di Antonio Mazzeo
A differenza delle persone in cerca di un rifugio o un lavoro, la pista insanguinata del terrore valica da sempre con estrema facilità le frontiere. Una preziosa inchiesta di Antonio Mazzeo, pubblicata su Le Siciliane, ricostruisce il percorso che ha portato in Sicilia un ex tenente colonnello della dittatura argentina, responsabile del “personale” di custodia di uno dei centri di detenzione clandestini più orrendi di quel tempo. Un inferno dove il privilegio di stuprare prigioniere inermi veniva giocato a carte, quello in cui, tra gli altri, fu fatta scomparire Marie Anne Erize, ex modella poi diventata militante montonera nelle villas miserias della capitale argentina. Una storia sordida e feroce, che intreccia impunità e tortura, logge massoniche e servizi segreti, paramilitari, mafia e neofascisti, corruzione e disprezzo della dignità delle persone e delle istituzioni che dovrebbero tutelare il corso della giustizia. Fino a un villino con vista sulle Eolie in cui ammirare splendidi tramonti ricordando gli orrori del Plan Condor, l’internazionale dei regimi criminali latino-americani diretta da Washington, che ha pianificato il genocidio di un’intera generazione che non si poteva piegare senza sterminarla.
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Le sue colpe? Essere intelligente, sensibile, politicizzata, bellissima e credere in un mondo migliore nel posto e nel momento sbagliato. Marie Anne Erize aveva 24 anni in quel maledetto 1976 segnato dal sanguinoso golpe fascista in Argentina che aveva insediato ai vertici del paese la Junta del generale Jorge Rafael Videla ed un manipolo di militari con tanto di tessera della loggia massonica P2 del venerabile Licio Gelli. Adolescente aveva intrapreso con successo a Buenos Aires la professione di modella. Poi si era iscritta alla facoltà di antropologia e come tante sue coetanee di allora, chitarra in spalla, aveva percorso l’Europa in autostop e conosciuto e frequentato artisti, intellettuali, musicisti. Marie Anne fece pure un tour negli USA in compagnia del grande chitarrista andaluso Paco de Lucia. Come per tanti coetanei fu determinante il lungo viaggio in Sudamerica e l’impatto con le contraddizioni e le ingiustizie sociali ed economiche del Brasile e dei paesi andini.
Rientrata a Buenos Aires Marie Anne Erize decise di lasciare l’attività di modella per dedicarsi anima e corpo al volontariato nelle megavillas miserias della capitale argentina a fianco di Carlos Mugica, uno dei fondatori del gruppo Sacerdoti per il Terzo Mondo che sarà assassinato dal regime golpista. Nel 1973, l’anno dell’ascesa del generale Pinochet in Cile, la ragazza s’innamora di Daniel Rabanal, un giovane studente aderente al movimento peronista Montoneros. E’ la scoperta della militanza politica attiva e la condivisione di un’utopia di cambiamento e trasformazione della iniqua società argentina che sarà inesorabilmente spezzata dalla sadica repressione dei militari al soldo di transnazionali, CIA e neoliberismo. Dopo il golpe fu arrestato il fidanzato Daniel; la mattina del 15 ottobre 1976 a San Juan dove si era trasferita, Marie Anne fu sequestrata per strada da un gruppo di uomini per sparire per sempre nel nulla. Sono trascorsi 42 anni e nessuno ha voluto restituire ai genitori il corpo della ragazza. L’autorità giudiziaria ha accertato che dopo il sequestro fu condotta in un centro di detenzione clandestino per prigionieri politici all’interno di un complesso sportivo di San Juan (La Marquesita), gestito dal Reggimento di Fanteria di Montagna (22 RIM) dell’esercito. Lì la giovane sarebbe stata torturata, stuprata e assassinata. Sei giorni dopo la sua scomparsa, la polizia fece irruzione nell’abitazione dei genitori a Buenos Aires. Dopo aver sequestrato libri ed effetti personali della giovane, gli agenti si dileguavano “invitando” i genitori ad abbandonare il paese. “Inutile che la cercate, tanto vostra figlia è morta”, specificavano i poliziotti.
