di Riccardo Lo Verso
I telefoni erano caldissimi. I pm di Palermo e i carabinieri del Ros spiavano le conversazioni
PALERMO – Gli animali dell’azienda agricola di Giacomo Casa, arrestato con l’accusa di fare parte della famiglia mafiosa di Licata, erano affetti da scabbia e brucellosi. Al termine di un controllo veterinario fu stabilito che gli animali andavano abbattuti. Ciò comportava un danno economico e il rischio di nuovi guai. Per evitarli Casa si sarebbe attivato con “l’amico di Palermo” e cioè Lucio Lutri, funzionario regionale ed ex maestro venerabile della loggia “Pensiero e azione”, arrestato nello stesso blitz con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Si sarebbe attivato, in questa come in altre vicende, per favorire i mafiosi. È nel suo circuito di amicizie che Lutri avrebbe cercato e trovato, secondo gli investigatori, il modo per evitare che emergessero i problemi igienico-sanitari dell’azienda di Casa.
“Il suo intervento avrebbe centrato l’obiettivo visto che al momento – scrivono gli investigatori – non risultano nuove segnalazioni per l’intervento dei carabinieri del Nas”. Non solo: Casa ha denunciato lo smarrimento e il furto di una trentina di capi di bestiame che probabilmente sono stati dirottati nel mercato nero della macellazione.
I telefoni erano caldissimi. I pubblici ministeri di Palermo e i carabinieri del Ros spiavano le conversazioni. Tra i primi contatti registrati nel 2016 ci sono quelli fra Casa e Calogero Montante, medico in servizio al Dipartimento di prevenzione veterinario del distretto di Licata. È a lui che Casa si rivolse per sistemare eventuali irregolarità prima del prelievo di sangue a cui dovevano essere sottoposti gli animali dell’ovile di contrada Safarello di Licata: “Ginù… io ti sto avvisando di una cosa… se sali in ufficio… vediamo come sei situato… per vedere se devi mettere marche se non devi mettere marche perché prima del prelievo tu devi comunicare tutte cose”.
Casa prendeva tempo e Montante lo avvertiva che presto non avrebbe più potuto aiutarlo: “… io… per vedere di risolvere qualche cosa perché poi tu lo sai… se veniamo e poi troviamo cosa… ti dobbiamo fare il verbale”.
In realtà Casa sapeva che “tocca il 10 di ottobre io le carte le ho…”. Qualcuno lo aveva informato sulla data dei controlli. In effetti nel mese di ottobre, non il 10 ma il 5, Casa avvertiva Lutri: “Tocca a me domani…”. In azienda si presentarono i veterinari Calogero Montante e Diego Luca Pennisi. Quale situazione era emersa dai controlli? “… c’è qualche sbaglio qualche cosa comunque la possiamo rettificare ancora un poco”, diceva Casa e Lutri che lo rasserenava: “… non ti preoccupare… stai tranquillo”.
I successivi avvenimenti vengono messi in sequenza dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento Alessandra Vella che nei giorni scorsi ha convalidato il fermo disposto dalla Dda di Palermo.
L’11 ottobre Lutri rassicurava il mafioso che la questione sarebbe stata affrontata non più dai veterinari agrigentini, ma da quelli palermitani. I campioni ematici degli animali “arriveranno lunedì… o martedì… ma insomma se non… se noi non gli stringiamo gli zebedei… come si suol dire… perdiamo tempo… quindi… non ti preoccupare… tranquillo… va bene?”.
Il 13 ottobre Casa informava Lutri di essere stato nell’ufficio dai veterinari sia per avere notizie delle analisi, che al momento non erano arrivati, che per sistemare una vecchia denuncia (riferita ad uno smarrimento di animali). Puntualizzava che i veterinari si stavano comportando in modo “molto gentile… molto gentile… omissis… gentilissimo … gentilissimo… omissis tutto a posto… a posto… a postissimo”. Casa era “contentissimo… perché si è comportato troppo buono… troppo buono si è comportato”. “… e lui lo sa quello che deve fare… tu non ti devi preoccupare…”, diceva il funzionario regionale riferendosi a un veterinario.
