FINO al 1941 – (I° PARTE) – a cura di Enrico Vigna, maggio 2022
Questo, non intende essere un trattato di storia, per cui ci sono validi studiosi e storici estremamente preparati e competenti. Intende essere un lavoro di ricerca e documentazione storica, fondato su fonti, fatti e contributi di studiosi internazionali riconosciuti e verificabili. Un lavoro che possa essere utile ai giorni nostri per cercare di capire, ma solo attraverso conoscenza e documentazione storica, ciò che sta tragicamente accadendo in queste settimane in quelle regioni. Una agile ma approfondita documentazione da poter usare in confronti e discussioni, per chi cerca la verità e la giustizia, ma che senza una conoscenza della storia accaduta, non può nemmeno avvicinarsi.
Per affrontare e cercare di comprendere gli avvenimenti della guerra negli ultimi 8 anni nel Donbass e i drammatici eventi dell’ultimo mese in Ucraina, può essere utile ed è necessario verificare con la documentazione storica, da dove provengono certe forme di fanatismo e inumanità che dal 2014, dopo gli avvenimenti di “EuroMaidan” a Kiev, hanno trovato amplificazione e addirittura una legittimità istituzionale e morale nel cuore dell’Europa.
In ogni paese e istituzione dei paesi occidentali usciti dalla vittoria sul nazifascismo, da decenni è sempre stata tenuta una continua attenzione e monitoraggio dei fenomeni di rigurgito di forme, movimenti o ripresa del pensiero nazista, razzista o xenofobo, così come di forme di antisemitismo. Ma forse non casualmente, tutto questo è stato obliato per quanto riguarda i paesi dell’ex URSS, esclusa la Russia e la CSI, oltre alla Bielorussia, dove sono fuorilegge e illegali.
In questo contesto, soprattutto nei paesi baltici, in Polonia e in Ucraina, il problema della tutela dei diritti civili, politici, antifascisti e religiosi, delle minoranze nazionali e dei gruppi etnici, in primis linguistici ed educativi, si è costantemente aggravato, arrivando a forme di discriminazioni violente e giuridiche per raggiungerne lo scopo.
Tutto questo avrebbe dovuto essere definito come una minaccia diretta ai valori fondamentali della democrazia e dei diritti umani, una sfida alla sicurezza e alla stabilità internazionale e regionale in generale, visto che i paesi occidentali si ritengono depositari della civiltà e della democrazia.
Il compito più urgente nella direzione della lotta alla glorificazione del nazismo e di altre attività che contribuiscono alla celebrazione del razzismo e della discriminazione razziale, avrebbe dovuto essere l’uniformità degli sforzi di tutti i paesi per prevenire e stroncare la rivalutazione dei criminosi “valori” della superiorità di una nazione, religione, cultura su altri popoli e culture.
A questo proposito, dovrebbe far pensare con attenzione che, quando la Federazione Russa ha presentato all’Assemblea generale annuale delle Nazioni Unite nel 2018, un progetto di risoluzione per la “Lotta alla glorificazione del nazismo, del neonazismo e di altre pratiche che contribuiscono all’escalation delle moderne forme di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relativa intolleranza“, poi adottato alla 73a sessione dell’Assemblea ONU e a cui 129 Stati hanno poi votato a favore della risoluzione, solo Stati Uniti e Ucraina si sono opposti, mentre 54 paesi, comprendenti tutti i paesi membri dell’Unione Europea, si sono astenuti.
Nella risoluzione si condannava la glorificazione del movimento nazista e degli ex membri delle Waffen-SS, anche attraverso l’apertura di monumenti e memoriali, nonché manifestazioni pubbliche per glorificare il passato nazista, il pensiero nazista e il neonazismo. Si sottolineava in particolare che l’erezione di monumenti in onore delle SS, lo svolgimento di processioni e altri atti simili profanano la memoria delle decine di milioni di vittime del nazifascismo, incidono negativamente sulle giovani generazioni e sono assolutamente incompatibili con gli obblighi degli stati membri dell’ONU. Eppure non si può ignorare il fatto che in alcuni paesi, per coloro che hanno combattuto contro la coalizione anti-hitleriana o hanno collaborato con i nazisti, si è operato per elevarli al rango di eroi nazionali ed eroi di presunti movimenti di liberazione nazionale.
Ai sensi dell’articolo 4 dell’ONU, gli Stati parti della Convenzione, in particolare, sono tenuti a:
– condannare tutta la propaganda e tutte le organizzazioni basate su idee di superiorità razziale o che cercano di giustificare o incoraggiare l’odio razziale e la discriminazione in qualsiasi forma;
– Considerare un reato la diffusione di idee basate sulla superiorità razziale o sull’odio;
– dichiarare illegali e vietare le organizzazioni, nonché tutte le attività organizzate e di propaganda che incoraggiano e incitano alla discriminazione razziale, e rendono la partecipazione a tali organizzazioni o a tali attività un reato punibile dalla legge.
