I fenomeni sociali si rinnovano senza posa. Erano del Medioevo i villaggi di poche umili capanne, affollantesi intorno al castellaccio, appollaiato come falco, sul cocuzzolo della collina, donde il signorotto, padrone assoluto di vita e di morte, guardava la pianura, che egli a volta a volta trascorreva, mezzo bandito e mezzo guerriero, terrore dei villici e dei viandanti.
Multa renascentur [1]… Sorgono qua e là, nelle nazioni più sviluppate della civiltà capitalistica, i villaggi di casette operaie, strette intorno alla grande fabbrica, formidabile strumento di potere e di sfruttamento. Ve n’è uno alla borgata Leumann [2]… Anche nel nome il nuovo paesello porta il segno del padrone. Ve ne è uno a Villar Perosa [3]. In pochi anni sorge il grande stabilimento metallurgico, ed il minuscolo borgo si trasforma, si allarga; sorgono le ville per gli ingegneri, i direttori, gli impiegati; le abitazioni per gli operai, la chiesa, le scuole, l’asilo infantile; la cooperativa di consumo, il circolo di divertimento e tutto, tutto è proprietà, tutto è secondo la volontà, espressa od intuita, del cav. Agnelli [4], grande bandito dell’industria… Io ho per questi uomini una profonda ammirazione: sono i dominatori della nostra epoca, i re ben più forti, ben più utili dei re di altre epoche, ed anche di quelli della nostra; coloro che strappano le masse ignare, refrattarie, delle campagne, alla loro tranquilla, supina sonnolenza per gettarle nel crogiuolo incandescente della nostra civiltà. Ed è per ciò che non mi scandalizzo se costoro riescono a guadagnare dei milioni con uno sfruttamento [5], a confronto del quale il ladroneccio dei banditi di strada, dei fondatori cioè della nobiltà d’ogni paese, era cosa da ridere. Benissimo: Agnelli fonda degli stabilimenti, e necessariamente gli operai divengono socialisti… Giunta ad un certo punto, la borghesia sarà incapace di contenere le forze economiche da essa suscitate e… accadrà quello che deve accadere. Ma non voglio fare del marxismo né dell’hegelianismo. Qui è da annotare il piccolo episodio. Le casette operaie di Villar Perosa circondano una’ piccola piazza. Vi dovevano essere i soliti tirapiedi che non potevano lasciarsi sfuggire la buona occasione. Ed appiccano su per le cantonate: Piazza Agnelli. Ma un bel giorno arriva Agnelli, smonta dall’automobile, vede le lapidi, ordina che siano immediatamente tolte e fa scrivere: Piazza della Pace. Magnifico. I tirapiedi risero verde, ed Agnelli si fregò le mani soddisfatto di aver dimostrato che il suo neutralismo non piega; perché se lo Stato italiano paga bene i cannoni, i proiettili, gli automobili forniti, gli altri Stati, in guerra fra di loro, li avrebbero certo pagati ancora meglio.
Ma forse nell’animo del re tumultuò un piccolo sdegno contro la viltà ossequiosa dei leccazampe, e volle loro insegnare che si può, anche essendo direttori od impiegati, avere un po’ di dignità personale, o forse oscuramente sentì, il fabbricante di armi omicide, che vi è un’idea, di pace, di giustizia, di libertà, alla quale occorre pure inchinarsi e la quale tutti, anche contro volontà, lavoriamo. O forse volle solo beffarsi di tutto e di tutti… Chi sa? Comunque, Piazza della Pace è bello.
[1] Orazio, Ars poetica, 70.
[2] La borgata, ultimata nel 1911, era sorta per iniziativa di Napoleone Leumann attorno all’omonimo cotonifìcio.
[3] Nel comune di Villar Perosa, residenza della famiglia Agnelli, esisteva dal 1907 una officina meccanica per la costruzione di cuscinetti a sfere.
[4] Giovanni Agnelli (1866-1945), uno dei fondatori nel 1899 della Fabbrica italiana automobili Torino (Fiat) e dirigente dopo breve tempo dell’intera impresa.
[5] I sovraprofìtti di guerra della Fiat avevano dato luogo nel marzo 1916 a una campagna della «Stampa», ripresa e sviluppata dalle cronache torinesi dell’«Avanti!».
Antonio Gramsci «Avanti!», anno XX, n. 127, 8 maggio 1916