Il 21 ottobre Casa spiegava a Lutri che Paolo Mulè, medico del Dipartimento di prevenzione veterinario – servizio sanità animale – unità funzionale nel territorio dei Comuni di Licata e Palma di Montechiaro, gli aveva consigliato di abbattere i capi malati. E Lutri rispondeva ancora una volta mostrandosi sicuro “perché lui vedi che ha le orecchie tirate per ora…”.
Il 25 ottobre Lutri spiegava a Casa che, non appena avesse incontrato il veterinario, “gli porterai i saluti del dottore Di Bella… appena ti dici come lo conosci…dici…amici comuni…”. I carabinieri del Ros ritengono si tratti di “Nello Di Bella, direttore dell’Area sorveglianza epidemiologica dell’Istituto zooprofilattico di Palermo, anch’egli massone”. Spendendo il nome di Di Bella, Lutri ne era certo, Casa avrebbe ottenuto una deroga di qualche giorno all’abbattimento degli animali infetti: “… gli porti i saluti di Nello del dottore Di Bella va bene?… e tranquillo che lui ti fa fare pure un altro po’ di giorni ti da… non ti preoccupare”.
In effetti, ascoltando le parole di Casa, l’intervento sarebbe servito: “… gli devo dire grazie per questi due giorni qua che mi ha dato dai…e gli ho salutato a quell’amico nostro pure… se lo vedi mi ha detto.. ricambia mi ha detto … se lo vedi ricambia… va bene dico… se ci sarà l’occasione poi si vede dico”. “… lui (il riferimento sarebbe a Mulè, ndr) – diceva Lutri – l’importante è che sta all’ordine… senza discussione”.
Il 27 novembre ci fu un incontro in un distributore di carburanti fra Casa, Giovanni Mignos (pure in manette per mafia, ndr) e Lutri. Intercettando il telefono di Lutri fu captata una sua conversazione con Antonio Pinto Ravì, “segnalato dal Ros come massone e dipendente dell’Azienda sanitaria provinciale di Messina”. Con Ravì Lutri protestava per il comportamento di Mulè: “… è un rompicoglioni dobbiamo… sta rompendo i cazzi ad una serie di aziende alle quali non… deve farci niente. Che dobbiamo fare?…”. In particolare Mulè si stava comportando male con un allevatore “a me molto vicino, un mio carissimo amico… rompe i cazzi perché fa controlli… chiude, cioè fino ad ora sono stati tutti… cazzo e culo… amici, fratelli eccetera eccetera, ora non lo so che gli è venuto in testa… ora siccome uno la testa non gliela vuole schiacciare per dirti la verità quindi, quanto meno noi non pretendiamo niente ma un minimo di educazione e di rispetto…”.
Secondo Lutri, solo Salvatore Maria Cuffaro, direttore del Servizio sanità animale dell’Asp di Agrigento, avrebbe potuto “tirare le orecchie” a Mulè. Ravì suggeriva un’altra strada: si poteva chiamare Pietro Schembri, “pure lui massone, che avrebbe potuto fare intervenire Totò Ciccarello”, del Dipartimento di prevenzione veterinario, responsabile dei territori di Bivona, Santo Stefano Quisquina, Alessandria della Rocca, Cianciana e San Biagio Platani: “…è uno che sa il fatto suo… molto pratico e conosce la zona e ci sa dire qualche cosa in più…basta che lui si muove…muove un dito lui subito…lui conosce sicuro Paolo, si chiama Paolo Mulè”.
“Il buon esito dell’intervento sollecitato da Lutri sul veterinario Mulè – scrive il Gip – trovava chiara conferma nei colloqui intercettati nei giorni seguenti”. Il 28 dicembre Casa riferiva a Lutri di essersi visto il giorno prima con Mulè: “… tutto a posto…a posto…pure il caffè ci siamo andati a prendere…”, ed informava il maestro venerabile che Mulè lo aveva avvertito che il venerdì successivo avrebbero dovuto fare dei prelievi ematici agli animali: “… mi ha detto…venerdì mi tocca tirare il sangue…”. Il 16 gennaio 2017 era Mulè a chiamare Casa: “… devi andare a fare la denuncia di smarrimento … fai la denuncia di smarrimento…”. Fare sparire il bestiame malato: ecco la strategia da mettere in pratica.
10 Agosto 2019