. Questo gran parlare che si fa del dissenso e di un preteso autoritarismo non ha davvero fondamento e ragion d’essere. In democrazia la maggioranza ha il dovere di rispettare il pensiero di chi dissente, ma quest’ultimo, a sua volta, ha il dovere di rispettare il voto e le decisioni assunte dalla maggioranza. Altrimenti, sarebbe l’anarchia. E questo sarebbe davvero inconcepibile in un’Associazione come l’ANPI che è sempre stata pluralista, ma nella quale mai si sono posti dei problemi come quelli che oggi vengono prospettati, non solo dall’interno, ma addirittura dall’esterno, impartendoci autentiche “lezioni” (mi piacerebbe sapere se tutti quelli che si dicono iscritti all’ANPI, lo sono davvero, oppure lo affermano soltanto, naturalmente non per contestare il diritto di critica, ma per capire da quale parte essa proviene, visto che noi un grande dibattito interno lo abbiamo già avuto in questi mesi).
Voi dite che “molto potremmo discutere sull’opportunità e sulle modalità della scelta”. Discutete pure sull’opportunità, come appassionato esercizio dialettico, ma sulle modalità stento ad immaginare che cosa si sarebbe potuto e dovuto fare di più, per giungere ad una decisione, su cui si è formata una stragrande maggioranza.
Voi vi preoccupate che l’ANPI non diventi un partito; non c’è pericolo, ve lo assicuro perché siamo sempre stati gelosi della nostra identità e della nostra indipendenza. Schierarsi in difesa della Costituzione è un obbligo che ci deriva dallo Statuto in termini che spero voi ricordiate (“concorrere alla piena attuazione, nelle leggi e nel costume, della Costituzione italiana, in assoluta fedeltà allo spirito che ne ha dettato gli articoli”); e nessuno pensò che l’ANPI si trasformasse in partito quando scese in campo contro la “legge truffa”, nel 1953, o quando fece altrettanto contro il Governo di Tambroni, appoggiato dai fascisti, nel 1960. Sulla Costituzione è un dovere impegnarsi e battersi con ogni mezzo perché se ne conservino lo spirito ed i valori.
Ignorare tutto questo, significa conoscere poco l’ANPI e il suo modo di essere e cancellare il dibattito e il confronto di questi mesi che hanno condotto – democraticamente – alla presa di posizione che oggi si vorrebbe mettere in discussione.
Quanto poi al modo di affrontare la campagna referendaria, non siamo stati certo noi ( e non lo saremo mai) ad “alzare i toni”. Altri hanno provveduto a farlo, eccome.
Ho una vita alle spalle, cui nessuno dovrebbe mancare di rispetto: ma dal vostro giornale ho avuto, in pochi giorni, un attacco offensivo, una vignetta vergognosa ed ora un appello che non posso che considerare come rivolto a mettere in discussione un processo democratico che ha coinvolto tutta l’ANPI.
Mi spiace che vi siate scomodati per noi, vi ringrazio dei consigli, ma noi obbediremo alla linea consacrata in un democratico Congresso, procedendo diritti per la nostra strada e rispettando perfino chi non ci rispetta. Non accetteremo l’invito quasi perentorio a continuare, al nostro interno, la discussione, perché essa c’è già stata, nella sede competente, con il totale coinvolgimento dei nostri organismi e dei nostri iscritti. Forse sarebbe un esempio da seguire, per tutti, il metodo con cui ci siamo confrontati ed abbiamo preso le nostre decisioni.
In ogni caso, e per concludere: abbiate un po’ di fiducia in noi: abbiamo sempre fatto di tutto per mantenere l’unità dell’ANPI, e ci riusciremo anche questa volta.
Cordialmente,
Carlo Smuraglia
21 Maggio 2016