Non è autunno caldo globale. E non è una generica richiesta di partecipazione via hashtag, come tentano di far credere i media dell’ establishment neoliberal. E’ vero che i milioni di individui scesi in piazza in questi giorni sono sparsi in molti paesi, ma per capire cosa succede le assenze contano quanto le presenze.
Quasi tutta l’ Asia orientale – dalla Cina al Giappone, alla Corea, al Vietnam, all’ Indonesia e ad altri paesi – spicca per la sua assenza dalla mappa delle proteste. Queste sono esplose soprattutto nelle nazioni neoliberal dell’ America Latina – Cile, Perù, Ecuador, Argentina – e in quelle parti del Medioriente –Libano e Irak – governate da esecutivi di analogo colore: plutocrazie ristrettissime, che si prendono gioco, al di là delle apparenze, di democrazia e diritti umani.
Parliamo di una decina o meno di famiglie di super-ricchi che, in tutti i paesi citati e combutta con le multinazionali euroamericane, espropriano il resto della popolazione. Sfruttandone lavoro, territorio e risorse naturali (petrolio, rame, acqua, legno, paesaggio) e fornendo in cambio quasi nulla. I profitti della predazione finiscono all’ estero, nelle banche occidentali.
La sola HSBC ha curato la costituzione di 4.000 conti svizzeri alimentati dalla spoliazione dell’ Argentina.
Questo capitalismo di rapina ha operato per decenni sotto il manto della grande truffa dei mercati liberi e della democrazia liberale: entrambi esistenti, in realtà, solo se al servizio delle elites contro i diritti fondamentali delle popolazioni vittimizzate.
La truffa è stata in primo luogo informativa: il mito di una democrazia cilena post-Pinochet stabile, prospera e avanzata, a furia di essere ripetuto a mò di giaculatoria, è finito col diventare senso comune ed essere creduto, perlomeno all’ estero. Finchè non è stato sepolto dalla rabbia di milioni di cileni spossessati.
Stessa sorte sta subendo il mito simmetrico di un Venezuela autoritario, allo sfascio, impoverito da un governo sanguinario. Se fosse vero anche il 10% di questa menzogna, sarebbe il Venezuela oggi ad essere in fiamme, invece del Cile.
E come mai la Cina “comunista” o la Bolivia socialista di Morales non sono toccate dalle ribellioni popolari? Forse perché totalmente libere dal neoliberalismo?