L’Unione europea insiste sullo Stato di diritto. Nuovo passo nella procedura d’infrazione sul regime. Il controllo del governo sulla magistratura. La destra fideista di Kaczynski
Polonia, nessun giudice ‘contro’
La Commissione europea ha compiuto il secondo passo nella procedura d’infrazione contro la Polonia, inviando un parere sullo ‘stato di diritto’, e più in particolare, sul nuovo regime disciplinare per i giudici polacchi. Varsavia ha avuto due mesi per rispondere agli argomenti presentati dalla Commissione nella sua lettera di messa in mora. Ma a seguito di un’analisi approfondita della risposta delle autorità polacche, la Commissione ha concluso che “la risposta non allevia le preoccupazioni giuridiche”. L’accusa resta quella di voler mettere sotto controllo dell’esecutivo il potere giudiziario, violando una delle basi cardine della Unione e delle democrazie occidentali già dalla fine del Settecento (la separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario).
La destra fideista di Kaczynski
Le autorità polacche ora hanno due mesi per conformarsi al parere motivato inviato oggi. Se Varsavia non adotterà le misure appropriate, la Commissione (ancora le vecchia Commissione in carica sino a fine ottobre) può decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Unione. Il 3 aprile 2019, Bruxelles aveva avviato questa procedura d’infrazione sostenendo che il nuovo regime disciplinare mina l’indipendenza giudiziaria dei giudici polacchi e non assicura le necessarie garanzie per proteggere i giudici dal controllo della politica. Tra le altre cose – si legge nella nota della Commissione Ue – “la legge polacca permette che i giudici ordinari siano sottoposti a indagini disciplinari, procedure e sanzioni sulla base del contenuto delle loro decisioni giudiziarie”.
Se la sentenza non mi piace…
Le nuove regole non garantiscono l’indipendenza e l’imparzialità della Camera disciplinare della Corte suprema, composta solo da giudici selezionati dal Consiglio nazionale per la magistratura, che è a sua volta nominato dal Parlamento polacco. Un passaggio solo formale di poteri di controllo che rinviano sempre al potere politico. Il Paese sta dimostrando come si possa instaurare un regime senza carri armati, né prigionieri politici, né censura. Secondo Amnesty international, attraverso la legge sull’informazione del 2015, il governo polacco si è assicurato “il controllo di tutti i mezzi di informazioni pubblici”. A ottobre del 2017, più di 234 giornalisti che lavoravano nelle trasmissioni pubbliche, inclusi leader dei sindacati, sono stati retrocessi, licenziati o costretti a dimettersi. Forti restrizioni, secondo Amnesty, sono state registrate anche riguardo al diritto di riunione pacifica, il funzionamento delle Ong, la libertà di stampa, i diritti sessuali e riproduttivi e il diritto all’alloggio.
19 Luglio 2019