«Per molti immaginare un mondo basato sull’altruismo e la solidarietà è impensabile perché ingannevolmente convinti dell’innato egoismo dell’uomo. Noi da comunisti invece crediamo che l’uomo impara ad essere egoista in una società – basata sul capitalismo – che ha come fondamenti l’egoismo appunto, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e l’utilizzo delle persone, come fossero merce, per proprio tornaconto; così come lo stesso uomo imparerebbe solo a grugnire se cresciuto in mezzo ai maiali».
Cari compagni, iscritti e non, sono felice di ritrovarvi oggi a questo congresso, nel quale affronteremo questioni politiche e organizzative. Prima però di fare un punto politico su quello che sta accadendo, nella città, nel paese e nel mondo mi piacerebbe raccontare da segretario una parte dell’attività che questo circolo/sezione in quasi vent’anni di storia ha portato avanti. Il circolo nasce a metà anni novanta come circolo territoriale, zona Porta Nuova, di Rifondazione e viene intitolato al compagno pisano dell’ex PCI Alvaro Tognetti. Il circolo fin da subito si riempie di iscritti tanto da risultare il secondo circolo per quantità anche se la peculiarità più grande è quella dell’elaborazione politica e dell’azione militante. Il suo percorso all’interno di Rifondazione non è mai stato allineato soprattutto nell’ultima fase, causa le politiche opportuniste e di chiara impronta liberale in cui Bertinotti aveva fatto scivolare il partito, col suo inseguimento al Pd in cambio di poltrone. Impronta che Rifondazione non cancellerà più negli anni a venire. Anzi sarà il marchio caratteristico della Rifondazione fino ai giorni nostri. Infatti la parabola di Rifondazione, che sta per concludersi ignominiosamente, è caratterizzata dall’abiura di fatto dei simboli, della storia, dell’analisi e della prassi comunista che si materializza nella rincorsa elettoralistica con la formazione di contenitori vacui politicamente all’insegna del trasformismo, la lista arcobaleno, la Federazione della sinistra, Rivoluzione Civile e l’ultima arrivata la lista Tsipras. Il circolo intanto che a causa di una ritorsione della federazione pisana per le sue politiche non allineate, non viene finanziato e perde la sua sede storica in via Pietrasantina ed è costretto, con molta fatica, soprattutto economica, a trovare una sede adeguata e accessibile. Nel contempo si verifica una spaccatura interna tra chi accetta supinamente i colpi di mano della dirigenza e chi invece vorrebbe andare oltre. Fortunatamente la sede viene trovata, poco meno di tre anni or sono, qui nel quartiere popolare di S. Giusto. Per marcare ancora di più l’identità del circolo, che oltre al lavoro territoriale si caratterizza per un’attenta quanto veridica analisi della politica nazionale e internazionale, si decide di cambiare nome in Circolo E. Berlinguer, per tracciarne la continuità e la contiguità con il PCI che fu del grande segretario sardo di cui non possiamo che ammirare la grande personalità sia umana che politica. Nel frattempo il rapporto con Rc si deteriora e sfocia nella rottura definitiva, causa principale la formazione della lista Rivoluzione Civile, che poi come volevasi dimostrare, si rivelerà un grande flop dal quale Rc non si ridesterà più. Questa scelta abbastanza dolorosa, poiché la stragrande maggioranza dei compagni militava dentro Rc quasi dalla sua fondazione, ma comunque necessaria, porterà qualche fisiologica defezione. Il circolo dopo una prima fase in cui mantiene la semplice dicitura di Circolo Comunista, decide di aderire a CSP- partito comunista. Partito di cui facciamo parte, da un lato con orgoglio, dall’altro con qualche perplessità considerata la sbrigativa analisi storico-politica che è stata fatta nel documento congressuale sul PCI e in particolare sull’operato di Berlinguer che viene liquidato con superficialità e anche una certa acredine. Mentre per molti militanti del circolo rimane un riferimento molto attuale e importante
Fatto questo preambolo croni-storico del circolo una cosa c’è da dire: nonostante i cambiamenti, nonostante le traversie politiche e materiali, siamo sempre qui con alle spalle un lungo percorso fatto di iniziative politiche e sociali tese a promuovere sapere e cultura comunista; tracciando un lungo filo rosso tra varie discipline per dimostrare in modo organico e coerente che la nostra società basata sul capitalismo è superabile a favore di un sistema economicamente e filantropicamente più sostenibile: il comunismo.
Uno sguardo su Pisa
Pisa è sicuramente una città molto strana: nonostante la sua grande tradizione culturale, figlia anche di un’università tra la più prestigiose del Paese, vive una fase che dire letargica è usare un eufemismo. La politica è sempre più burocratizzata e segregata nelle segrete stanze, o meglio “loft”, dei partiti, PD su tutti, ed è lontana mille miglia dalle persone e dai loro bisogni. Dominata da trame massoniche di cui Pisa è degna rappresentante con le sue 12 logge sparse in città. Le elezioni della scorsa primavera, che hanno visto la riconferma, meno schiacciante, del sindaco uscente Filippeschi, hanno avuto come caratteristica predominante l’astensione, che ha raggiunto il livello record del 44,7%. Il Pd si conferma il primo partito, pur con un sensibile ridimensionamento, e si conferma soprattutto partito di potere, senza popolo, fatto di clientele, favoritismi e speculazioni. Gli anni di amministrazione di quest’individuo sono stati caratterizzati dalla repressione generalizzata a danno degli immigrati, degli sfrattati, delle realtà associazionistiche, degli studenti, a cui la città deve molto visto che hanno un peso cruciale nel reddito generale cittadino, che si ritrovano in una città sempre più blindata e vittima di politiche che castrano la socialità.
