Andrea Pozzetta
In occasione dell’80° anniversario, un gremitissimo incontro promosso dall’Anpi provinciale Verbano Chiuso Ossola con la partecipazione del presidente nazionale dell’associazione, Gianfranco Pagliarulo, ha ricordato i caratteri originali di quell’esperienza: libertà di pensiero e di parola, parità di genere con una donna al governo, informazione libera, attenzione ai diritti sociali, forme di assistenza previdenziale e sanitaria gratuite. Pagliarulo: “Oggi occorre riflettere sulla coppia di valori che portò alla nascita della repubblica dell’Ossola: patriottismo e internazionalismo, entrambi si compenetravano perché l’amore per la patria comprende il rispetto verso le altre patrie, ed entrambi, patriottismo e internazionalismo, guardano a un mondo migliore”
(foto) Villadossola. Il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo, all’importante iniziativa
Ottant’anni fa, nel mezzo di una guerra totale e brutale, tante piccole (e a volte labili) esperienze di liberazione fecero emergere, nell’Italia occupata dall’esercito nazifascista, aspettative e progettualità di radicale trasformazione, chiamando all’appello tutti e tutte. Erano esperienze a volte molto acerbe, contraddittorie, con i limiti e i difetti di un esperimento politico che sorgeva dopo vent’anni di negazione di ogni confronto civile, se non addirittura, talvolta, dopo un’eternità di depoliticizzazione.
Furono esperienze, però, che incoraggiarono una presa di coscienza collettiva, dal basso, mai conosciuta prima, anche da parte di chi, per legge o per tradizione, era sempre rimasto escluso, ai margini. Lungo la frontiera con la Svizzera, nell’Alto Piemonte, la Zona libera dell’Ossola (o “repubblica” partigiana, come sarebbe divenuta famosa nel dopoguerra) in una manciata di settimane si ritrovò al centro di quel complesso di speranze e di attese democratiche che intendevano rompere non solo con la dittatura fascista, ma anche con l’Italia prefascista.
Se ne è parlato sabato 5 ottobre, a Villadossola, nell’ambito dell’80° anniversario della repubblica dell’Ossola. Una platea gremita (incoraggiante segnale d’interesse verso una storia che continua a parlare al presente, alle nostre inquietudini contemporanee) ha partecipato al dialogo tra il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo, e gli storici Antonella Braga e Andrea Pozzetta della Casa della Resistenza di Verbania. L’incontro, aperto dal presidente del comitato provinciale Anpi del Verbano Cusio Ossola, Franco Chiodi, e dalla presidente della sezione di Domodossola, Cassandra Femminis, è ruotato attorno alle aspettative che il movimento di Resistenza e il governo dell’Ossola partigiana suscitarono in campo sociale e politico; si è discusso delle loro concrete realizzazioni nel corso della storia repubblicana, delle prospettive presenti e future, delle progettualità rimaste incompiute.
Del resto tra le numerose zone libere, l’Ossola è forse tra le più celebri e singolari, soprattutto per il suo carattere di laboratorio di democrazia. La sua fortuna fu la prossimità con la Svizzera, dove si ritrovava rifugiata la migliore intellettualità antifascista in esilio e dove giornalisti da tutto il mondo poterono raccontare l’episodio di autogoverno locale.
Nel settembre 1944, con lo sgombero dei presidi nazifascisti dalle valli ossolane (circa 60.000 abitanti dislocati in 32 Comuni, fabbriche sul fondovalle, centrali elettriche, pascoli e alpeggi nel vasto territorio montano), le forze partigiane affidarono a un comitato di civili l’amministrazione del territorio e così, dall’esilio, entrarono in quel fazzoletto d’Italia libera personalità come Umberto Terracini, Ezio Vigorelli, Piero Malvestiti, Gisella Floreanini. Accanto al medico Ettore Tibaldi, presidente della Giunta provvisoria di governo, essi non si limitarono soltanto alla stretta amministrazione del territorio liberato, ma discussero e progettarono pensando al lungo periodo, all’Italia del futuro. «Cadremo o resteremo», scriverà da Domodossola Tibaldi il 20 settembre 1944 al suo collaboratore Cipriano Facchietti, «ma devono restare come esempio o come affermazione di principio i nuovi istituti che stiamo creando».
Numerose furono le questioni affrontate dal governo della Zona libera; questioni che, peraltro, rimangono di estrema attualità. La libertà di pensiero e di parola, innanzitutto, con i primi affollati comizi e con la fioritura spontanea di giornali e fogli periodici di ogni orientamento. Fu un’autentica scoperta della politica per la popolazione locale: le diverse testate poterono affrontare così la questione della parità di genere accanto a quella dell’autonomia amministrativa, la questione della decolonizzazione accanto ai problemi dei rifornimenti alimentari.
Venne sancito il principio dell’autonomia comunale, come garanzia democratica e nell’interdipendenza degli enti locali con l’unità nazionale. In ogni singolo comune, poi, venne stimolata la nascita di CLN e di giunte amministrative, tra assemblee popolari e rudimentali forme elettive. L’autonomia venne affermata anche nei confronti dei sindacati e delle organizzazioni di massa: il governo assicurò loro tutto il sostegno possibile, eliminando però ogni forma di controllo o di condizionamento esterno. Sfogliando i verbali della Giunta provvisoria di governo emerge inoltre l’attenzione verso i diritti sociali e verso forme di assistenza previdenziale e sanitaria gratuite, non più di tipo privatistico o concepite come effetto di beneficenza ed elemosina.