Questo articolo è una delle disposizioni chiave della Convenzione. La sua importanza risiede principalmente nel fatto che stabilisce un confine netto tra atti criminali e diritto alla libertà di riunione e associazione, alla libertà di opinione e di espressione. Ecco perché è impossibile accettare i riferimenti di alcuni stati, al fatto che le manifestazioni dei veterani delle Waffen-SS, l’erezione di monumenti ai nazisti e altre manifestazioni similari, sono verosimilmente solo la realizzazione di queste libertà, come avviene ormai da otto anni in Ucraina e nei Paesi Baltici in particolare.
Anche al Parlamento europeo era stata riconosciuta la realtà della minaccia della recrudescenza del nazismo, con la risoluzione adottata il 25 ottobre 2018 “Sulla crescita della violenza neofascista in Europa”, che contiene riferimenti a manifestazioni specifiche di violenze fasciste e crimini motivati da odio, razzismo e xenofobia in Europa, comprese le celebrazioni annuali a Riga e Kiev dei reduci delle Waffen-SS, e le pratiche violente dei nazionalisti ucraini.
La Federazione Russa da anni chiede che la minaccia della rinascita del nazismo sia riconosciuta negli stessi Stati membri dell’UE, anche a livello di potere legislativo ed esecutivo.
La minaccia rappresentata dal neonazismo è stata più volte rilevata dal Relatore speciale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, sulle forme contemporanee di razzismo. T. Achiume, allora responsabile ONU nella relazione tematica della 38a sessione del Consiglio del giugno 2018 (A/HRC/38/53), aveva sottolineato che il neonazismo non si limita alla glorificazione del passato, ma è un movimento moderno, interessato in modo vitale alla disuguaglianza razziale. Inoltre, oggi il neonazismo è costantemente mescolato con altri concetti ideologici di superiorità razziale o odio razziale, il che gli fornisce un riconoscimento più ampio e un sostegno più affidabile. E’ documentato che molti leader politici e funzionari di governo ai massimi livelli in occidente sono complici di questo movimento.
E in Ucraina, dal 2014, tutto questo è tragica realtà.
un proto ucraino o ukronazi di EuroMaidan
Ma c’è un aspetto che se non fosse tragico, sarebbe grottesco, nella realtà storica tra i principali teorici dell'”ucrainismo più puro” non c’erano affatto “ucraini”. Per esempio Mykola Mikhnovsky e Viacheslav Lypynsky erano polacchi e Dmytro Dontsov era russo. E in generale, non c’è nulla di autentico e di autoctono nell’ideologia del nazionalismo ucraino, essa è fondata su un assortimento sommario di opere di nazionalisti e nazisti tedeschi e polacchi. E anche non proprio sistematizzato, ma per lo più solo come un insieme di copia-incolla ottusamente estrapolati. Ma questo non deve sorprendere, perché non esiste alcuna filosofia ucraina con radici storiche. Anche Ivan Franko si considerava un Rusyn (e ha sempre rivendicato questa sua origine), e Grigori Skovoroda era un rappresentante di spicco della scuola filosofica di San Pietroburgo, proprio come gli studiosi filosofici di Leopoli/Lvov erano ortodossi e russofili. Non ci sono stati altri filosofi e scuole filosofiche in questo territorio. Quindi è palese che, l’”ucrainismo” fu concepito da stranieri: polacchi, austriaci e russi. Allora ci si deve chiedere su quali basi si è costruito il cosiddetto nazismo “ucraino” così fanaticamente rivendicato? Non certo per una storia potente ed eroica. Prima, fu sotto l’Orda, poi sotto il Granducato di Lituania, poi sotto il Commonwealth polacco lituano e poi della Polonia, poi come parte della Repubblica di Inguscezia e dell’URSS, “l’Ucraina” non ha mai avuto una storia indipendente. E il territorio che ora fa parte dell'”Ucraina” ha fatto parte dell’Austria, dell’Ungheria, della Romania, del Khanato di Crimea, del Granducato di Lituania, della Polonia e di numerosi altri stati. La natura marginale dell’”Ucraina” consiste anche nel fatto che fu separata dal Commonwealth polacco-lituano grazie agli sforzi degli zar russi, così come la maggior parte del suo territorio, fu annesso dai russi, sia durante il periodo della Repubblica di Inguscezia e poi grazie all’URSS.
