di Laura Naka Antonelli
E ora scoppia anche il caso Pil. Si parla infatti di “irrituali e controproducenti pressioni del Tesoro a pochi giorni da diffusione dei dati Istat” in un articolo de Il Fatto Quotidiano. D’altronde, qualche giorno fa, fonti del Mef avevano parlato di una possibile revisione al rialzo dei dati sulla crescita dell’economia italiana.
Oggi, dal fronte macro dell’Italia, i dati dell’ Istat sul Pil del secondo trimestre sono arrivati, come da calendario. Confermata la crescita zero nel secondo trimestre del 2016, mentre su base annua c’è stata di fatto una revisione al rialzo a +0,8%, rispetto al +0,7% della stima preliminare diffusa dall’Istat il 12 agosto scorso. La variazione acquisita per il 2016 è salita così a +0,7%.
In evidenza il commento di Fedele De Novellis, economista e direttore responsabile dell’istituto di analisi Ref Ricercheche, stando a Il Fatto Quotidiano, “non ha dubbi nel censurare l’intervento a gamba tesa del Tesoro. Che martedì ha “reso noto” informalmente alle agenzia di stampa di attendersi per il secondo trimestre dell’anno “una crescita economica di segno positivo, non una crescita zero”.
Di qui la critica di De Novellis:
“E’ davvero irrituale che il governo abbia fatto riferimento a una presunta revisione al rialzo del dato definitivo rispetto a quello preliminare. Si tratta di una pressione indebita su un istituto che dovrebbe essere indipendente. Ora, se venerdì uscirà un +0,1% molti potranno dire che l’Istat si è adeguato alle richieste di Renzi”.
Venerdì è arrivato, così come è arrivata la revisione del Pil. La crescita zero è stata appunto confermata, ma una revisione al rialzo c’è stata: è quella su base annua, dal +0,7% al +0,8%.
Continua De Novellis:
“E’ evidente che c’è molta agitazione per la revisione delle stime che delineeranno il contesto su cui si incardinerà la legge di Bilancio. Ma un intervento del genere è controproducente per tutti. Non vorrei trovarmi nei panni dei ricercatori Istat. Già siamo in una situazione particolare perché dal 2011, dopo la chiusura dell’Isae, il nostro istituto di statistica accanto ai dati ufficiali diffonde anche previsioni e analisi: è un caso direi unico al mondo (con l’eccezione della Francia dove questo ha suscitato molte polemiche), un pastrocchio su cui sarebbe utile una riflessione. Perché l’Istat di fatto si trova ad avvalorare o meno, ex ante, la bontà delle politiche del governo”.
L’economista infine avverte:
“Nel 2015 la domanda interna è stata sostenuta dal calo del prezzo del petrolio, che ha fatto aumentare il potere di acquisto e quindi i consumi. Quell’effetto una tantum, però, si sta esaurendo. Nel frattempo il rallentamento internazionale, complice la Brexite le tensioni in Turchia, contribuisce a indebolire l’export. In questo contesto, rispetto alle previsioni del governo che stimavano una crescita dell’1,2% quest’anno e dell’1,4% il prossimo rischiamo di ritrovarci con un punto in meno in due anni, pari a 16 miliardi di pil“.
2 settembre 2016