Negli ultimi dieci anni Pisa ha visto una cementificazione del suo territorio senza eguali. Terreni svenduti a comitati d’affari e palazzinari per costruirci sopra centri commerciali – tra i quali spicca l’Ikea, che oltre ad aver portato problemi alla viabilità, con le varie deviazioni stradali, a pochi mesi dalla sua apertura, ha già vertenze con i lavoratori per i suoi contratti che confermano le politiche reazionarie della multinazionale svedese – palazzine e villette. Nonostante si continui a costruire e nonostante le centinaia di appartamenti – interi palazzi soprattutto nel centro – e case sfitte la città soffre il grave problema, legato alla crisi, dell’emergenza abitativa. Molte famiglie a causa di mancanza di reddito da lavoro sono sotto sfratto, molte altre già sfrattate. A questa gente in difficoltà l’amministrazione non ha dato alcuna garanzia, anzi ha usato il pugno di ferro contro chi, a ragione, aveva occupato locali pubblici e privati. L’edilizia popolare langue, zone come S. Giusto e S. Ermete, la Cella e il Cep, storici quartieri popolari, sono abbandonate a se stesse con l’incuria e la fatiscenza che regnano sovrane. Al danno si aggiunge la beffa visto che si sta facendo piazza pulita anche dei pochi centri pubblici di aggregazione sociale, quali possono essere centri sportivi ad esempio, per favorire strutture private. Queste scelte oltre al danno materiale portano con se un danno ancor peggiore al tessuto sociale cittadino sempre più discriminato e imbarbarito. Il paradosso è che mentre la città soffre appunto di questa mancanza di investimenti pubblici poi si vede costruire sotto gli occhi – senza sapere nemmeno in cosa consista – opere mastodontiche quanto inutili come il People Mover (al quale ci siamo opposti come circolo formando il comitato No-People Mover), una sorta di “funivia” su monorotaia, che collegherà la stazione ferroviaria all’aeroporto, distanti solo 1.780 metri ma che costerà 85 milioni di Euro, che con l’escamotage del deficit spendig graverà sulle spalle inconsapevoli dei cittadini per decine di anni. L’opera attraversa sfacciatamente uno dei quartieri più poveri e trascurati di Pisa: S. Giusto. Dove dalle palazzine popolari fatiscenti la gente potrà ammirare quest’opera super-tecnologica e intanto mangiarsi le mani dalla miseria.
La provincia di Pisa ha avuto una grande regressione dal punto di vista economico. Nel 2013 (dati a dicembre) più di un’impresa al giorno in provincia di Pisa ha chiuso per sempre le saracinesche. Quelle ancora aperte sopravvivono invece tra mille difficoltà, con i consumi che hanno subito una contrazione record. Anche per l’artigianato toscano, fiore all’occhiello della regione, le cose non vanno bene, anzi: il 2014 è iniziato malissimo a gennaio sono cessate dall’Albo Artigiano 1.935 imprese, mentre le imprese iscritte sono 851 (dati Osservatorio regionale sull’Artigianato). Il saldo fra nate e morte è meno 1.084 imprese. Il piccolo commercio arranca sempre più stretto tra la morsa della crisi e delle multinazionali che erodono sempre più le entrate dei piccoli esercenti. A queste problematiche si aggiungono drammaticamente i problemi della disoccupazione che viaggia oltre il 15% quasi tre punti percentuali sopra la media nazionale.
Un’altra questione molto importante e spinosa è la questione dell’ampliamento dell’aeroporto con la costruzione di un Hub militare. Noi della Sezione ci siamo opposti fin da subito al progetto promuovendo il comitato No-Hub, poiché siamo per la smilitarizzazione del territorio che a causa della vicina base americana di Camp Darby patisce sempre più. Base che storicamente è conosciuta come centrale di addestramento di formazioni eversive di estrema destra e dei peggiori traffici.
Sull’imperialismo
E’ sotto gli occhi di tutti la degenerazione politico-economica e culturale a cui è sottoposta la nostra società a causa dell’imperialismo. Ultimo ma non ultimo il colpo di stato in Ucraina indotto dalle potenze imperialiste di USA e Germania, che appoggiando con soldi e armi la destra fascista e xenofoba, cercano di ridefinire gli equilibri geo-politici nel vecchio continente.