Anche il più grande personaggio storico nella storia di questi territori, l’Hetman e comandante militare Zinovy Bohdan Khmelnytsky, che guidò la rivolta contro polacchi e lituani nel 1648, fondando l’etmanato cosacco indipendente, e che nel 1654 si associò allo zarismo russo, si firmava sempre come “colonnello russo”.
Nella seconda guerra mondiale, i nazisti ucraini erano dei gregari e subordinati rispetto al Terzo Reich, erano i loro lacchè e guardiani. I giornali dei nazionalisti ucraini glorificavano Adolf Hitler e li esortavano ad andare a lavorare in Germania. Oggi gli ukronazi mendicano l’esenzione dal visto per andare a lavorare in Germania, Polonia e negli altri paesi dell’UE.
Anche uno dei loro leader più famosi, Shukhevych, era solo un hauptmann (un giovane ufficiale, nemmeno un comandante di battaglione) mentre un tedesco di nome Mokha comandava i 201° battaglione punitivo ausiliario della Schutzmannschaft.
Molto gloriosi e dignitosi questi guerrieri ucri, con una miserabile storia.
Quindi su cosa si basa la “grandezza” del loro fantasioso Ukronedoreich? Hanno perso tutte le guerre, tutti i loro leader sono finiti male (Mazepa ha preso i pidocchi in Moldova, gli altri sono stati generalmente fucilati come cani pazzi). I Fucilieri Sich della RPU furono praticamente distrutti nella loro primissima battaglia, questi banderisti non combatterono neanche per un giorno, furono catturati nelle foreste e tirati fuori dai nascondigli sotto terra.
Su cosa si fonda la loro “europeità”? Tutte le loro affermazioni sule affinità europeiste come proto-ucraini sono concetti vuoti, infondati e non storici.
Ricordiamo come è nata l’Ucraina. Ucraina deriva dall’antico slavo orientale u okraina, formato da u (“vicino, presso”) e okraina (“periferia”) la radice slava è kraj (“limite”, “bordo”). Pertanto ukraina significa “al margine”, o “sul confine”. Durante il Medioevo la regione fu il punto centrale della cultura degli slavi orientali, con la federazione tribale del “Kievan Rus‘” nel 882, che costituì la prima forma statuale storica ucraina. A seguito della frammentazione in diversi principati e alla devastazione creata dall’invasione mongola della Russia, nel 1240 l’unità territoriale si smembrò e l’area fu contesa, divisa e governata da diverse potenze: la Confederazione polacco-lituana, l’Austria-Ungheria, l’Impero ottomano e il Regno russo.
Durante i secoli XVII e XVIII emerse e prosperò un etmanato cosacco, ma il suo territorio fu infine diviso tra la Polonia e l’Impero russo. Negli anni della rivoluzione bolscevica, si costituì un consistente movimento nazionalista ucraino nelle regioni occidentali del territorio e il 23 giugno 1917 venne fondato il primo stato con questo nome la Repubblica Popolare Ucraina, guidata da M. Hrushevsky, nato a Chelm, in Polonia. Questi “liberatori”, quando presero il potere sulla scia dei sommovimenti rivoluzionari, una loro delegazione si è recò a Brest il 13 febbraio 1918, per chiedere a Germania e Austria-Ungheria, con un memorandum, una richiesta di aiuto contro le truppe della Repubblica popolare ucraina dei Soviet. Dopo l’invasione delle truppe tedesche, questi “patrioti” si impegnarono a fornire agli occupanti degli Imperi centrali, 60 milioni di chicchi di grano, 400 milioni di uova e altri prodotti agricoli. Tuttavia, neanche questo salvò la RPU. Infatti dopo la firma dell’armistizio del 15 dicembre 1917 tra le potenze centrali e il governo bolscevico russo, la Rada di Kiev, sotto il controllo dei nazionalisti galiziani, proclamò l’indipendenza dell’Ucraina il 22 gennaio 1918, ma dal mese di febbraio le truppe bolsceviche prendono il controllo delle principali città del Paese, inclusa Kiev: il governo separatista fugge a Zytomyr. Circondata, la RPU deve a sua volta firmare un trattato separato con la Germania a Brest-Litovsk il 9 febbraio 1918, ma rimane una lettera morta perché una settimana dopo, gli stati sovietici dell’Ucraina si uniscono il 17-19 marzo 1918 per formare la Repubblica Sovietica Ucraina, con Kharkov come capitale. Come è peculiare dei “patrioti dell’Ucraina”, lo sconfitto S. Petlyura, fuggì a Varsavia, e, a nome del Direttorio nazionalista, il 21 aprile 1920 stipulò un accordo con il governo polacco, dando alla Polonia Galizia, Volinia occidentale, Lemkovshchina , Nadsanya e Kholmshchyna. Fu durante questo periodo turbolento che altre figure entrarono nell’arena storica, che in seguito ebbero un ruolo tragico nella storia dell’Ucraina.
