by DameVerte on lug 11, 2014
Oggi, 11 luglio 2014, ho ascoltato una trasmissione di Radio 1, “La Radio ne parla”, riguardante la prostituzione e la tratta. Il programma voleva provare a snocciolare i possibili “pro” e “contro” date le continue proposte di legalizzazione della prostituzione (per favorire il pagamento delle tasse da parte delle prostitute allo Stato italiano) e di riapertura delle Case Chiuse.
Sono intervenuti telefonicamente la dott.ssa Nunzia Alessandra Schilirò (squadra mobile di Roma – Polizia di Stato), Maria Pia Covre (Comitato Diritti Civili Persone Prostitute), Alessia De Paulis (Delegata Pari Opportunità Anci), tre radioascoltatori (uomini) e una radioascoltatrice.
La conduttrice Ilaria Sotis, pur cercando di dare una parvenza di obiettività sull’argomento “legalizzazione della prostituzione” e di equilibrio tra i pareri, ha, secondo me, creato un grosso sbilanciamento della trasmissione Rai a favore della legalizzazione.
Pur rimarcando molto la questione della tratta, si è parlato altrettanto della prostituzione consensuale, nonostante i dati (più volte citati anche in trasmissione) parlino piuttosto chiaramente della presenza di una sparuta percentuale di prostitute “per scelta”. E anche qui, non è stata analizzata la motivazione che possa spingere una donna a scegliere di prostituirsi: dalla vita sotto la soglia di povertà alla disoccupazione, dalla società che propone incessantemente il corpo delle donne come “mezzo” per ottenere successo all’eccessiva importanza data al denaro, che oggi pare poter comprare tutto e tutti e sia in cima ad ogni cosa, anche al di sopra della propria salute.
L’unico intervento “fuori dal coro” è stato quello della dott.ssa Schilirò, che ha ben evidenziato come la prostituzione e il suo sfruttamento siano da considerarsi le più “antiche forme di sfruttamento delle donne” (n.b. non ha parlato di “più antico mestiere del mondo”, come erroneamente fanno in molti e molte, che, già denotandola come “lavoro” la legalizzano culturalmente e socialmente). La dott.ssa ha sottolineato come il dare l’esempio adulto di prostituzione e sua accettazione porti inevitabilmente ad un aumento dello sfruttamento della prostituzione minorile, in quanto la prestazione sessuale viene vista come “merce di scambio” dal minore stesso che, in cambio di denaro e regali di vario genere, offre prestazioni sessuali all’adulto che gliele chiede e che riesce, in questo modo, a sfruttare il minore sessualmente.
La dott.ssa Schilirò ha, giustamente, sottolineato l’importanza e il ruolo centrale della società e il modello che noi adulti diamo, in tutto questo.
Raccapriccianti i commenti dei radioascoltatori che, tutti palesemente favorevoli alla legalizzazione della prostituzione, si sono dilungati in considerazioni personali su quanto l’uomo abbia “bisogno” di sfogare i propri istinti sessuali e perciò di come, in caso di situazione di vita particolare per lui (ad esempio una moglie malata, il figlio disabile, o qualsiasi altro tipo di disgrazia), la donna prostituta debba svolgere, in questo caso, quasi un servizio di assistenza alla persona. Le uniche cose che paiono preoccupare gli ascoltatori intervenuti sono il degrado ambientale che potrebbe crearsi nel quartiere e nella zona nel caso di apertura delle case chiuse, degli abiti succinti con cui le ragazze che si prostituiscono vanno in giro per strada e delle tasse mancate che le prostitute potrebbero pagare, a quanto pare, risanando il debito pubblico e dando ai “poveri pensionati” delle chance di pensioni più alte.
Nessun interesse verso le prostitute come persone sfruttate, che devono subire costanti umiliazioni sia da chi le sfrutta come “padrone”, sia da chi ne compra i “servizi” come cliente.
Maria Pia Covre, del Comitato Diritti Civili delle Persone Prostitute, si dice contraria alla riapertura delle case chiuse, ma favorevole alla legalizzazione della prostituzione, incitando l’idea di uno zoning come quello di Mestre, a lungo decantato anche dalla delegata Pari Opportunità dell’Anci Alessia De Paulis.
Lo zoning è un concentramento della prostituzione in alcune zone della città (una specie di area di zone a “luci rosse”) per cercare di allontanare la prostituzione dai centri abitati e “limitarla” alle zone più isolate. Una specie di “lontano dagli occhi lontano dal cuore”.
Quando si parla di “zoning” si sente parlare di “unità di strada, strutture di accoglienza, programmi di informazione e prevenzione sanitaria a contatto diretto con i servizi della Regione, come l’opportunità di eseguire dei controlli medici in modo gratuito e volontario, accedendo a screening e cure specifiche” per le prostitute, senza pensare che si tratta di servizi che dovrebbero essere già attivi, garantiti , pubblici e gratuiti per ogni cittadino e cittadina.
Più volte, durante questa trasmissione radiofonica, ho sentito definire chi è contrario alla legalizzazione della prostituzione come “bigotto/a” e “moralista” in quanto criminalizzerebbe le prostitute per il “lavoro che svolgono” (sempre parlando di “prostituzione scelta”), così come più volte ho letto in molti articoli come le sex workers (oggi vengono chiamate così anche in Italia quelle donne che decidono, di loro spontanea volontà, di prostituirsi): onestamente credo sia sbagliato tacciare tutti e tutte di “moralismo”. C’è anche chi considera la legalizzazione della prostituzione e la riapertura delle case chiuse come un crimine nei confronti dei diritti delle donne, un “tornare indietro” sull’emancipazione e sul tentativo di non essere viste come meri oggetti sessuali, ma come persone pensanti e libere di poter scegliere, con tutti i crismi, di dire “no”.
