Giuseppe Cirillo
Ritrovati alcuni appunti inquietanti scritti dal dottorando friulano, ma per la famiglia quella non è la sua scrittura
Si è svolta giovedì scorso, presso la Corte d’assise di Roma, la sesta udienza del processo sulla morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano morto in Egitto nel 2016 in circostanze mai del tutto chiarite. Dalle dichiarazioni rilasciate dagli investigatori italiani che, tra i depistaggi e i continui sabotaggi perpetrati dall’Egitto, hanno portato avanti le indagini, è emerso che tra gli agenti egiziani coinvolti nelle indagini sulla morte del giovane ricercatore c’era anche il colonnello Uhsam Helmi: uno dei quattro agenti dell’intelligence egiziana che in Italia è stato rinviato a giudizio per la morte di Regeni.
Durante il sopralluogo che si è svolto lungo la strada periferica del Cairo, dove è stato rinvenuto il corpo senza vita del giovane friulano impegnato nel 2016 in un dottorato di ricerca presso l’Università di Cambridge, sono state scattate alcune fotografie. Durante il processo, queste stesse immagini sono state presentate come prova, dimostrando la presenza del colonnello Helmi tra i presenti. A commento di una di queste fotografie – ha reso noto il quotidiano online “Il Post” – il colonnello del Ros, Loreto Biscardi, non solo ha spiegato che “quello con gli occhiali da sole è il colonnello Helmi”, ma ha anche ribadito che lo stesso Helmi ha partecipato a quasi tutti gli incontri avvenuti tra gli investigatori italiani ed egiziani. Vincenzo Nicolì, direttore del Servizio centrale operativo della polizia, ha sottolineato che, nonostante una iniziale cooperazione apparente, nessuna delle versioni fornite dall’Egitto aveva riscontri oggettivi compatibili con le indagini condotte dalle squadre italiane. Anche Alessandro Gallo, della task force investigativa italiana, ha confermato i numerosi tentativi di depistaggio perpetrati dalle autorità egiziane. La morte del giovane dottorando, infatti, è stata prima attribuita a un incidente stradale, poi a un omicidio derivante da una relazione omosessuale; successivamente al traffico di opere d’arte rubate e infine a un regolamento di conti tra spacciatori di droga.
Il giallo degli ultimi appunti
Un’altra scoperta inquietante sulla morte di Giulio Regeni riguarda alcuni appunti: quattro pagine scritte in italiano, ma con traduzioni in arabo. Secondo quanto riportato da Repubblica, le quattro pagine sembrano presentare una calligrafia che, secondo la famiglia del giovane friulano, non sembra essere la sua. Tra le parole scritte e tradotte in arabo, ci sarebbero anche: “spia”, “torture” e “morte”. “Sicuramente non è la grafia di Giulio e quindi non ci spieghiamo come siano lì”, ha spiegato davanti ai microfoni di Report il legale della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini.
Appunti, dunque, che sollevano domande su chi li abbia scritti e, soprattutto, quando. Domande che aggiungono un ulteriore livello di mistero al caso, come il ruolo di alcune persone vicine al giovane Regeni: la sua amica egiziana Noura Wahby e il suo coinquilino Mohamed Khaled El Sayyad, ad esempio. Entrambi in contatto con agenti della sicurezza egiziana prima e dopo la sua scomparsa. Oppure, il sindacalista Mohammed Abdallah che, come racconterà stasera la nota trasmissione “Report”, in onda su Rai 3 a partire dalle 20.55, avrebbe tradito Regeni spiandolo per conto della sicurezza nazionale egiziana. Insomma, sembra che il mistero e l’intrigo continuino a circondare la morte di Giulio Regeni, lasciando molte domande ancora senza risposta.