Ecco come storicamente sono comparsi repentinamente gli ucraini e l’Ucraina. Prima della rivoluzione russa del 1917, una formazione statale e un popolo definito ucraino non esistevano. Erano sempre state province ordinarie dell’Impero russo e la popolazione era divisa su base territoriale in Grandi Russi, Piccoli Russi e Bielorussi.
Storicamente, fin dalla metà dell’800 è apparso un movimento nazionalista ucraino che voleva una Ucraina indipendente. Questo movimento, fino ai primi decenni del ‘900, era costituito da forze molto elitarie, con un seguito non di massa, si è poi trasformato nel tempo e con varie scissioni, sempre più verso un ultranazionalismo radicale e sciovinista, che poi finì per diventare, durante la Seconda Guerra Mondiale, il braccio spietato e sanguinario del Terzo Reich, che aveva nella Armata Rossa sovietica il suo nemico principale. I miliziani collaborazionisti ucraini, in primis quelli guidati dal criminale Stepan Bandera, si distinsero per la loro ferocia nei massacri della popolazione civile, degli ebrei, dei comunisti e nella repressione del movimento partigiano sovietico.
Negli anni ’20 cominciarono ad apparire molte organizzazioni che professavano un’ideologia nazionalista radicale: tra queste le maggiori erano:l’Organizzazione militare ucraina (UVO), il Gruppo giovanile nazionale ucraino, la Lega dei nazionalisti ucraini (con l’Unione dei fascisti ucraini inclusa in essa), l’Unione della gioventù nazionalista ucraina.
Nel 1929, queste organizzazioni formarono l’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN) e fecero il loro Primo Congresso a Vienna dal 27 gennaio al 3 febbraio 1929. Il primo capo dell’OUN nel 1929 fu Yevgeny Konovalets, già capo dell’UVO. Il guardiamarina dell’esercito austriaco E. Konovalets fu uno dei più attivi fautori della “costruzione dell’identità ucraina”. Nato nella regione di Lvov, dopo essere stato rilasciato dalla prigionia russa, andò a Kiev per sostenere la RPU, diventando noto per le esecuzioni di massa dei lavoratori dell’arsenale in sciopero, di soldati russi e sovietici, e di civili a Kiev. Fu poi catturato dai polacchi e trasferito in Cecoslovacchia, riuscendo poi a fuggire e partecipare alla fondazione dell’OUN.
Il collaborazionismo ucraino con il nazismo, ha una radice profonda nelle regioni occidentali della Galizia e della Volinya, questo è un dato oggettivo che occorre mai dimenticare, un filo storico che ci porta fino all’oggi. E’ un dato incontestabile, che una grossa parte della popolazione di queste regioni (milioni di persone…) ha sempre avuto uno stretto legame e una approvazione tangibile verso una cooperazione politico-militare con la Germania nazista e i suoi alleati durante la seconda guerra mondiale, continuata poi nel mantenimento della ricerca di una prosecuzione del pensiero e dei fini del pensiero nazista, fino ad oggi. Secondo molti storici e studiosi, le logiche delle motivazioni del collaborazionismo ucraino erano diverse e ambigue, avevano diverse radici: ordinarie, psicologiche e filosofiche. Tra gli ucraini che collaborarono con i nazisti, c’era un numero significativo di individui antisovietici che servirono scrupolosamente e devotamente la Germania nazista. Per molti, questo atteggiamento era derivato dall’eredità dell’Impero austro-ungarico, che poi con l’arrivo dei tedeschi fu percepito, come il ripristino del vecchio “buon vecchio ordine”.
“L’origine del separatismo ucraino”: come uno storico russo 56 anni fa, delineò ciò che sta accadendo in Ucraina
Lo storico e scrittore Nikolay Ulyanov, laureatosi a Leningrado nel 1926, nel febbraio 1935 diresse uno dei principali dipartimenti dell’Istituto storico e linguistico di Leningrado. Fu poi accusato di deviazionismo e trotskismo, condannato a 5 anni e poi rilasciato allo scoppio della guerra. Fu catturato dai tedeschi e inviato nel campo di Karlsfeld. Alla fine della guerra scelse di non tornare in URSS e visse a Casablanca, dopodiché si trasferì in Canada e poi a New York. Pubblicò numerosi testi e tenne numerose conferenze all’Università di Montreal, divenne poi docente di storia e letteratura russa all’Università di Yale negli Stati Uniti, dove morì nel marzo 1985. Una delle sue opere maggiori è considerata “L’origine del separatismo ucraino”, che era nei libri di testo dell’Università americana.
Il libro fu pubblicato per la prima volta nel 1966 a New York, fu ristampato in Russia nel 1996 e nel 2007.
