“Stupido chi legge” era una frase irriverente che si scorgeva sui muri di molti edifici italiani negli anni ’60/70 ma che, stranamente, aveva una sua logica se fosse stata leggermente modificata e sostituita la parola legge con scrive. Infatti, dopo aver visto il levarsi di scudi in favore e a suo sostegno del condannato, Marcello Dell’Utri, c’è da rimanere basiti. Basiti per tutti coloro i quali chiedono clemenza a quel condannato, fingendo, addirittura, di non capire cosa sia il reato a lui ascritto: concorso esterno in associazione mafiosa.
Esaustiva la spiegazione nella sentenza della Corte Costituzionale del 26 marzo 2015, n. 48 in cui recita che la “differenza principale tra l’associato in associazione mafiosa ed il concorrente esterno risiede, come oramai pacifico in giurisprudenza, nel fatto che il secondo, sotto il profilo oggettivo, non è inserito nella struttura criminale, pur offrendo un apporto causalmente rilevante alla sua conservazione o al suo rafforzamento, e, sotto il profilo soggettivo, è privo dell’affectio societatis, laddove, invece, l’intraneus è animato dalla coscienza e volontà di contribuire attivamente alla realizzazione dell’accordo e del programma criminoso in modo stabile e permanente (Cass. pen., Sez. VI, 20 dicembre 2012, n. 49757).
Il concorrente esterno, quindi, è un soggetto che non appartiene al sodalizio, non essendo ravvisabile quel vincolo di adesione permanente al gruppo criminale che è in grado di legittimare, sul piano empirico-sociologico, il ricorso in via esclusiva alla misura carceraria, quale unico strumento idoneo a recidere i rapporti dell’indiziato con l’ambiente delinquenziale di appartenenza e a neutralizzarne la pericolosità...”
Lascia, invece, l’amaro in bocca nel vedere il fortilizio di nomi che chiedono pietas al condannato Dell’Utri ma che confermano il loro pressapochismo a cui hanno sottoposto i loro lettori per anni.
Uno per tutti, di questo campionario pro-Dell’Utri, la dice lunga perché lo troviamo negli abbondanti articoli che lo descrivono con dettagliato rigore di giornalista multiforme e un po’ banderuola.
MOWA
Grazia per Marcello Dell’Utri “E’ un prigioniero politico”
-Redazione– Concedere la grazia a Marcello Dell’Utri.
Questo l’appello che parte dalle pagine di Libero e Il Giornale, per il braccio destro di Silvio Berlusconi per un problema cardiorespiratorio. Dell’Utri è condannato a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
“Un reato anomalo, direi stravagante” scrive su Libero il fondatore (e prossimo direttore) Vittorio Feltri. “Come si fa a essere parte di una banda criminale restandone fuori? O si è mafiosi o non lo si è, stando alla logica, che tuttavia è estranea alle menti eccelse che esercitano il potere legislativo. Per capirci meglio. Una donna o è incinta o non lo è. Non può essere gravida ma appena appena. Questo per mettere le cose in chiaro. Sta di fatto che Dell’Utri, “mafioso ma appena appena“, è finito dentro dopo un decennio di tormentati e tormentosi processi seguiti ad indagini di cui vi risparmiamo, per decenza, i dettagli. Alla verde età di 74 anni è stato rinchiuso in una cella superblindata a Parma e lì abbandonato quale rifiuto umano”.
Feltri critica il sistema giudiziario italiano perché non ha fornito cure adeguate a Marcello Dell’Utri, che nonostante il trasferimento a Roma, è in cattive condizioni di salute.
“Dopo tre anni di segregazione, meriterebbe gli arresti domiciliari, minimo. Senza contare che il presidente della Repubblica ha facoltà di concedergli la grazia, specialmente in considerazione del fatto che il detenuto non è il classico delinquente, semmai è vittima di una legislazione lacunosa, per non dire folle, in materia di concorso esterno e baggianate simili”.
Il Giornale affida alla voce di un uomo di sinistra come Piero Sansonetti, giornalista e direttore del Dubbio, la richiesta di clemenza per Marcello Dell’Utri. “È un prigioniero politico, per questo auspico che intervenga il presidente della Repubblica” afferma Sansonetti, che parla di “anomalia” nel processo a Dell’Utri, il quale paga il fatto di essere visto come “simbolo oscuro del berlusconismo, il più impresentabile degli impresentabili”.
Sansonetti sottolinea che “c’è una sentenza europea che cancella questa condanna”, per cui “chiunque altro al posto suo sarebbe fuori da un pezzo”.