A tal proposito Obama è arrivato poco tempo in Italia in pompa magna per fare campagna vendite del prodotto principale dell’economia statunitense: le armi, con tanto di 200 spioni della Cia al seguito e di assaggiatore personale… Obama ormai dimentico del premio Nobel per la pace assegnatogli con tanta leggerezza – col quale ormai vi si può pulire il culo ben bene – invita il Bel Paese e tutta l’Europa ad aumentare le spese militari e i finanziamenti alla NATO; per poter fare così più guerre in giro per il mondo. Non importa che gran parte degli italiani, greci, spagnoli, portoghesi, irlandesi, etc., non arrivino alla fine del mese col frutto del loro lavoro. I vili cortigiani italiani, con Napolitano e Renzi in prima linea, deferentemente disposti in riga, hanno promesso solennemente al “re” del mondo che l’Italia non disdirà mai la commessa degli, inutili quanto mal riusciti, F-35 – circa 21 mld di Euro – a costo di far morire di fame i propri cittadini. Il Presidente Usa (quindi le multinazionali dell’energia) ha molto a “cuore” la questione energetica europea. I fatti dell’Ucraina lo dimostrano ormai ampiamente: contenimento dell’approvvigionamento energetico dalla Russia al Vecchio Continente. In tale ottica non è un mistero che Washington non abbia mai visto di buon occhio il gasdotto South Stream – progetto atto alla costruzione di un nuovo gasdotto che collegherà direttamente Russia ed Unione Europea. È un progetto sviluppato congiuntamente da Eni, Gazprom, EDF – che si augura venga archiviato. Obama vuole convincere-costringere l’Europa, anche contro i suoi (dell’Europa) interessi, e soprattutto l’Italia – che ha una dipendenza di gas dalla Russia del 28% – a comprare il gas Usa che anche a prezzo di costo risulta meno economico di quello russo.
Le guerre, i sabotaggi, gli assassini mirati, le visite di Stato si fanno mica per nulla…il “caso Mattei” ancora grida vendetta e verità contro le “sette sorelle” del petrolio.
Situazione internazionale
Nella vicina Siria il conflitto in corso per far cadere il governo di Assad è un’altra dimostrazione dei tentativi occidentali di destabilizzare l’area medio-orientale per meglio assoggettarla alla propria politica economica, così come è stato fatto in Afghanistan e Iraq. Questi conflitti portati avanti in Medio-oriente dall’imperialismo, americano soprattutto, hanno la loro ragion d’essere nell’operazione di accaparramento delle risorse energetiche di cui l’area è ricca, oltre che per la creazione di nuovi spazi di mercato con manodopera a bassissimo costo.
Quasi ogni paese del mondo ha subito in questi anni: aumenti della disoccupazione, tagli ai diritti fondamentali dei lavoratori, tagli allo stato sociale, tagli ai servizi, il tutto “promosso” dal Fondo Monetario Internazionale di concerto con la Banca Mondiale con la scusa, mendace, della necessità di risanare i debiti pubblici nazionali che per tutta risposta invece continuano a crescere, con immensa gioia dei grandi gruppi bancari, che si vedono pagare dagli stati, oramai strangolati (vedi Italia, Grecia, Spagna, etc.), astronomici interessi. Una manna dal cielo per i capitalisti che invece di investire nella produzione investono sui debiti, con profitti sicuri e certezze per il loro futuro garantite dalle nazioni, a discapito del futuro della stragrande maggioranza dei cittadini. Questo è un pericoloso corto circuito, un cul de sac, in cui l’economia globalizzata, basata sulla circolazione del denaro ancor più che delle merci, sta ricacciando il mondo. Le ricette promosse da governi complici delle banche, come il famigerato governo Monti – ma Renzi non sarà da meno – non sono la cura ma gli effetti di questa malattia endemica del capitalismo. Siamo in ultima analisi di fronte ad una crisi perenne, che porterà i popoli alla bancarotta; popoli che coercitivamente convinti da una propaganda mediatica sempre più incalzante, si andranno convincendo – senza una contro-azione di un soggetto politico realmente popolare che spinga per un cambiamento di sistema – che la crisi è lo stato normale dell’economia, a cui rassegnarsi definitivamente, soggiogati così a fare sacrifici, vita natural durante, per mantenere lauti profitti ai loro carnefici.
Perciò è necessario lottare per portare le banche al fallimento per impedire la definitiva bancarotta dei popoli. La soppressione a livello internazionale di un’economia basata sul debito imperniata su un sistema monetario in questo senso è cruciale
Nel mondo stiamo assistendo ad una recrudescenza dei conflitti bellici senza precedenti, le stime di Emergency parlano di 31 grandi conflitti attualmente in corso. In Ucraina oltre 900.000 persone hanno già lasciato il paese e hanno trovato rifugio in Russia. 2.500 sono fuggiti in Bielorussia. E questo è solo il tragico l’inizio.
Un manipolo di fascisti, col beneplacito, i soldi e le armi, delle sedicenti democrazie occidentali hanno messo a ferro e a fuoco una nazione più che mai divisa e spiazzata. I media volgarmente prezzolati hanno parlato, senza pesare le parole, di dittatura con il vile scopo di delegittimare il presidente Yanukovic eletto con gli stessi metodi elettorali borghesi, e forse con gli stessi brogli, che sono in uso nell’Occidente iper-capitalista.
Quello che è avvenuto in Ucraina è un vero e proprio golpe e non ha nulla di democratico, tutt’altro. Basta vedere le svastiche ostentate dai rivoltosi. Che negli ultimi mesi si sono dati allo squadrismo più infame e turpe seviziando e uccidendo compagni e militanti del partito comunista Ucraino, facendo morire, come nel tragico rogo di Odessa decine di uomini la cui sola colpa era di essere sinceramente antifascisti. Tra le tante cose questo dimostra chiaramente che i fascisti sono stati sempre al servizio, come stolido braccio armato e violento, del grande capitale. Oggi più che mai nessuno lo può mettere in dubbio. Il fascismo non è affatto rivoluzione ma tremenda reazione.