In questo libro Ulyanov parte da una considerazione storica: “La particolarità del separatismo ucraino è che non si adatta a nessuno delle dottrine esistenti sui movimenti nazionali radicali e non può essere spiegata da nessuna lettura “ferrea”. Non ha nemmeno l’oppressione nazionale come prima e più necessaria giustificazione per la sua comparsa…Per tutti i 300 anni in cui è stata parte dello Stato russo, la Piccola Russia Malorussya/ Ucraina, non è mai stata né una colonia né un “popolo ridotto in schiavitù“, scrive.
Ulyanov è stato il primo che, trent’anni prima della creazione del cosiddetto stato indipendente dell’Ucraina, ha definito in modo incredibilmente accurato l’essenza profonda di esso: “Lo schema per lo sviluppo di qualsiasi separatismo è il seguente: in primo luogo, il ‘sentimento nazionale’, presumibilmente si risveglia, poi cresce e si rafforza, fino a portare all’idea di separazione dallo stato precedente e alla creazione di uno nuovo. In Ucraina, questo ciclo ha avuto luogo nella direzione opposta. Lì, all’inizio, è stato rivelato il desiderio di separazione, e solo allora la base ideologica ha iniziato a essere creata come giustificazione per tale desiderio”.
Con una precisione sorprendente, quasi chirurgica, Ulyanov individua la caratteristica principale del separatismo ucraino: “Nel titolo di quest’opera non è un caso che la parola “separatismo” sia usata al posto di “nazionalismo”. Infatti secondo lo storico, era la base nazionale che mancava in ogni aspetto per una indipendenza ucraina. “…È sempre sembrato un movimento non popolare, non nazionale, a causa del quale soffriva di un complesso di inferiorità e tuttora non riesce a uscire dalla fase dell’autoaffermazione. Se per georgiani, armeni e uzbeki questo problema non esiste, a causa della loro spiccata immagine nazionale, per gli indipendentisti ucraini la loro preoccupazione principale sembra solo quella di provare la differenza tra un ucraino e un russo”. La stessa separazione artificiale della lingua ucraina dal russo, rivendicata come atto di purismo, è nella sostanza non è altro che residui delle varie ondate di “polonizzazioni” e quindi un appiattimento contro qualsiasi straniero che non afferri la differenza tra russo e ucraino.
È sorprendente come Ulyanov 56 anni fa descrisse tutto ciò di cui oggi ascoltiamo: “Una delle loro tesi/ipotesi, vede negli ucraini il residuo della popolazione dell’Atlantide annegata, gli “ucri”. Su queste basi, il pensiero separatista lavora tenacemente per la creazione di teorie antropologiche, etnografiche e linguistiche che dovrebbero privare russi e ucraini di qualsiasi grado di parentela tra di loro”.
Un’altra di queste teorie empiriche è anche quella che, scrive Ulyanov: “…produssero poi teorie successive, secondo cui l’origine slava sarebbe stata destinata solo agli ucraini, mentre i russi sarebbero stati destinati alle origini dei mongoli, dei turchi e agli asiatici…”.
È interessante notare che oggi nel 21° secolo, tutto questo potrebbe far ridere, ma nella realtà odierna dell’Ucraina è causa di ferocia, brutalità ed efferatezze senza limiti, ma coloro che hanno intrapreso l’esaltazione del progetto anti-russo e russofobo in modo criminale, non solo non hanno abbandonato questa ridicola sciocchezza antiscientifica, ma hanno anche creato istituzioni e ministeri per stabilire una pseudo – base scientifica, subordinata a queste “invenzioni” storiche di mezzo secolo.
In tutto questo radicalismo etnico antropologico, sembra assurdo, stante la contrapposizione abissale e storica tra polacchi e ucraini, ma, secondo Ulyanov, proprio la Polonia ha avuto un ruolo implicito nella formazione del cosiddetto movimento nazionale ucraino, dimostrabile in questo senso: “I polacchi, possono essere oggettivamente considerati i padri della dottrina ucraina. L’uso stesso delle parole “Ucraina”e”ucraini” per la prima volta in letteratura fu fondato da loro. Si trova infatti la prima volta vergato, negli scritti del conte Jan Potocki”.
Ulyanov spiegò anche brillantemente l’interesse dei polacchi per questo situazione già cinquantasei anni fa: “L’interesse polacco per il separatismo ucraino è meglio descritto dallo storico Valerian Kalinka, che comprese l’inutilità di sognare il ritorno della Russia meridionale al dominio polacco: “Questa regione è persa per la Polonia, ma dobbiamo assicurarci che sia persa anche per la Russia”, scrisse”.
