“L’ondata di violenza mortale che ha travolto la Cisgiordania occupata dall’inizio di quest’anno è una conseguenza inesorabile dell’occupazione invadente e repressiva, di cui non si vede la fine, e della cultura dell’illegalità e dell’impunità che Israele ha coltivato e gode.”, ha lamentato la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Palestina, Francesca Albanese.
In una dichiarazione rilasciata ieri, Albanese ha osservato che finora quest’anno le forze militari israeliane hanno ucciso circa 80 palestinesi e ne hanno feriti altri 2.000, mentre le vittime israeliane ammontano a solo 13 persone.
Ha ricordato che anche i palestinesi subiscono blocco, confisca di terre, demolizione di case, discriminazione, imprigionamento di massa e innumerevoli altri abusi e umiliazioni sotto l’occupazione israeliana.
In questo senso, la relatrice ha esortato le Nazioni Unite ad andare oltre il semplice conteggio delle vittime e invitare le “parti” del “conflitto” alla moderazione. “In realtà non ci sono partiti uguali o un vero conflitto, ma piuttosto un regime oppressivo che minaccia il diritto all’esistenza di un intero popolo”, ha ricordato.
Albanese ha sottolineato che la comunità internazionale deve fermare immediatamente l’annessione delle terre occupate, poiché questo flagello legittimerebbe l’aggressione e arretrerebbe il diritto internazionale di “quasi un secolo”.
Negli ultimi mesi, l’esercito israeliano ha intensificato le sue brutali incursioni e uccisioni nel nord della Cisgiordania occupata, principalmente nelle città di Nablus e Jenin.
I gruppi locali e internazionali per i diritti umani hanno condannato l’uso eccessivo della forza da parte di Israele e la “politica di sparare per uccidere” contro i palestinesi.
31 Marzo 2023