Nell’ottica imperiale c’è bisogno di nuovi Stati da impoverire per il benessere della grassa borghesia tedesca e americana. Il gasdotto ucraino fa gola alla Germania, che spinge per avere sempre più autonomia energetica e rafforzare la sua economia a discapito della restante “povera” Europa. La questione dell’approvvigionamento energetico è cruciale per il predominio del Capitale. Gran parte delle guerre portate avanti e “sponsorizzate” dall’Occidente (con o senza ONU) guerrafondaio in giro per il mondo hanno questa caratteristica, quest’interesse di fondo.
La morte dei manifestanti rimasti sull’asfalto a Kiev durante la rivolta pesano come un macigno sulla coscienza della Merkel e della “sua” Ue, che cercano di convincere ingannevolmente una parte di ucraini – anche con metodi violenti – a scegliere l’Europa e l’Euro con la falsa speranza di migliori opportunità e maggiore benessere. Lo scopo reale è quello di depredare e assoggettare finanziariamente ed economicamente l’Ucraina così come è stato fatto con l’Italia, la Spagna, la Grecia e via discorrendo.
Gli stessi tentativi di destabilizzazione imperialistica sono in corso in molti paesi del mondo, due su tutti: Siria e Venezuela.
Le cosiddette “primavere arabe” in Nord Africa, scaturite da una maggiore presa di coscienza collettiva da parte di proletari e sottoproletari riguardo alle loro problematiche economico-sociali, hanno tentato di spezzare il giogo dei governi corrotti, che col beneplacito dell’occidente hanno affamato per decenni quelle popolazioni. Purtroppo la mancanza di un “fattore soggettivo” politico, un partito comunista forte, ha portato, nonostante i buoni propositi nati dal basso, dall’azione alla reazione, dalla rivoluzione alla controrivoluzione.
In Siria la guerra terroristica, finanziata dall’Occidente, da parte dei ribelli ha provocato quasi 150 mila morti, di cui quasi 30 mila bambini, e 2,5 milioni di rifugiati che vivono con grande disagio in campi di accoglienza, gran parte dei quali allestiti approssimativamente nei paesi limitrofi . Uno Stato sovrano, un presidente legittimamente eletto, una intera popolazione sono ostaggio di un manipolo di mercenari e terroristi di ogni risma, legittimati vergognosamente dagli stati occidentali con il supporto di una stampa di parte, che nasconde faziosamente i crimini perpetrati da questi senza soluzione di continuità nell’intero paese. Da poco è venuta alla luce la loro responsabilità per gli attacchi con armi chimiche ad Aleppo il grosso delle quali offerto dal governo reazionario turco di Erdogan sempre più scalpitante di brame imperialiste in stile ottomano. Gran parte della stampa italiana e mondiale purtroppo non si sofferma nemmeno un secondo a riflettere e far riflettere sul sacrosanto diritto dei siriani, e di ogni popolo su questa terra, di vivere nel proprio paese, con il governo “laico” da “loro” eletto, senza guerre imperialiste e senza il timore di eventuali governi fantoccio, calati dall’alto, che farebbero solo, come si è visto in Iraq e Afghanistan, gli interessi delle multinazionali americane su tutte.
La nostra attenzione è rivolta sempre alla Palestina dove la protervia dello Stato “sionista” di Israele ha raggiunto livelli insopportabili. Siamo fortemente convinti che Israele debba fermare senza se e senza ma l’occupazione e retrocedere dai territori indebitamente già occupati. Per questo appoggiamo incondizionatamente la resistenza palestinese (fronte di liberazione) per la formazione di uno stato “unico” palestinese, laico e aconfessionale, dove finalmente, dopo tante vessazioni, il popolo possa prendere in mano il proprio destino. E per fare questo bisogna uscire dal pantano concertativo dell’Anp, che con la sua titubanza ha aperto spazio all’integralismo musulmano. Parte del problema non certo la soluzione.
Unione europea
Essere contro l’Unione europea non è né di destra né di sinistra. Le motivazioni, che portano al rifiuto di quest’Istituzione, danno, ovviamente, una caratterizzazione politica in un senso o nell’altro. La destra nazionalista si oppone all’Europa Unita, come ha sempre fatto, per questioni nazionalistiche, protezionistiche, razziste. Al grido di: «ognuno a casa sua» liquida la questione in modo populistico. Non si sofferma a fare considerazioni sistemiche sul ruolo imperialista dell’UE e dell’Euro e sulle loro conseguenze politico-sociali. I comunisti di Partito Comunista (come spiega bene Marco Rizzo nel suo: Il golpe Europeo) invece partendo da queste premesse imperialistiche sviluppano una critica molto più articolata e puntuale; meno di “pancia” per così dire. Questa Ue è nata sotto la spinta dei grandi gruppi bancari, che tramite la Bce, oggi dettano legge e impartiscono indebitamente le politiche economiche agli Stati nazionali che la compongono. Politiche che hanno come pietre angolari: tagli allo stato sociale, precarizzazione totale del lavoro, tagli alle pensioni, svendita del patrimonio pubblico. Queste “ricette” forzose sono più riscontrabili nei paesi a capitalismo meno forte, i cosiddetti Piigs, che impoverendosi vanno conseguentemente ad arricchire lo Stato egemone della Ue così pensata: la Germania.