In un territorio assediato dai nazifascisti e ridotto alla fame dal blocco dei rifornimenti alimentari, occorreva dimostrare che l’Italia non era soltanto quella del fascismo e delle guerre di conquista, ma che una nuova idea di Patria (indelebilmente connessa ai principi democratici e internazionalisti) poteva nascere dal basso. Tre progetti di riforma radicale, tra i frenetici dibattiti politici del settembre-ottobre ’44, emersero allora in Ossola. La parità di genere, introdotta di fatto con la nomina di Gisella Floreanini (partigiana e organizzatrice nelle valli liberate dei Gruppi di difesa della donna) a commissaria per l’assistenza: fu la prima volta, in Italia, che una donna assumeva un incarico di governo, mentre ancora il suffragio universale non era stato introdotto.
Vi era poi la riforma dell’istruzione: una commissione didattica formata da insegnanti del luogo, assieme a intellettuali e illustri accademici come Gianfranco Contini, Carlo Calcaterra, Mario Bonfantini, elaborò un progetto di scuola democratica, che fosse finalizzata alla formazione della persona, del cittadino, prefigurando il superamento dell’istruzione classista e la creazione di una scuola media unica. Una riforma, quest’ultima, che entrerà in vigore in Italia soltanto nel 1962. Infine, la giustizia.
Il 28 settembre 1944 l’avvocato Ezio Vigorelli venne nominato consulente legale della Giunta provvisoria di governo, responsabile dei servizi di giustizia per la zona libera e giudice straordinario. Vigorelli era il papà di Bruno e Adolfo, due partigiani uccisi durante il rastrellamento nazifascista della Val Grande nel giugno ’44. Il suo obiettivo era quello di superare il fascismo anche nei confronti dei fascisti: nei metodi, con il rifiuto delle rappresaglie, delle violenze, delle vendette.
Fu l’affermazione del principio della dignità umana come fondamento costituzionale di un nuovo vivere civile, nonostante l’orrore della guerra, delle deportazioni, degli eccidi. Si capisce così, allora, la puntigliosità di Vigorelli e di Tibaldi nell’assicurare ai detenuti un trattamento dignitoso nelle carceri, il rispetto delle norme di igiene, il superamento di condizioni umilianti di reclusione.
Il governo dell’Ossola partigiana si aprì alla collaborazione internazionale auspicando un mondo che alla fine del conflitto si sarebbe dovuto fondare sull’autodeterminazione dei popoli, sulla giustizia, sulla pace. Migliaia di bambini e di civili, alla rioccupazione nazifascista dell’Ossola, poterono essere accolti nei campi profughi in Svizzera. Ecco perché gli uomini e le donne della Resistenza sapevano benissimo, sulla loro pelle, che cosa volesse dire “diritto d’asilo”, che cosa volesse dire essere rifugiati. E non è un caso se furono proprio gli uomini e le donne della Resistenza a presentare all’Assemblea Costituente l’articolo 10 sul diritto d’asilo, prendendo spunto dalle loro personali esperienze. Anche per questo motivo occorre sempre ricordare che la Costituzione italiana e la nostra democrazia affondano le loro radici nella Resistenza e pure, per quanto breve ed effimera, nell’esperienza della repubblica partigiana dell’Ossola.
In un tempo presente che sorge dalla sconfitta del “fascismo storico”, ma in cui il “fascismo perenne” appare più vivo che mai, confrontarsi attorno al significato storico della repubblica dell’Ossola ci ha portato a ragionare su un’idea di civiltà, di convivenza civile. Quell’idea di civiltà ci può essere di aiuto nella difesa e nel continuo rinnovamento di una democrazia che non deve escludere nessuno e che deve continuare a dare un senso alla nostra cittadinanza repubblicana.
Nella foto da sinistra: il presidente provinciale Anpi Verbania Cusio Ossola, Franco Chiodi; la presidente della sezione di Domodossola, Cassandra Femminis; l’autore dell’articolo, lo storico Andrea Pozzetta; il presidenre nazionale Anpi, Gianfranfo Pagliarulo; la presidente provinciale Anpi Novara e componente della segreteria nazionale Anpi, Michela Cella; e altri due partecipanti all’incontro
Come ha detto il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo: “Occorre riflettere sulla coppia di valori a cui si ispirava la grande maggioranza del movimento partigiano e che portò alla nascita della repubblica dell’Ossola: il patriottismo e l’internazionalismo. I due valori si compenetravano, perché l’amore per la patria comprende il rispetto verso le altre patrie, ed entrambi – patriottismo e internazionalismo – guardano a un mondo migliore. Oggi, nel tempo carico di pericoli di guerra in cui viviamo, penso che dobbiamo assumere un’idea di umanesimo integrale e universale, che ponga al centro il valore costituzionale della persona umana e della sua dignità. A ben vedere, lo stesso valore che ispirò la repubblica dell’Ossola”.
Andrea Pozzetta, storico, Casa della Resistenza di Verbania (Fondotoce)