Da allora Marie Anne continua ad essere desaparecida come tante altre innumerevoli vittime innocenti della furia criminale di una classe politico-militare dirigente che ha goduto e gode ancora dell’assoluta impunità. Il 7 novembre 2011 i militari responsabili della morte di Marie Anne Erize sono stati condannati all’ergastolo dalla Corte federale di San Juan ma alcuni di essi sono scampati al carcere grazie alla provvidenziale fuga all’estero. L’estate precedente, dopo l’emissione di un mandato di cattura, aveva lasciato l’Argentina pure l’ex tenente colonnello Carlos Luis Malatto, uno degli ufficiali responsabili della presa del Palazzo del governo nel golpe del marzo 1976 nonché responsabile del personale del 22 RIM al tempo della scomparsa della giovane montonera.
Alla fine della dittatura, Malatto si era dimesso dalle forze armate e aveva avviato alcune attività commerciali a Mendoza. Grazie al possesso di un passaporto italiano (era figlio di genitori liguri), l’ex militare era fuggito in Cile e successivamente in Italia, evitando il processo in cui saranno condannati i suoi commilitoni a San Juan. Dopo essere stato ospite a L’Aquila della Confraternita della Misericordia e successivamente a Genova della Parrocchia di San Giacomo Apostolo, Carlos Juan Malatto aveva fatto perdere le proprie tracce. Nell’estate 2017 era in Sicilia: l’ex militare aveva trovato domicilio in un appartamento di via santa Chiara a Calascibetta (Enna). Individuato da un periodico spagnolo, Malatto lasciava il piccolo comune per trasferirsi in un residence di Portorosa-Furnari, proprio come avevano fatto negli anni passati alcuni dei maggiori boss Cosa nostra. I primi di giugno i giornalisti di Repubblica.it Emanuele Lauria e Giorgio Ruta lo hanno ripreso in un video al balcone di un villino in via S 1 a Portorosa. “Riposo, lettura, mare, qualche puntata fuori porta a bordo della sua Mercedes azzurra, Malatto medita di sposarsi con una donna argentina ed è andato in municipio per chiedere come avviare le pratiche”, riportano i giornalisti. La dolce vita di un latitante di lusso contro cui sono stati emessi – inutilmente – diversi ordini di cattura per omicidio plurimo aggravato, sequestro di persona a scopo di estorsione, violenza sessuale e associazione per delinquere.
In particolare, secondo la denuncia presentata dalla ONG 24 marzo ai magistrati che si occupano del processo Condor a Roma, oltre all’eccidio della ex modella, Juan Carlos Malatto è accusato della sparizione forzata di Jorge Alberto Bonil, un giovane militare di leva del 22 RIM che secondo alcuni testimoni avrebbe raccontato in una festa che Maria Anne Ezeze era “contesa” a carte tra gli ufficiali a capo del Reggimento di San Juan (Bonil risulta scomparso dal 28 febbraio 1977); dell’omicidio di Juan Carlos Cámpora, fratello dell’ex presidente della Repubblica Héctor José Cámpora e rettore dell’Universidad Nacional de San Juan (sequestrato il 25 febbraio 1977); della morte di José Alberto Carbajal, militante della gioventù peronista, sequestrato il 29 luglio 1977 e trovato morto in cella il 18 agosto successivo (il decesso fu fatto passare per suicidio grazie a una falsa perizia medica e l’istruttoria per “accertare” le cause fu avviata proprio da Malatto).
L’ex tenente colonnello deve rispondere inoltre di “illegittima privazione della libertà, pressioni illegali, vessazioni, ecc.” a danno di numerosi prigionieri politici, come ad esempio l’ex governatore di San Juan, José Luis Gioja; l’ex senatore nazionale Cesar Gioja; il giornalista Daniel Illanes; il magistrato José Abel Soria Vega. Nel settembre 2011 le autorità argentine presentarono all’Italia una richiesta di estradizione di Carlos Luis Maletto che fu respinta perché “non rispondente ai requisiti minimi prescritti dalla Convenzione vigente tra gli Stati, sottoscritta a Roma il 9 dicembre 1987”. Una seconda istanza fu presentata l’anno dopo e finalmente il 4 aprile 2013 la Corte di Appello de L’Aquila dichiarò “sussistenti” le condizioni per la concessione dell’estradizione qualificando come “crimini contro l’umanità, pertanto imprescrittibili”, i reati a lui ascritti. Inaspettatamente, con sentenza del 17 luglio 2014, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la decisione del Tribunale abruzzese, negando così nei fatti l’avvio del processo in Argentina contro Malatto. Solo grazie alla mobilitazione internazionale, nel novembre 2016 l’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando, in base all’articolo 8 del codice penale, ha firmato l’autorizzazione a processare l’ex militare in Italia, ma sino ad oggi il procedimento penale non ha preso il via.
