Sezioni comuniste Gramsci-Berlinguer
per la ricostruzione del P.C.I.
Carissime compagne e compagni
il 2 giugno 2018 abbiamo partecipato, come Sezioni comuniste Gramsci-Berlinguer per la ricostruzione del P.C.I., alla manifestazione contro le basi Usa-Nato in Italia e in Europa e contro le loro politiche guerrafondaie nel mondo, davanti alla base Usa di Camp Darby.
Questi i contenuti dello striscione double face portato dai compagni delle Sezioni Gramsci-Berlinguer a Camp Darby
Mentre eravamo impegnati nel denunciare questa oppressione Usa-Nato e inoltre si denunciava il loro ruolo come mandanti delle stragi avvenute in Italia in funzione anticomunista e contro la Costituzione antifascista nata dalla Resistenza, siamo stati aggrediti da tale L. G. strenuo difensore dei brigatisti che, insultandoci e spingendoci indietro con fare aggressivo, ci ha di fatto impedito di distribuire materiale informativo su un’iniziativa dell’Associazione Italia-Cuba, il Pisa Red Book Festival, e di continuare a manifestare.
Infatti L. G. ha fatto scattare, con una tempistica perfetta, la sua provocazione mentre era vicino a due agenti della Digos che si sono preoccupati non dell’atto violento dell’aggressore, ma di allontanare, nonostante la solidarietà espressa da molti manifestanti, i compagni della nostra Sezione e lo striscione che con molta evidenza elencava le stragi in cui sono implicati gli Usa e la Nato con la complicità dei massocapitalisti nazionali e gli apparati dello Stato.
Il L. G. non è nuovo ad azioni di provocazione nei nostri confronti e nei confronti di molti altri compagni. Questo suo atteggiamento estremistico è dovuto alla errata valutazione delle politiche del P.C.I. di Gramsci. Togliatti, Longo e Berlinguer che vengono considerate contigue all’imperialismo Usa/Nato; valutazioni che sono state volutamente veicolate dai media anticomunisti, sulla base di uno stralcio, travisato e decontestualizzato, di un’unica intervista e sono state fatte proprie da sprovveduti e provocatori di professione.
Per chiarezza: Enrico Berlinguer, dopo l’attentato subito in Bulgaria, allora paese “comunista” e che Breznev gli aveva impedito di parlare per i minuti concordati al Congresso del Pcus, prese atto della deriva dei paesi dell’Est e della restrittiva interpretazione degli accordi di Yalta. Ma forte della autonomia politica del suo partito organizzò il lavoro politico nelle forze di repressione dello Stato, che permise la nascita dei comitati per la democratizzazione dell’Esercito e del sindacato di Polizia. Una politica che modificava i rapporti di forza anche con la Nato, e in virtù di quei cambiamenti allora disse:
«Ché, se l’Italia facesse parte del Patto di Varsavia, e non della Nato, evidentemente non potremmo realizzare il socialismo così come lo pensiamo noi. Ciò non vuol dire che qui, sotto l’ombrello della Nato, nell’ambito del Patto Atlantico, ci si voglia far realizzare il socialismo».
Solo chi è in malafede, non conosce la storia o la storpia volutamente, o segue la politica solo dalle pagine dei media massocapitalisti può accusare Enrico Berlinguer di essere d’accordo con la Nato, diventando nei fatti un loro alleato politico.
Come comunisti noi riteniamo, che le contraddizioni in seno al popolo si debbano risolvere in modo dialettico e non certo militaresco; i fatti accaduti sono la dimostrazione che l’estremismo, come diceva Lenin, è una malattia infantile del comunismo ed è una delle cause principali della residualità odierna del movimento comunista organizzato.
Infine c’è da dire che la polizia il 2 giugno ha palesato l’arretramento dell’egemonia comunista nella società e di aver introiettato gli effetti negativi del golpe nel P.C.I. di Napolitano e soci, non ha svolto la sua funzione in linea con la nostra Costituzione antifascista, allontanando chi subiva violenza, i comunisti e non chi la praticava.
Con questa ennesima azione, il provocatore, ha dimostrato di essere lui sì un fedele servitore degli Usa e della Nato. Come quando hanno assassinato Aldo Moro e la sua scorta.
1 Comment
Ci è pervenuta il 13 giugno:
Caro compagno Domenico.
Leggo quanto accaduto il 2 giugno durante la marcia da San Piero a Grado all’ingresso di Via Vecchia Livornese di Camp Darby e sono indignato ma anche preoccupato.
Mi chiamo Franco Busoni e sono un’attivista della Rete Civica Livornese Contro la Nuova Normalità della Guerra.
La presenza di Camp Darby a Tombolo e l’attività della base tramite il porto di Livorno è “la ragione sociale” stessa della nostra Rete.
Siamo noi livornesi che abbiamo proposto, in un incontro al Circolo Arci di Pisanello, l’idea di una “marcia” da San Piero a Grado all’ingresso della base di Via Vecchia Livornese, invece del consueto “presidio”.
Il 2 giugno per noi è l’anniversario del primo presidio di protesta davanti a Camp Darby (2 giugno 2017) dopo la notizia sul progetto di potenziamento delle sue infrastrutture (ferrovia e canale dei Navicelli).
Guardando al nostro “fare” in una prospettiva di lunga durata, com’è necessario, quello del 2018 sarà solo il secondo di una serie inevitabilmente lunga di anniversari insieme ad altre molteplici iniziative, fino a quando la base non sarà chiusa e riconvertita.
Ovviamente è la Rete che si è assunto l’onere di promuovere la marcia del 2 giugno di quest’anno e di organizzarne la partecipazione da Livorno, così come fece l’anno scorso.
Va da sé che un coordinamento con Pisa, nel quadro che ti dicevo, è un obiettivo molto importante.
La preoccupazione che dicevo all’inizio sta nelle difficoltà che invece troviamo in questa ricerca di coordinamento con Pisa, che trovano conferma nell’episodio infame di provocazione di cui è stata fatta oggetto la sezione comunista Gramsci-Berlinguer di Pisa.
Già nel corso del lavoro di promozione della marcia avevamo avuto occasione di “scoprire” la “missione di provocazione” di L.G. (che non conoscevamo) e quel che più ci ha preoccupato era che questa “missione” di L.G. non trovasse a Pisa sufficiente “azione di contenimento e contrasto”.
Caro compagno.
Credo di poter esprimere a te e a tutte le compagne e i compagni della Sezione la piena solidarietà non solo mia personale, ma anche quella delle amiche e degli amici, delle compagne e dei compagni, che con il loro impegno tengono viva la Rete livornese.
Un abbraccio.
Franco Busoni.
https://www.facebook.com/Rete-Civica-Livornese-contro-la-Nuova-Normalità-della-Guerra-279033179134699/
P.S.
Va da sé che auspichiamo per il futuro una utile collaborazione.
Ci legge in copia il compagno Andrea Montella, che mi ha segnalato la provocazione e che ho avuto l’opportunità di incontrare qualche volta qui a Livorno, trovandone occasione di stima.