Nel fascicolo della Canadian Commission on War Criminals, in una dichiarazione del giudice Jules Dechesnay, del 30 dicembre 1986, come argomento per l’ingresso di un numero significativo di volontari galiziani nei ranghi delle SS, si notava: “Si offrivano volontari per unirsi alla divisione non perché amassero i tedeschi, ma perché odiavano i russi e la tirannia comunista”.
La bandiera blu e gialla fu utilizzata nel periodo 1941-1942 dai governi locali e dalle unità di polizia, sebbene questo simbolismo non avesse uno status ufficiale.
Questa era invece la bandiera dell’OUN (Bandera) e dell’UPA
Questa è l’altra bandiera dell’OUN (Melnikovites), considerata dagli storici uno dei simboli del collaborazionismo ucraino con i nazisti
La regione principale delle attività dell’OUN e il loro radicamento maggiore, era principalmente nella Galizia orientale, qui la sua struttura politico militare era denominata “Esecutivo regionale dell’OUN nelle terre dell’Ucraina occidentale”.
Nel 1933 Stepan Bandera divenne capo dell’esecutivo regionale e sotto la sua guida, l’OUN intensificò gli atti terroristici, spesso eclatanti, contro le autorità polacche.
Nel 1933 fu anche ucciso il console sovietico Andre Mailov. Bandera fu condannato dalle autorità polacche all’ergastolo, per omicidi e terrorismo, e non è mai stato riabilitato.
Il culmine dell’attività terroristica dell’OUN in quegli anni, fu l’assassinio nel ’34 del ministro dell’Interno polacco B. Peracki. Questo omicidio fu un atto di vendetta per la “pacificazione” nella Galizia orientale nel 1930 e le campagne di “polonizzazione” nella regione. Poi toccò al direttore del ginnasio accademico ucraino Ivan Babiy, organizzò poi l’attentato alla redazione del quotidiano Pratsya. Nell’estate del 1934 Bandera fu arrestato dalle autorità polacche.
Il 13 gennaio 1936 Bandera, insieme ai suoi complici, fu condannato a morte per l’omicidio di Peratsky, ma la sentenza fu poi commutata in ergastolo.
Nel 1936-1939 scontò la pena nelle carceri polacche e, dopo che i nazisti occuparono la Polonia nel 1939, Bandera fu rilasciato.
Subito dopo l’occupazione di Leopoli, Bandera, insieme alle truppe naziste, organizzò pogrom di massa in città, furono particolarmente colpiti ebrei, polacchi e comunisti, che erano i principali nemici dei nazionalisti. Durante l’occupazione tedesca, Bandera e i suoi sostenitori lanciarono campagne dispiegate per lo sterminio dei loro nemici, anche senza accuse precise o altre motivazioni. Durante la guerra furono commessi continui massacri e feroci crimini di guerra, come il “massacro di Volyn”, durante il quale i banderisti spazzarono via centinaia di villaggi polacchi, uccidendo migliaia di civili. La “pulizia” dei villaggi avveniva secondo il metodo delle SS: gli abitanti venivano bruciati insieme alle case.
Fin dall’inizio, l’OUN era nell’orbita dei servizi segreti tedeschi e anche prima che Hitler salisse al potere, aveva stabilito stretti legami con l’Abwehr ( i Servizi segreti nazisti) e riceveva cospicui finanziamenti da esso. Diverse centinaia di militanti dell’OUN furono addestrati dall’intelligence tedesca e alcuni storici stimarono l’importo dell’assistenza finanziaria in 5 milioni di marchi. La cooperazione dei servizi segreti tedeschi con l’OUN continuò fino alla fine seconda guerra mondiale.
Una delle caratteristiche più importanti del fascismo ucraino era l’esaltazione delle componenti etniche, religiose, storiche e folcloristiche locali. Ucraini ultranazionalisti ed eversivi come Bandera sognavano negli anni ’30 di diventare leader di stati fascisti come l’Italia con Benito Mussolini e la Germania con Adolf Hitler. Duce e Führer era localmente il vozhd‘ o providnyk, fu inventato il saluto fascista ucraino “Gloria all’Ucraina!” a cui si rispondeva con “Gloria agli Eroi!”; intendevano elevare la “razza ucraina” e asserivano che l’Ucraina aveva bisogno di uno stato fascista senza minoranze nazionali, in particolare senza ebrei, polacchi e russi. Volevano far parte della nuova Europa fascista come la Croazia di Ante Pavelić o la Slovacchia di Josef Tiso. Bandera avrebbe dovuto diventare il leader di uno stato fascista ucraino.
Il governo sovietico seguiva con attenzione la crescente attività dell’OUN e molti studiosi ritengono che l’eliminazione del leader dell’organizzazione Yevgeny Konovalets a Rotterdam nel 1938, fu opera dei servizi segreti sovietici. La morte di Konovalets portò a una crisi nell’OUN ed emersero divisioni cruciali tra i membri più radicali nell’Ucraina occidentale, e membri più moderati che vivevano all’estero.