A difendere Carlos Luis Malatto sono i legali Augusto Sinagra e Franco Sabatini, soci senior del noto studio Sinagra di Roma. Augusto Sinagra, originario di Catania ed ex ufficiale dell’Aeronautica militare, dopo aver ricoperto il ruolo di magistrato è stato nominato nel 1980 Consigliere giuridico presso il Ministero degli Affari Esteri. Successivamente è diventato docente di materie giuridiche nelle Università di Roma, Trieste, Genova, Chieti e Palermo. Il suo nome è finito nelle liste della loggia massonica P2 (tessera n. 946) e del venerabile Licio Gelli, lo stesso Sinagra è stato l’avvocato difensore. Più recentemente il legale ha ricoperto l’incarico di “rappresentante permanente in Italia della Repubblica Turca di Cipro del Nord” (il territorio cipriota illegalmente occupato dalla Turchia), ed ha rappresentato il governo di Ankara nella richiesta di estradizione dall’Italia del leader del Pkk Abdullah Ocalan.
Alle recenti elezioni politiche nazionali ed europee, l’avv. Augusto Sinagra è stato pure candidato per l’organizzazione neofascista CasaPound, caratterizzando la sua campagna elettorale soprattutto con interventi contro l’accoglienza di rifugiati e migranti in Italia. Secondo l’ex magistrato Carlo Palermo, già in forza alle Procure di Trento e Trapani per complesse inchieste su traffici di armi internazionali e la connection servizi segreti-mafia, l’avv. Augusto Sinagra avrebbe frequentato “in rappresentanza di Licio Gelli” il sedicente Centro studi Salvatore Scontrino di Trapani al cui interno si nascondevano numerose logge massoniche a cui sarebbero stati affiliati anche personaggi legati alla criminalità organizzata, ai servizi segreti e alla struttura paramilitare Gladio.
Al processo sulle attività del Centro studi, il responsabile Giovanni Grimaudo (ex prete, poi docente di filosofia) ha ammesso i suoi incontri con Sinagra. Quest’ultimo è noto pure per le sue campagne di revisionismo storico sulla resistenza antifascista jugoslava e le “foibe”. Sinagra rivendica di aver dato il via all’inchiesta romana sulle foibe del Pm Giuseppe Pititto, conclusasi con l’archiviazione. “Consulente” del legale che nell’occasione rappresentava i parenti di alcuni infoibati era il sedicente storico Marco Pirina (deceduto nel 2011), già presidente del FUAN di Roma e poi del Fronte Delta (un gruppo di estrema destra coinvolto nel tentato golpe di Julio Valerio Borghese), poi fondatore a Pordenone del Centro Studi Silentes Loquimur di palese matrice neofascista. Dello studio legale Sinagra di Roma risultano “soci associati” pure due docenti dell’Università Kore di Enna, gli avvocati Paolo Bargiacchi e Anna Lucia Valvo. Già Preside della Facoltà di Scienze economiche e giuridiche ed odierna titolare della cattedra di Diritto dell’Unione europea dell’Università Kore, l’avv. Anna Lucia Valvo è pure “docente aggiunto” nei corsi di aggiornamento della Scuola Interforze della Polizia di Stato, nonché “consulente” dell’Ambasciata della Repubblica di Turchia in Italia.
Nel suo curriculum accademico compare pure la pubblicazione di una “nota giuridica” a favore delle motivazioni della sentenza della Cassazione del 17 luglio 2014 ha nei fatti ha impedito l’estradizione in Argentina di Carlos Luis Malatto. Anna Lucia Valvo, rappresenta inoltre insieme ad Augusto Sinagra la Fondazione-Fondo Proserpina nel procedimento contro il MIUR sul mancato riconoscimento legale della sedicente “Facoltà di medicina di Enna” istituita dalla Fondazione insieme all’Università Dunarea de Jos di Galati, Romania. Amministratore della fondazione è l’ex senatore Pd Vladimiro Crisafulli che ha confermato di aver visto più volte Malatto ad Enna in compagnia dell’avvocato Sinagra. Proprio a seguito dell’inchiesta giudiziaria sull’università fantasma – secondo Il Fatto quotidiano – Sinagra e Crisafulli sono stati rinviati a giudizio per calunnia ai danni dell’ex procuratore di Enna, Calogero Ferrotti. Augusto Sinagra ha difeso altri militari golpisti argentini, fra cui il torturatore Jorge Antonio Olivera, anch’egli in forza al famigerato 22 RIM di San Juan (guidava il gruppo d’intelligence), condannato all’ergastolo nel luglio 2013 dal Tribunale criminale federale per più di 50 reati commessi negli anni della dittatura. La condivisione delle strategie criminali tra i due ufficiali era così stretta che i prigionieri politici li identificarono entrambi con lo stesso pseudonimo, Malavera, derivante dalla fusione dei cognomi di Carlos Luis Malatto e Jorge Antonio Olivera. Anche Olivera trovò rifugio in Italia dopo l’emissione del mandato di cattura dei giudici argentini (tra i reati contestati, l’omicidio di Marie Anne Erize: alcuni ex prigionieri del centro La Marquelita hanno testimoniato che Olivera si vantava pubblicamente del sequestro e della tortura della ragazza, definita un “bottino di guerra”).
