Al Procuratore della Repubblica di Milano dott. Francesco Greco
Al Ministro della Giustizia dott. Alfonso Bonafede
Al Ministro della Istruzione dott. Marco Bussetti
Nostro figlio frequentava la classe seconda della scuola primaria San Paolino nel quartiere Barona di Milano. Purtroppo fin dall’ottobre del primo anno scolastico il bambino ha iniziato ad essere vittima di episodi di bullismo, prima più lievi poi sempre più pesanti e frequenti, ad opera nella gran maggioranza dei casi, soprattutto i più recenti, di un bambino suo compagno di classe . Di questo problema abbiamo da subito e puntualmente comunicato alle insegnanti prima e alla dirigente scolastica poi, ma ci siamo trovati davanti ad un muro di negazione degli accadimenti, in classe sgridavano il bambino responsabile ma poi davanti a noi genitori e a nostro figlio che in tali occasioni usciva da scuola piangendo, mostravano indifferenza al pianto del bambino e negavano che fosse successo alcunché e a volte addirittura che il bambino fosse uscito piangendo! Devo dire che a nostro figlio piaceva andare a scuola e usciva da scuola sempre allegro e sorridente tranne quando accadevano questi episodi di bullismo, occasioni in cui mostrava tutto il suo profondo disagio e descriveva con precisione quanto era accaduto raccontando esattamente cosa gli aveva fatto l’altro bambino, quando era accaduto, quale maestra era presente al momento del fatto e cosa avesse detto, questo sia davanti a noi che davanti alle maestre all’uscita, ma quest’ultime negavano sempre tutto. Dopo ripetuti incontri sempre chiesti da noi, con le maestre e la dirigente scolastica, che ha sempre sposato la posizione delle insegnanti senza avere mai parlato con nostro figlio, e dopo avere loro annunciato di rivolgerci alla stampa e alla autorità giudiziaria se la situazione non fosse cambiata, nella seconda parte dello scorso anno scolastico la situazione era migliorata grazie ad un radicale cambio nei loro atteggiamenti. In quella fase in cui avvenivano gli episodi di bullismo e di negazione delle insegnanti nostro figlio era giunto ad uno stato di paura nel frequentare la scuola, di trauma perché non si capacitava del motivo per cui quel bambino lo attaccasse e soprattutto perché poi le maestre davanti a noi e a lui negassero tutto, facendolo sentire così indifeso e inadatto. Purtroppo in questo secondo anno scolastico da ottobre la situazione si è ripresentata come nella prima parte dell’anno precedente, con gli episodi di bullismo da parte dello stesso bambino verso nostro figlio e soprattutto ancora con la negazione da parte delle insegnanti e della dirigente in maniera ancora più forte e arrogante, arrivando addirittura una maestra ad aggredire verbalmente mia moglie alla uscita dalla scuola, davanti a tutti, che chiedeva spiegazioni del pianto a dirotto del bambino! Malgrado i nostri ulteriori colloqui con le maestre e la dirigente, non hanno voluto mettere in atto quanto necessario per permettere a nostro figlio di frequentare serenamente la scuola . A questo punto nostro figlio è piombato in uno stato di trauma psicologico e di rifiuto rispetto alla scuola fatto di ansie, pianti, sguardo sempre triste con un drastico cambio della sua personalità, e l’atteggiamento di totale chiusura delle insegnanti e della dirigente non ci hanno lasciato altra scelta che rivolgerci alla autorità giudiziaria con un esposto alla Procura della Repubblica di Milano in data 8 novembre e ci ha visto costretti ad iscrivere il bambino in un altra scuola. Purtroppo però il trauma psicologico di nostro figlio era a quel punto così grave e profondo, essendo stato così duramente colpito al suo primo contatto con la istituzione scolastica, che identifica in quella scuola della Barona tutta la scuola italiana e vuole proseguire gli studi a Cuba ( mia moglie è di origine cubana e nostro figlio, nato a Milano, ha frequentato là alcuni mesi di scuola materna), e a dicembre siamo dovuti arrivare a questa dolorosa scelta davanti allo stato di sofferenza del nostro bambino, malgrado l’inizio di un percorso psicologico che però necessita di tempi lunghi. Pertanto per cercare di vedere tornare un po’ di serenità sul volto di nostro figlio, lui e mia moglie da dicembre si trovano a Cuba. Questo ha determinato nei fatti lo smembramento della famiglia dovendo io, il padre, restare in Italia per lavorare e provvedere al sostentamento della famiglia. In tutta questa vicenda da genitori ci siamo trovati soli ad affrontare questo problema che ci ha toccato profondamente riguardando nostro figlio che ora ha 7 anni, senza trovare sponde istituzionali che ci aiutassero e si ponessero in funzione della soluzione necessariamente rapida del problema, lasciando alla nostra volontà, caparbietà e alle nostre conoscenze di chi ci ha aiutato a titolo personale la gestione di tutta la situazione, soli davanti alla sofferenza del bambino. Purtroppo nostro figlio sta ancora vivendo il trauma per quanto avvenuto, pur se migliorato, ha dovuto perdere l’anno scolastico e non riesce ancora a ritrovare fiducia nella scuola italiana e nelle sue insegnanti. Purtroppo a distanza di più di sei mesi dalla presentazione dell’esposto alla Procura della Repubblica, dopo le deposizioni rese alla polizia da parte mia, di mia moglie e di nostro figlio e avere fornito tutte le evidenze del caso, ci viene ora comunicato dall’ufficio del PM che le indagini sono ancora in corso e non si sa quando finiranno, intanto noi siamo una famiglia distrutta e non posso neanche dire a mio figlio che giustizia sia stata fatta, cosa che rappresenterebbe per noi genitori ma soprattutto per lui l’assicurazione che le situazioni che ha vissuto in questa sua prima esperienza scolastica non si ripeteranno e che lo aiuterebbe a ritrovare la fiducia in questo paese sentendosi così difeso nei suoi diritti e ripagato di avere sempre detto la verità, come gli abbiamo insegnato, senza dovere mai piegare la testa.
Pertanto noi firmatari di questo appello chiediamo la rapida conclusione delle indagini per il procedimento penale in corso a carico della dirigente scolastica e delle insegnanti coinvolte affinché si possa quindi giungere ad una sentenza che renda giustizia alle sofferenze dei genitori e soprattutto del bambino.