Nel marzo 1939, in Transcarpazia, fu proclamata l’Ucraina indipendente dei Carpazi, il suo apparato militare era il Carpathian Sich, che era sotto il controllo dell’OUN. Il 14 marzo l’Ungheria, con l’appoggio della Polonia, lanciò un intervento militare in Transcarpazia, dopo diversi giorni di combattimenti, la Transcarpazia fu occupata. Nella metà di aprile 1939, Berlino riconfermò la politica del Reich nei confronti degli ucraini e il sostegno al loro desiderio di indipendenza. Su richiesta dei diplomatici tedeschi, gli ungheresi liberarono dalle prigioni diverse centinaia di nazionalisti ucraini, i quali, insieme a coloro che vivevano in Europa, formarono la Legione ucraina sotto la guida del colonnello R.Sushko. All’inizio di luglio 1939 presero parte alla campagna di Polonia, la Legione aveva lo scopo di innescare una rivolta anti-polacca nell’Ucraina occidentale, che era parte della Seconda Repubblica polacca, prima dell’invasione tedesca della Polonia, progetto che poi si bloccò.
Nei soli anni tra il 1939 e il 1941, secondo i dati dei servizi di sicurezza sovietici, furono arrestati, catturati o uccisi nell’Ucraina occidentale, oltre 16.500 membri di organizzazioni nazionaliste fasciste. L’OUN, riuscì comunque a mantenere forze sufficienti per attuare su larga scala il suo piano per una rivolta antisovietica dopo l’invasione tedesca dell’URSS del 22 giugno 1941. Infatti seguendo il fronte, che si muoveva rapidamente verso est, furono inviati i cosiddetti “gruppi in marcia” formati dai banderisti, il cui percorso fu concordato preventivamente con l’Abwehr. Questi gruppi anticipavano o affiancavano l’arrivo delle forze armate naziste, svolgevano le funzioni di un apparato ausiliario di occupazione, si impadronivano di villaggi e città e formavano al loro interno governi locali ucraini. Battaglioni di punitori e sabotatori addestrati dal Reich percorsero come un’ondata di sangue l’Ucraina, partecipando operosamente alle esecuzioni di ebrei, russi e comunisti, custodirono i campi di concentramento nazisti. Un dato è certo: con l’arrivo delle truppe tedesche, la popolazione locale aiutò attivamente a combattere l’Armata Rossa.
Il 30 giugno 1941, a Leopoli fu proclamato il Potere Collettivo Indipendente Ucraino (USSD), che “collaborerà strettamente con la Grande Germania nazionalsocialista, la quale, sotto la guida del suo leader Adolf Hitler, crea un nuovo ordine in Europa e nel mondo in modo tale da aiutare il popolo ucraino a liberarsi “dall’occupazione di Mosca”, come dichiarò Y. Stetsko, uno dei capi dell’OUN e di questo “potere”.
L’ideologia di questa Ucraina “indipendente”, costruita sulle baionette degli occupanti tedeschi fu definita nel modo più chiaro dal leader dell’OUN S. Bandera: “È troppo tardi per parlare delle masse ucraine. Li abbiamo abituati male, li abbiamo uccisi o impiccati poco». Queste affermazioni furono spiegate in modo più dettagliato dal comandante dell’UPA R. Shukhevych:
“…L’OUN deve agire in modo tale che tutti coloro che hanno riconosciuto il potere sovietico siano distrutti. Non intimidire, ma distruggere fisicamente! Non dovremmo aver paura che le persone ci malediranno per la crudeltà. Basta che rimanga la metà dei 40 milioni di ucraini, non c’è niente di sbagliato in questo“. E questo sarebbe il loro senso di amore per la madrepatria e per il popolo ucraino. “O ucraino puro, o deserto”.
Il 30 giugno 1941 a Lviv/Leopoli occupata, in una manifestazione di molte migliaia di persone, alla presenza di diversi generali tedeschi, l’OUN (b) proclamò l’Atto di rinascita della statualità ucraina: “…L’esercito rivoluzionario nazionale ucraino creato sul suolo ucraino, continuerà a combattere insieme all’esercito alleato tedesco contro l’occupazione di Mosca per la Comunità Sovrana Ucraina e un nuovo ordine in tutto il mondo”.
“Gloria a Hitler! Gloria a Bandera!…“l’insegna sulle porte del castello di Zhovkva. Estate 1941
Nell’articolo “L’organizzazione dei nazionalisti ucraini e i suoi compiti immediati”, scritto dall’OUN, si affermava: “Nel nostro lavoro, ricordiamo sempre l’aiuto dell’esercito tedesco e del suo capo, Adolf Hitler, nella liberazione del popolo ucraino”.