Subito dopo l’arresto a Roma nell’agosto 2000, l’ex ufficiale fu scarcerato dai giudici a seguito della presentazione da parte dei legali di un certificato di morte di Marie Anne Erize rivelatosi poi del tutto falso.
Ottenuto il diniego all’estradizione in Argentina, Jorge Antonio Olivera si è dato alla libera professione di avvocato, difendendo processualmente il boia delle Fosse Ardeatine Erich Priebke; dopo la simbolica condanna a 15 anni (poi ridotti a 5), l’ex ufficiale nazista scontò parte della pena proprio in un appartamento romano di proprietà dell’argentino. Ad affiancare l’avvocato Sinagra nella difesa di Olivera c’era – sino alla sua morte avvenuta nel gennaio 2010 – pure l’avv. Marcantonio Bezicheri, già candidato a sindaco di Trieste e Bologna con l’organizzazione di estrema destra Msi-Fiamma Tricolore e difensore di numerosi imputati neofascisti indagati in processi per stragi: tra essi il più noto è Franco Freda, ma ci sono pure Marco Maria Maggi (assolto per la strage di Piazza Fontana a Milano), Massimiliano Fachini e Sergio Picciafuoco (assolti per la strage alla stazione di Bologna). Nei primi anni ‘80 l’avv. Bezicheri finì arrestato (e dopo due anni prosciolto), per l’accusa di concorso morale nell’omicidio di Mario Mannucci, il neofascista pisano che aveva contribuito alla cattura di Mario Tuti, già fondatore del Fronte Nazionale Rivoluzionario, pluriomicida e condannato in appello all’ergastolo per la strage dell’Italicus del 3 agosto 1974 (la sentenza è stata poi annullata dalla Cassazione, presidente Corrado Carnevale). Tra i clienti di peso difesi dal pluripregiudicato-torturatore Jorge Antonio Olivera spicca un nome che ci riporta al circolo massonico ed eversivo transnazionale patrocinato dal Venerabile Licio Gelli, quello del generale golpista Guillelmo Suarez Mason, denominato il “macellaio dell’Olimpo”, uno dei più infami centri di detenzione e tortura del regime fascista argentino.
Anch’egli iscritto alla P2 (tessera P2 n. 609), Mason è deceduto nel giugno 2005 nel carcere penale di Villa Devoto, Buenos Aires. Gli storici lo ricordano come uno dei militari più attivi nella conduzione del cosiddetto Plan Condor, l’operazione di “mutuo soccorso” e repressione globale di ogni forma di opposizione architettata da tutti i regimi dittatoriali latino-americane sotto la direzione degli Stati Uniti d’America. Oggi quel Condor dagli artigli insanguinati sembrerebbe intenzionato a nidificare in Sicilia, grazie alla protezione di neofascisti, massoni deviati, servizi segreti ed apparati vari dello Stato. E se vorrà continuare a restare sereno e impunito nel suo villino con vista sugli splendidi tramonti eoliani, il Condor dovrà scendere a patti – se non lo ha già fatto – con i boss della cosca mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, quella che mise a disposizione l’artificiere per la strage di Capaci e, subito dopo, gli interlocutori privilegiati della trattativa con lo Stato e finanche i rifugi per le latitanze istituzionali di Bernardo Provenzano, Benedetto Nitto Santapaola & C…
Inchiesta pubblicata in Le Siciliane – Casablanca, n. 59, maggio-giugno 2019