Quando qualcuno parla di “altra Europa” o di riforma della Ue – vedi Lista “Pryzas”, sinistri per l’Europa – per distinguersi, a dir loro, dalle destre che ne propugnano acriticamente l’uscita, mentono sapendo di mentire o, più verosimilmente, non hanno capito un cazzo!
Lista Tsipras
Niente richiami al comunismo (cosa ci si poteva aspettare d’altronde da Revelli, Gallino e compagnia cantando…) nel nuovo listone elettorale “acchiappa” poltrone e acchiappa-citrulli della fanta-sinistra. Che continua a perseverare diabolicamente sul crinale scivoloso del movimentismo più becero e inconcludente e di un generalismo figlio di tutte le culture e di nessuna.
Per quale motivo – chiediamo – un italiano di sinistra, o meglio ancora comunista, dovrebbe votare per questa roba qui? L’altra Europa, Riprendiamoci l’Europa addirittura Risorgimento Europeo! Ci hanno fatto scegliere pure il simbolo, FANTASTICO! Ci sarebbe da scompisciarsi dalle risate se la realtà non fosse così triste.
Al peggio non c’è mai fine!
Questi hanno solo un’idea in testa: distruggere definitivamente il movimento comunista, per il tornaconto di quattro politucoli in cerca di seggiola.
L’Europa Unita è nata sotto auspici imperialisti, finanziari e monetari, è stata studiata a tavolino per questi motivi, questa è la sua base imprescindibile, basta andarsi a leggere i vari trattati, da Roma a Maastricht passando per Schengen e Lisbona; parlare di riformabilità è un “nonsense” per due motivi principali: il primo è di natura tecnico-politica, infatti con quali mezzi si vorrebbe riformarla se nei fatti il Parlamento Europeo conta come il “due di bastoni quando briscola è a denari”, cioè quasi niente? Con paletta e secchiello? Il secondo motivo, macroscopico, è che L’Unione Europea è stata studiata per funzionare così: togliere sovranità alle nazioni più povere, attraverso la moneta unica, per affidarla nelle mani delle Nazioni più ricche e forti politicamente, Germania in primis. Se un motore è progettato per andare a gasolio non ci si può mettere la benzina, a voglia a cambiare pezzi del motore.
Quello che invece è necessario, e oramai improrogabile, è una Nuova Europa sotto l’insegna dell’”internazionalismo proletario, come affermava Berlinguer, che tolga il potere dalle mani dei banchieri e lo metta in quelle più sicure dei lavoratori una volta per tutte. Il resto è solo fantasia, obnubilante “fuffa” elettoralistica.
Politica italiana
Sono oramai passati vent’anni esatti dalla proditoria discesa in campo del pluri-pregiudicato Cava(g)liere Silvio Berlusconi. Quattro lustri all’insegna di leggi “ad personam”, di condoni tombali per “i furbetti”, di riforme come quella sulla scuola che ha di fatto terremotato l’istruzione pubblica.
Stare a fare l’elenco dei danni che questo individuo ha fatto all’Italia e alla sua classe lavoratrice sarebbe troppo dispersivo – ci vorrebbe un lungo e articolato dossier – e non è l’intenzione di questa analisi. Quello che invece mi sembra ancor più degno di nota è come costui sia rimasto leader indiscusso della politica italiana – dettandone i tempi e cambiandone radicalmente i modi – per un ventennio grazie ad un accondiscendente, “flaccido” centro-sinistra (Pds/Ds/Pd), che fatti alla mano gli ha tolto, quando necessario, le “castagne dal fuoco”.
Appena entrato in politica è subito apparso chiaro a gran parte della popolazione che ci fosse un grave problema di conflitto di interessi. Sarebbe bastato fare tempestivamente una legge [senza scomodarsi troppo si sarebbe potuto prendere come modello il Blind Trust americano, mica (magari!) un editto Bolscevico..] a riguardo; invece dopo tanto tergiversare gli allora Ds attraverso D’Alema condonarono il conflitto di interesse in cambio di una inutile Bicamerale per le riforme. In seguito, causa un disastroso governo D’Alema (sempre lui, che tramò per far cadere il primo Governo Prodi), sicuramente tra i peggiori della Seconda Repubblica, venne spianata la strada ad una vittoria schiacciante de Cava(g)liere (2001), che in quella legislatura lunghissima rivoltò lo Stato come un calzino, applicando a chiare lettere buona parte del “Programma di Rinascita” piduista. Alle politiche seguenti Prodi (2006), con l’appoggio della sinistra cosiddetta radicale – invero radical chic – vinse ma in modo risicato e infatti cadde dopo appena 1 anno, 11 mesi e 21 giorni.
Qua risulta decisivo l’intervento “dell’oscuro tessitore” Giorgio Napolitano, che ha di fatto consentito al potere berlusconiano di perpetuarsi.
Venne organizzata una trappola perfetta: il ministro degli esteri Massimo D’Alema (aridaje!) aprì la prima crisi di governo a causa del voto contrario al senato a una sua relazione. Dopo soli tre giorni (dicembre 2007) Napolitano rinviò alle camere per la fiducia. Il 24 gennaio scioglieva le camere a causa della sfiducia in senato, innescata dal “terribile” Mastella. La legislatura seguente – con Berlusconi ritornato presidente del consiglio – dopo poco più di un anno comincia a traballare a causa di una grave crisi nel Pdl imploso per le forti contraddizioni interne, con Fini (presidente della camera) che esce dal partito. Napolitano invece di perseguire, come era giusto, data la mancanza oggettiva di una maggioranza, lo scioglimento delle camere e indire nuove elezioni, o al limite proprio verificare se ci fossero gli estremi per un governo “tecnico”, congelò la politica per più di un mese, così facendo permise al “Grande Corruttore” di portare a termine una oscena campagna acquisti in parlamento con la compravendita di deputati, ormai ridotti alla stregua di vacche da fiera. Uno su tutti l’Idv Sergio De Gregorio, che in seguito avrebbe confessato di aver intascato circa tre milioni di euro per tradire il centro-sinistra.
