Alessandro Pollio Salimbeni
E così siamo arrivati al dunque. Governo di destra, e va bene: decide il voto. Governo poco all’altezza: non è il primo, anche se colpisce il livello particolarmente casuale dei ministri nel loro ruolo e nella scelta dei loro collaboratori, ma anche questo può capitare. Governo più atlantista che europeista: anche questa non è una prima volta (semmai la novità è che non vi si sottragga nemmeno l’opposizione). Governo inadeguato rispetto alle difficoltà sociali ed economiche: grave, molto grave, ma se da dieci anni abbiamo avuto governi tecnici vuol dire che le responsabilità sono un po’ più di fondo.
Comunque, fin qui siamo in un contesto certamente criticabile e che dovrebbe vedere una attivazione intensa delle forze politiche e sociali. L’Anpi non rinuncia a indicare la costante distanza tra gli obiettivi costituzionali e la debolezza delle politiche in corso ma certo non può né vuole sostituirsi alla funzione che spetta, proprio come dice la Costituzione, ai soggetti politici in senso proprio di costruire una alternativa.
È invece del tutto necessario esprimersi sulle proposte di cambiamento della forma di governo e di regime politico che il governo ha approvato e presenterà alle Camere avviando il percorso di riforma della Costituzione.
È già stato dato un giudizio negativo sullo spostamento di poteri che si realizzerebbe con l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Ogni volta che si attribuisce un potere a un qualche organo occorre mettere in chiaro a chi e perché lo si è tolto. In questo caso, sono stati tolti poteri da un lato al Presidente della Repubblica – cui si lascia una formale funzione notarile di “comunicazione” della avvenuta elezione del Presidente del Consiglio – e dall’altro al Parlamento – che essendo per la maggior parte vincolato al Presidente del Consiglio certifica una fiducia nuovamente in via solo formale ma non esercita certo il giudizio autonomo che la Costituzione gli attribuisce.
Dice il governo che in questo modo aumenta il potere dell’elettore, che potrà “finalmente” scegliere da chi essere governato. Ecco la verità: è una singola persona che governa? O è un insieme di organi che nel loro insieme e con metodo democratico, senso di equilibrio, divisione dei poteri assicura il governo di una intera società? Il governo di destra dice apertamente che la sua idea del rapporto tra governanti e governati è che c’è un capo cui si obbedisce per gli anni in cui dura il suo mandato.
Dal 1948 abbiamo una Costituzione che sostiene una idea diversa e contraria, basata su una idea di democrazia che vive tutti i giorni e tutti i giorni è aperta al cambiamento che è la base della vita, degli individui, delle istituzioni e dei popoli. E la nostra Costituzione ha fatto questa scelta perché venne scritta dopo oltre venti anni di fascismo e di capi si era fatta amara esperienza.
Molti sono gli argomenti di merito per i quali la proposta del governo richiede puntuali precisazioni e risposte e ampia parte dei costituzionalisti italiani, come anche forze politiche e forze sociali, stanno contribuendo alla analisi necessaria per una questione così rilevante.
Proprio perché il rilievo è massimo, occorre dire da subito due cose.
La prima è che è indispensabile che nel Paese si apra una fase di approfondito confronto pubblico, che accompagni e intervenga nel corso della discussione parlamentare che sta per avviarsi.
La seconda è che le difficoltà della situazione italiana e del contesto internazionale rimangono in tutta la loro urgenza e la riforma costituzionale non può servire da schermo per deviare l’attenzione dalla necessità di politiche ben più incisive (e anche diversamente orientate) di quelle in via di approvazione a partire dalla legge di bilancio né è accettabile che tutto venga finalizzato alle prossime elezioni europee.
Un approfondito confronto pubblico non è una affermazione di principio, è un impegno. Bisogna invertire la pericolosa tendenza a trasformare ogni discussione in un appello allo schieramento, a costringere tutto nella camicia di forza di una politica ridotta a tifo da stadio. In ballo c’è la Costituzione, la “legge delle leggi”, la base che regola forme e valori della comunità nazionale, il campo entro cui si esercita poi la legittima competizione politica e culturale tra idee e scelte diverse.
E sono così tanti e delicati gli aspetti richiamati da questa proposta di riforma che occorre che tutti contribuiscano al dibattito, che si fa esattamente perché ci sia spazio per le idee, perché nel confronto esse cambino, perché possano affermarsi punti di vista più ampi e completi.
Nelle stesse culture e politiche delle componenti di centro e di destra, nella variegata cultura politica della sinistra, nella pluralità e vivacità del mondo delle associazioni civili, nella esperienza delle associazioni della Resistenza, nella robustezza dei soggetti rappresentativi del lavoro e dell’economia, nelle articolazioni delle autonomie locali c’è un patrimonio di idee e di intelligenze individuali e collettive che può riportare la discussione e anche eventuali proposte su un piano di coerenza costituzionale e di rinsaldamento del tessuto democratico cui non serve una traballante concentrazione di potere.
Del resto, la Costituzione è nata proprio così e il modo migliore di estenderne il prestigio e garantirne attuazione e sviluppo è tenersi sulla stessa strada maestra.
Dunque, non sono utili né gli appelli allo schieramento né discussioni – nella realtà finte – in cui scatenare lo “scambio di etichette”. Serve invece la capacità di argomentare, di misurare fatti e proposte concrete, di costruire un terreno più avanzato di proposta.
L’Anpi farà la sua parte, come in tutte le occasioni in cui si è discusso di riforme della Costituzione, convinta che essa vada confermata nel suo impianto e nella traduzione concreta dei suoi valori e principi fondamentali.
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Leggiamo che il governo sta pensando a come fare il referendum. Certo, è possibile che ci si arrivi: ma certo il referendum non può essere “l’arma di fine di mondo”. Prima viene il confronto politico e democratico di merito, la capacità di proposta e di convincimento. Vale per le riforme quanto si dice per le relazioni internazionali: la via maestra è l’arma della politica e non la politica delle armi.
11 Novembre 2023
Alessandro Pollio Salimbeni, vicepresidente nazionale Anpi