Da un’idea di Pasolini
di Saverio Lodato
Se fossimo provocatori di professione, diremmo che in queste ore nelle segrete stanze del governo si sta studiando una legge per rendere legittimo il commissariamento del Comune di Roma per almeno un’altra ventina d’anni. Il terrore di un’eventuale valanga 5 stelle ha infatti sempre tirato brutti scherzi per la salute della democrazia. E questo ormai lo hanno capito tutti gli italiani.
Se fossimo provocatori di professione, diremmo che di votare i romani se lo scordano, come se lo sono scordati gli italiani che sono stati costretti a bere quella triplice cicuta che – a oggi – risponde ai nomi di Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi.
Il geniale barman che inventò la geniale ricetta rinforzata, si chiama, lo ricordiamo en passant, Giorgio Napolitano. E, guarda caso, il simbolo dei barman è rappresentato dalle tre scimmiette che stanno a significare: “non vedere il male; non sentire il male; non parlare del male”… Ogni riferimento al barman in questione è puramente casuale.
Se fossimo provocatori di professione, diremmo che il Comune di Roma fu beatificato per Cosa Nostra e mandato nel fuoco dell’Inferno per una manciata di scontrini.
Cascano le braccia, vengono meno le forze persino dell’indignazione, si è colti insomma dal deliquio, ad assistere all’infinito sequel del Gran Circo Italia. Ed è impresa ardua, non essendo provocatori di professione, acciuffare un qualsivoglia bandolo che consenta di capire verso quali lidi sta navigando l’Italia.
Qual è il bandolo?
Ignazio Marino, sindaco di Roma, che in un soprassalto di dabbenaggine, mentre trattori e parrocchiani e diplomatici asiatici lo smentiscono sulle sue cene, pensa di cavarsela dicendo che regalerà ai cittadini i soldi pubblici che gli erano scappati di mano?
Qual è il bandolo?
Il primo sindaco della storia di Roma che viene smentito dal primo Papa della storia di Roma che non lo ha mai invitato nel suo viaggio in America Latina?
Qual è il bandolo?
L’inchiesta su Roma, capitale dello Stato-Mafia, che ha scoperchiato gli affari di Pd-Centro sinistra-Centro destra, rivelando l’esistenza dei “mondi di sotto, di sopra e di mezzo”? E la cena nel ristorante romano che vede ritratti, ovviamente tutti a loro insaputa, il ministro Poletti, Buzzi, un rappresentante dei Casamonica, eccetera eccetera, insomma, quella cena chi la pagò di tasca propria fra tutti gli allegri commensali? Consiglio per i cittadini che intendono cenare fuori casa: prima fatevi una bella fondazione…
O il bandolo è forse rappresentato dalla parata funeraria in onore di Vittorio Casamonica, “re di Roma”, con i sei cavalli neri, elicottero e petali di rose rosse? O è rappresentato dal fatto che tutte le autorità preposte al controllo dell’ordine pubblico, prefetto Franco Gabbrielli in testa, caddero dalle nuvole solo quando le note del “Padrino” inondarono i Tg della sera?
Potremmo dire che questa telenovela romana, ormai, è un susseguirsi di bandoli che sfuggono di mano non portando da nessuna parte.
E mentre la barca di Marino va, va anche l’inchiesta della Procura di Firenze che mette nel mirino per favoreggiamento mafioso, il signor Fabrizio Palenzona, numero 2 di Unicredit, sospettato d’aver finanziariamente favorito l’imprenditore trapanese Andrea Bulgarella, a sua volta, secondo le accuse, uomo ombra di Matteo Messina Denaro, il killeraccio super latitante a capo di Cosa Nostra che sembra essersi volatilizzato.
Questa volta però il bandolo cinico e baro ha voluto che il Palenzona sia il numero 1 della società aeroporti di Roma.
Talché, per deduzione facile facile, se le accuse fossero provate, e se noi fossimo provocatori di professione, si potrebbe concludere che la città di Roma è in mano alla mafia (tranne, per carità, il sindaco di prima, Gianni Alemanno, che l’imputazione per mafia se la scansa); Fiumicino é in mano alla mafia; il suo lungomare è in mano alla mafia, visto che il municipio di Ostia per mafia è stato sciolto, non certo per una manciata di scontrini.
Prevediamo l’obiezione Pd: stanno arrivando i “nostri”, guidati da Matteo Orfini. Ma anche l’Orfini fosse un Titano, un Titano da solo, potrebbe mai farcela?
Volete un’altra manciata di “bandoli” con i quali sbizzarrirvi?
Così, a casaccio: Denis Verdini, quattro volte rinviato a giudizio, che smista il traffico del”mercato delle vacche” in Senato, indirizzando i buoi di turno verso i dannunziani tratturi della transumanza che portano ai verdi pascoli del premier Renzi e della bella addormentata dei boschi?
O il presidente del Senato, Piero Grasso, hombre vertical, a beneficio di telecamere assetate di possibile suspense istituzionale, all’insegna del “non mi spezzo e non mi piego”, “decido io”, “non sciolgo la riserva”, “non sarò il boia della Costituzione”, che poi si ritrova costretto a zittire un senatore perché lo ha paragonato all’arbitro Moreno?
O la felice e sorridente minoranza Dem, che dopo aver minacciato il milionesimo sfracello, si ritrova anch’essa incolonnata nella transumanza verso i verdi pascoli di Renzi e della bella addormentata dei boschi?
Per grazia di Dio, non siamo provocatori di professione.
Perché se lo fossimo, diremmo che lo Stato italiano posa su solide fondamenta mafiose.
O non è forse un bandolo che ci aiuta a capire, la sorte che viene riservata, nel totale disinteresse delle forze politiche e istituzionali, a Nino Di Matteo, che l’altro giorno è stato bocciato per l’ennesima volta dal Consiglio Superiore della magistratura nella sua richiesta di cambiamento di incarico?
“Minchia signor tenente”, cantava l’indimenticabile Giorgio Faletti.
“Minchia signor tenente”, aggiungiamo noi, quanto non piace ai Poteri Romani e a Giuliano Ferrara e alla Gran Cassa dei Media, il processo sulla Trattativa Stato-Mafia, in corso a Palermo, dove Di Matteo rappresenta la pubblica accusa.
E con quanto sta accadendo in Sicilia, in materia di beni sequestrati ai mafiosi, come la mettiamo? Finirà tutto con qualche trasferimento ad altra sede di magistrati che dovessero risultare corrotti?
Ma oggi ci asterremo dal parlare di Rosario Crocetta, il governatore siciliano che il Pd nazionale sfiducia ogni giorno a beneficio di telecamere assetate di suspense istituzionale, salvo poi dare l’ordine al Pd siciliano di tenerlo politicamente in vita, vita natural durante. Sempre per il terrore – si capisce – dell’eventuale valanga 5 stelle di cui sopra.
Ci torna alla mente, e sono passati quasi cinquant’ anni, un film di Pasolini, “Porcile”, che si chiudeva con la sequenza di un uomo divorato dai maiali.
Un impagabile Ugo Tognazzi, di fronte a quello scempio, si rivolgeva a un testimone e gli chiedeva più o meno così: “ma non è rimasto niente del corpo? Proprio niente? Neanche un pezzetto della giacca?… Neanche un bottone?…”.
E l’altro, che se la memoria non ci inganna era Ninetto Davoli, rispondeva: “no, no… i maiali se lo sono mangiato proprio tutto…”.
“Porcile Italia” diremmo, se fossimo provocatori di professione.
Chè l’Italia se la sono mangiata davvero tutta.
09 Ottobre 2015