Come mai questa disparità d’intervento, da parte del Garante dello Stato, tra il governo Prodi e quello Berlusconi…?
In seguito quando ormai il governo Berlusconi appariva insostenibile, invece di sciogliere le camere e indire nuove elezioni il Presidente della Repubblica mise in carica il tremendo governo Monti. In questo lasso di tempo Berlusconi, con uno dei suoi repentini colpi di coda, riuscì a riacquistare credibilità agli occhi di uno stolido elettorato togliendo la spina al – tanto inviso agli italiani – governo Monti. Alle elezioni seguenti, Berlusconi sembrava spacciato, invece grazie anche alla trasmissione del “sinistro” Santoro, si rilancia alla grande “mediaticamente”, quindi elettoralmente, per poi andare al governo, voluto fortemente da Napolitano, con quello stesso centrosinistra, che in campagna elettorale aveva fatto appello in modo martellante e ipocrita al voto utile contro lo stesso Berlusconi.
Oggi dopo la sua incontrovertibile decadenza, Renzi(e), novello segretario del Pd, come prima cosa (dato che l’Italia non ha altri problemi da risolvere, crisi economica su tutti) gli tende la mano, per le riforme in chiave elettorale, arrestandone così la caduta – che appariva ormai inesorabile – dal “palcoscenico” politico italiano.
Valutato ciò ci domandiamo retoricamente: «perché così tanta solidarietà a sinistra nei confronti del vorace Caimano?».
Oggi al governo come primo ministro siede Renzi un epigono del Berlusconismo, affascinato dalla velocità. Ma si sa la velocità fuori controllo crea intolleranza.
L’asso piglia tutto è uno dei giochi a carte preferiti dai bambini che ghignano beffardi quando gli capita un asso tra le mani e raccolgono tutte le carte sul tavolo con gongolante soddisfazione. Guai però se l’asso cade in mano avversaria perché si sa i bambini vorrebbero sempre vincere. Renzi sta giocando all’asso piglia tutto con le istituzioni del nostro paese – con l’assenso naturalmente dei poteri forti italiani ed europei di cui ne è il rappresentante – contro tutto e contro tutti, e per ora gli dice bene. L’Italia, ahinoi, è un paese fortemente assopito davanti al tubo catodico.
Non si era mai vista una cosa del genere prima d’ora: Sindaco di Firenze, leader del Pd e prossimamente Primo Ministro. Mastrapasqua a confronto è davvero un dilettante. Ma lui non era quello che doveva svecchiare la politica? I buoni propositi si sa lasciano sempre il tempo che trovano. Partì come rottamatore e finì come rottame. Questo basterebbe per far capire la natura accentratrice e pericolosa per la democrazia di questo individuo. Ma l’Italia è il paese dei messia, delle religiose e fatalistiche speranze.
Da destra a sinistra, da uno schieramento all’altro, dentro ogni schieramento una cosa è trasversale a tutto: il volersi fare il “culo” a vicenda per una poltrona qualsiasi o carica istituzionale. D’altronde a questa politica, priva di onestà, di credibilità, di moralità, di autonomia e priva soprattutto di ideali, esecutrice finale degli interessi del grande capitale e della grande finanza – che vanno mortalmente a braccetto contro gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione mondiale, dettando sostanzialmente la linea politico-economica – non resta che accaparrarsi le misere briciole e farsi la guerra per un piatto di lenticchie. Poi se c’è a capo dello Stato uno che: agisce in regime d’incostituzionalità, trama contro lo Stato di diritto, cerca accordi con la mafia, fa e disfa i governi in modo arbitrario (per “noi”, ma per “loro” è tutto studiato a tavolino), nomina Presidenti del Consiglio mai eletti (vedi Monti, Letta, “Renzie”) e che impedisce al cittadino di esercitare il suo, esiguo e sempre più formale, diritto di voto e di poterlo fare con una legge elettorale democratica e costituzionale (proporzionale puro), allora ogni scenario è possibile, tranne ovviamente la democrazia. Che siano i lavoratori a dettare una volta per tutte l’agenda politico-economica. Per fare questo c’è naturalmente bisogno di un “fattore soggettivo”, che rafforzi e incanali la lotta di classe. In piccolo questo fattore adesso c’è, sta a noi rafforzarlo e riempirlo di contenuti.
Lavoro e disoccupazione
Dall’altro ieri grazie al governo “Renzie” i contratti di lavoro saranno soprattutto precari. “D’ora in poi, infatti, sarà possibile stipulare contratti fino a 36 mesi senza causale, vale a dire sena una ragione specifica, così come sarà possibile prorogare un contratto per cinque volte; il datore di lavoro non è più obbligato a stabilizzare i lavoratori assunti fuori quota.