Mesi fa Amnesty International proponeva un documento (qui) di depenalizzazione di tutti gli aspetti della prostituzione, soprattutto in quanto “il desiderio e l’attività sessuale sono bisogni umani fondamentali. Criminalizzare coloro che non sono in grado o per qualche motivo sono impossibilitati a soddisfare tale esigenza attraverso i mezzi tradizionali e per questo acquistano sesso, può per questa ragione rappresentare una violazione del diritto alla privacy e minare il diritto alla libera espressione e alla salute”, descrivendo la prostituzione quasi come se si trattasse di un servizio sociale da elargire a chi è “meno fortunato”.
Vorrei, perciò, citare la lettera aperta scritta ad Amnesty International da una ex prostituta, Simone Andrea, (la si trova a questo link), che spiega, molto chiaramente: “L’utilizzo del termine “lavoro sessuale”: fare “sesso” (se non parliamo di stupro) implica un coinvolgimento consensuale in attività sessuali. Il lavoro è definito come l’impegno a svolgere una attività per la quale si viene pagati (l’alternativa è la schiavitù). Se entrambe le parti hanno il desiderio di fare sesso, allora non c’è nessun bisogno di pagare. Quindi l’utilizzo del termine “lavoro sessuale” è un ossimoro e pagare per fare sesso serve proprio ad eludere il consenso.
Potrei aggiungere che il termine “lavoro sessuale” viene utilizzato per mascherare la natura della prostituzione stessa, che è il commercio di una classe di persone con l’obiettivo di ricavarne un guadagno.”
Superando il discorso per cui “comprare sesso” indicherebbe chiaramente una non considerazione del consenso della prostituta, Simone Andrea, nella suddetta lettera, spiega anche come, le tanto decantate dai radioascoltatori “case chiuse” (o bordelli) legalizzate negli altri paesi, non siano ambienti così “sicuri” per chi ci lavora: “[…] è dimostrato le donne soffrono allo stesso modo e a volte anche di più rispetto a quelle che “lavorano” in ambienti non organizzati, perché devono sottostare alle condizioni imposte dai loro “protettori legali”. In un’economia di mercato i proprietari di bordelli aumentano i prezzi sulla base della violenza degli atti richiesti dai clienti, costringendo così le donne a compiere atti sempre più dannosi. E’ intuitivo che le cose non possono che andare così in un sistema capitalistico.[…]”.
Vorrei far notare che legalizzare la prostituzione e riaprire le Case Chiuse si troverebbe in contrasto con diverse enunciazioni dell’ONU, tra le quali la Convenzione del 1949 per la soppressione del traffico di esseri umani ai fini dello sfruttamento sessuale, che sostiene che la prostituzione è “incompatibile con la dignità e il valore dell’essere umano”; con la Convenzione del 1979 sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione delle donne (CEDAW), che nell’articolo 6 enuncia una posizione analoga; con il Protocollo delle Nazioni Unite del 2.000 per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, che esprime la medesima prospettiva su prostituzione e traffico, quando si verifica in determinate circostanze.
Parlo di “sfruttamento sessuale” perché, anche nel caso in cui una donna decidesse di prostituirsi autonomamente, senza dipendere da un “padrone”, sarebbe comunque sfruttata sessualmente dal cliente che le chiede rapporti sessuali tramite una transazione di denaro. La donna, dopo il pagamento, si troverebbe, quindi, quasi impossibilitata a rifiutare il rapporto sessuale, se diventato non desiderato, e il cliente si sentirebbe autorizzato a pretenderlo “nonostante tutto” in quanto ha “pagato per averlo”.
Credo che il rispetto delle donne debba venire prima di tutto il resto.
Perciò non è per essere bigotte o moraliste che ci si dichiara contrarie alla legalizzazione della prostituzione e delle Case Chiuse, né tantomeno per paura della sessualità o del corpo nudo, anzi…
E’ esattamente l’opposto. Vorremmo un sistema come quello nordico, che criminalizzi i venditori e gli acquirenti di persone che si prostituiscono e non le persone prostitute, e una piena applicazione della Legge Merlin, che dimostra il chiaro intento di riconoscere i diritti delle donne come inviolabili e le donne stesse come persone e perciò non sfruttabili, perché si vorrebbe una considerazione delle donne non solo come corpi, non solo come oggetti sessuali sfruttabili a piacimento da un uomo pagante.
Finchè ci sarà domanda da parte degli uomini, ci sarà l’offerta da parte di uno sfruttatore, ma anche di donne autonome in condizioni disperate. Finchè non sarà condannato a pieno regime il Patriarcato e l’uomo che chiede ad una donna di prostituirsi e di elargirgli prestazioni sessuali in cambio di denaro, continuerà ad esistere la prostituzione.
Finchè i ragazzi e gli uomini non saranno educati che i propri istinti sessuali non sono “incontrollabili”, come affermavano, invece, i radioascoltatori della trasmissione Rai “La Radio ne parla” e non ci saranno condanne chiare contro giustificazioni di questo genere (anche poco lusinghiere nei confronti degli uomini che, sono sicura, non saranno tutti così) e sarà insegnato loro che è contro la dignità di una persona e della persona stessa doverla pagare per una prestazione sessuale, la prostituzione e lo sfruttamento delle donne e dei minori continueranno ad esserci.