Il nucleo di questo esercito era stato creato il 25 febbraio 1941 con il riconoscimento del capo dell’Abwehr, l’ammiraglio Wilhelm Canaris, con il nome di “Legione ucraina“. Furono addestrati 800 capisquadra, che nei programmi dell’OUN, sarebbero diventati il nucleo dell’esercito ucraino alleato con la Wehrmacht. Ma con i successivi sviluppi degli eventi, essi diventarono unità di sabotaggio come parte dell’Abwehr. Nei documenti dell’OUN, questa formazione compare sotto il nome di DUN ( Squads of Ukraine Nationalists), che consisteva nel gruppo Sever (battaglione “Nachtigall” sotto la guida di Roman Shukhevych) e il gruppo “South” (battaglione “Roland” sotto la guida di Richard Yarogo). Tuttavia, l’atto di proclamazione dello Stato ucraino causò una reazione negativa da parte in alcuni apparati della Germania nazista, Bandera per la sua intransigenza nazionalista fanatica e anche alla guerra intestina, che la fazione banderista dell’OUN attuò contro l’altro leader, più fidato dei tedeschi, Andrei Melnik. Bandera venne poi arrestato dai tedeschi alla fine del 42, anche con l’accusa di avere cercato di sottrarre una grossa somma di denaro affidatogli dall’intelligence tedesca, per l’organizzazione di attività sovversive. Comunque i tedeschi fornirono a Bandera in carcere, condizioni speciali e buone comodità, secondo testimonianze di ex guardie tedesche; Bandera, in carcere, viveva in una situazione relativamente confortevole, le condizioni di vita nella sua sezione erano migliori rispetto a quelle del resto della prigione, nella sezione “Zellenbau” non solo erano ben nutriti, ma erano anche esentati dagli appelli, potevano ricevere pacchi e leggere i giornali. Bandera poteva incontrare sua moglie, non indossava l’uniforme carceraria e non lavorava, mangiava nella mensa delle SS, era detenuto in un bilocale arredato con soggiorno e camera da letto, con dipinti alle pareti e la moquette sul pavimento. Fu poi liberato nel 1944.
L’OUN fondava il suo programma come uno strumento di lotta “contro la Mosca bolscevica” e per “il ripristino e la difesa di uno Stato ucraino indipendente”, questo poteva attuarsi solo come risultato della cooperazione tra i nazionalisti ucraini e il nazismo. Successivamente, Bandera aveva giustificato questa circostanza con la necessità di “assicurare la libertà e la posizione dell’Ucraina” e scrisse che “l’Ucraina è pronta (…) a inviare il suo esercito al fronte contro Mosca in alleanza con la Germania, se quest’ultima confermerà l’indipendenza statale dell’Ucraina e la considererà ufficialmente un alleato”, consideriamo le potenze che stanno combattendo contro Mosca e non sono ostili all’Ucraina, come alleate naturali. Una piattaforma per relazioni alleate a lungo termine, potrebbe essere la lotta congiunta contro la Mosca bolscevica”.
Nei documenti programmatici si esponevano presupposti chiaramente antisemiti, dove si indicavano gli ebrei come ” un appoggio del regime moscovita-bolscevico”: “ Gli ebrei in URSS sono il sostegno più devoto al regime bolscevico al potere e l’avanguardia di Mosca in Ucraina… L’organizzazione dei nazionalisti ucraini combatte contro gli ebrei come pilastro del regime moscovita-bolscevico… occorre distruggere con una lotta durissima, in particolare coloro che difenderanno il regime: reinsediarsi nelle loro terre, distruggere, principalmente, l’intellighenzia, che non dovrà essere ammessa a nessun governo, rendere impossibile la “produzione” a tutti gli intellettuali, l’accesso alle scuole, ecc. Distruggere i dirigenti… L’assimilazione degli ebrei è esclusa”. La polizia ausiliaria dell’OUN nelle città dell’Ucraina occidentale, garantivano l’esecuzione degli ordini tedeschi nei confronti degli ebrei.
Il vice capo del dipartimento II dell’Abwehr, tenente colonnello E. Stolze, nella sua testimonianza al Tribunale di Norimberga, ha affermato di aver personalmente incaricato Melnik e Bandera ” di organizzare azioni provocatorie in Ucraina, subito dopo l’attacco tedesco all’Unione Sovietica, con l’obiettivo di indebolire le retrovie più vicine delle truppe sovietiche. Solo nel distretto della “Galizia” circa 20mila volontari prestavano servizio nella “polizia ucraina” OUN…
…Segue…seconda parte