BENVENUTI NELLA PRECARIETA’ PERMANENTE!
Per capire meglio la situazione lavoro nel bel paese è molto importante dare un’occhiata al grafico sulla disoccupazione dagli anni sessanta a oggi.
Analizzando il grafico (vedi immagine sottostante) sulla disoccupazione in Italia dal 1960 ad oggi possiamo trarre alcuni dati irrefutabili e incontestabili, ma che vengono continuamente omessi o deliberatamente camuffati dai media su impulso dei governi.
Il più evidente sta nella bugia che ci viene raccontata di continuo – quando si parla di tasso disoccupazione – che nell’ultimo anno si è eguagliato, e superato, il record toccato a metà degli anni ’70 (periodo in cui c’è stata la crisi del petrolio con le conseguenze tragiche che ha portato con sé), ’77 per la precisione, mentre invece il picco si era toccato a metà degli anni ’80 in pieno Craxismo. Infatti il tasso di disoccupazione aumenta ad alta velocità nel periodo delle trasformazioni liberiste/edoniste reaganiane e thatcheriane che in Italia hanno preso forma sotto il nome di Craxismo appunto. Comunque una considerazione da fare, e non da poco, è che ancora la stragrande maggioranza del lavoro era a TEMPO INDETERMINATO, quindi anche a parità di tasso di disoccupazione, c’è il dato incontrovertibile che la qualità del lavoro e dei diritti correlati era di gran lunga migliore. Dopo un periodo di stabilità, a cavallo tra gli ottanta e i novanta, nella seconda metà degli anni novanta la disoccupazione comincia a scendere sensibilmente; il motivo è inquadrabile, non tanto in una congiuntura favorevole di mercato, quanto nell’introduzione massiccia di lavoro precario/interinale (Il lavoro interinale, era precedentemente vietato dalla legge del 23 ottobre 1960, n. 1369 che andava sotto il nome di: “Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera negli appalti di opere e di servizi”, con tanto di modifica costituzionale portata avanti da centro-sinistra), col cosiddetto “Pacchetto Treu”. Più lavoro certo ma a termine, di scarsa qualità (anche per i laureati) e con molti diritti in meno. Il trend positivo è durato finché questa riforma infame “ha trovato spazio di manovra”. Una volta precarizzato il precarizzabile infatti il trend si è invertito a metà dei 2000 e il tasso di disoccupazione ha continuato inesorabilmente la sua crescita, colpa la crisi di sovrapproduzione capitalistica, fino a toccare il picco impensabile dei giorni nostri.
Valutato ciò è difficile, anche pensare, che la disoccupazione possa scendere in modo importante in futuro; a meno che non si introdurranno – e lo faranno a meno di una massiccia e consapevole rivolta di popolo – nuove forme più accentuate di precarizzazione e quindi di sfruttamento sul lavoro (vedi “Renzie” e Jobs Act) che troveranno la loro espressione massima quando si imporrà per legge il lavoro a gratis: unico modo, sotto il capitalismo, per avere piena occupazione. Nel frattempo ci dobbiamo accontentare di lavorare quando capita e per due soldi: noi per sopravvivere e “loro” per taroccare i grafici sulla disoccupazione e fare la bella vita…
Una questione molto importante, non per niente il ministro del lavoro del nuovo governo è Giuliano Poletti, già amministratore delle coop in Italia, sono le cooperative (rosse, bianche e di vari colori…ormai non c’è distinzione) sono diventate da espressione di lavoro solidale e collettivo a vere e proprie aziende con mentalità privata, votate al profitto indiscriminato e conseguentemente allo sfruttamento. Applicano con solerzia e profusione tutte le forme di lavoro precario dimostrando spesso e volentieri poco rispetto per i lavoratori. Ciò che dovrebbe caratterizzare le imprese cooperative invece è la “mutualità cooperativa”, appunto, che dovrebbe esprimersi in una libera collaborazione di più persone per il raggiungimento di un fine comune attraverso la solidarietà e l’aiuto reciproco in modo d’avere parità di diritti e di doveri. La Costituzione Italiana (art. 45), ne sancisce la valenza sociale – quindi il rispetto dell’uomo e del lavoro – che dovrebbe tradursi in una mancanza di speculazione privata privilegiando interessi comuni e solidali della cooperativa sugli interessi “egoistici” dei singoli soci. Come possiamo tristemente notare, tranne qualche rara eccezione, le cooperative oggi non sono niente di tutto questo men che meno le grandi cooperative… la Coop sei tu na beata minchia!
Sindacato
«Gli operai sentono che il complesso della “loro” organizzazione è diventato tale enorme apparato, che ha finito per ubbidire a leggi proprie, intime alla sua struttura e al suo complicato funzionamento, ma estranee alla massa che ha acquistato coscienza dalla sua missione storica di classe rivoluzionaria». (A. Gramsci)
Nonostante questi anni di crisi feroce, mai come adesso il sindacato è stato appiattito sulle richieste confindustriali e del governo, portando i lavoratori a condizioni sempre peggiori. D’altronde se all’epoca l’avevano sbattuta fuori dalla FIOM qualche motivo ci doveva pur essere… Ma chissà come poi è riuscita addirittura a diventare segretario generale CGIL: le vie della burocrazia sono infinite. La Camusso, ormai lo sappiamo bene, è tutta “chiacchiere e distintivo” non c’è che dire
Il palcoscenico del congresso Cgil, di qualche settimana fa, ha esaltato più che altro la sua vanità. La sua presa di posizione nei confronti del governo “Renzie” non è certo di natura sindacale, nel senso più nobile del termine, tanto meno politica, ma di natura mediatica e personale, visto che a lei interessa più che altro essere invitata ai tavoli concertativi – dove ha sempre puntato al ribasso – che difendere i lavoratori realmente. Cosa che dati alla mano non ha mai fatto. Infatti dov’era durante il governo Monti e Letta? Quale grande mobilitazione o sciopero efficace ha indetto durante il suo mandato contro lo scempio che è stato fatto dei diritti sul lavoro e sulle rappresentanze? La concertazione va bene fino a quando i padroni hanno margine sicuro di “profitto”, altrimenti ci pensano i governi “amici” a portare a casa risultati più incisivi e perentori. A lei, da prima donna quale si sente, piacerebbe camminare ancora a braccetto con Squinzi facendo posto a “Renzie” nell’altro braccio. Il guaio però è che adesso chi la caccia? Il dualismo Camusso-Landini appare sempre più come una resa dei conti personale; col tentativo di Landini – “che puzza sempre più di bruciato” – di scalare la CGIL per assumerne in futuro la leadership. In tutto questo i lavoratori che ci azzeccano? Poco e in mancanza d’altro si suicidano. Caro Landini quando è stato fatto l’accordo sulle rappresentanze, tu dov’eri? Disse in seguito che la cosa l’aveva appurata su internet… sarà, ma non è certo un bel sentire. Il suo avvicinamento a Renzi in chiave “leaderistica” a noi fa paura quanto la Camusso. I sindacati in tutti questi anni, giusto per dare un po’ di visibilità ai loro “leaderini”, hanno al massimo indetto manifestazioni-scampagnata con orde di “temibili” pensionati, senza molto chiasso in modo da non intimidire troppo il governi amici susseguitisi che hanno lavorato per affossare definitivamente l’Italia e il lavoro. Questi cialtroni parlano e sparlano, fanno e disfano sulla pelle dei lavoratori, il cui problema maggiore è il metodo concertativo che in più di vent’anni ha fatto regredire i loro (dei lavoratori) diritti e i loro salari a vantaggio dei padroni. Di fronte a tutto ciò l’unica via d’uscita per i lavoratori è un sindacato di classe che scardini con forza questo stato di cose; che tragga ispirazione da sindacati combattivi come quello greco (PAME) piuttosto che da quelle macchine terribili, di fatto in mano ai padroni, che sono le “Trade Unions” americane. A tal proposito rilanciamo l’idea del FUL – Fonte Unitario dei Lavoratori.
Media e Capitalismo
La borghesia dopo una iniziale fase rivoluzionaria, necessaria per la presa del potere, è diventata inesorabilmente una via di mezzo tra clero e aristocrazia, quindi classe doppiamente reazionaria e conservatrice. Come il clero, impone la morale comune – più o meno laica, a seconda delle convenienze, ma con fare clericale – dicendo (imponendo) al popolo cosa è giusto e cosa e male, cosa è bello e cosa è brutto; così facendo aumenta il suo dominio e rafforza il suo controllo. Al pari dell’aristocrazia invece è diventata nel tempo una classe parassitaria e improduttiva, sempre più ossessionata ad appropriarsi della ricchezza prodotta dalla classe lavoratrice. Borghesia bulimica che stra-vive grazie a questa rendita, che le permette di liberare il proprio tempo libero (tempo di vita) a discapito del tempo libero altrui: dei lavoratori. La borghesia-aristocrazia elevatasi a classe dominante, emana la morale del paese o dei paesi (visto che anche le classi oggi più che mai sono globalizzate) in funzione dei suoi interessi “materiali” di classe e dettata dai suoi sentimenti di superiorità di classe. Come efficacemente ha affermato Marx: «in ogni epoca le idee dominanti sono le idee della classe dominante.» I comunisti consci di ciò, devono intensificare la lotta di classe, facendo leva sulle gravi contraddizioni sistemiche del Capitalismo, per sovvertirlo e così arrivare progressivamente ad un mondo senza classi sociali, conseguentemente senza sfruttamento. Per fare questo bisogna smarcarsi da quel “senso comune” – ovvero morale classista – che ci tiene imprigionati, che altro non è che una catena alla quale i dominanti legano a loro i dominati; che giustifica il sopruso dell’uomo sull’uomo. Sopruso che viene mantenuto anche attraverso l’inganno mediatico e semantico. Fenomeno che avviene cambiando il senso alle parole – i fatti non ci vengono “detti” ma “narrati” – delle quali il significato viene “malignamente” alterato accentuandolo o diminuendolo a seconda dell’esigenza. Ciò porta una sorta di schizofrenia nella società (classi subalterne) che finisce col perdere la propria identità culturale, perché gli vengono sottratti i mezzi per mantenerla, e soprattutto finisce col perdere di vista i propri interessi materiali e morali, che sono strettamente collegati alla propria appartenenza di classe.
Se milioni di persone in Occidente credono a cose stupide, ciò non impedisce a tali cose di rimanere stupide. Il ruolo dei media e della televisione in special modo è di glorificare la stupidità e l’ignoranza per diffonderle il più possibile. Un popolo che “sguazza” nell’ignoranza più miserevole e degradante è più facilmente controllabile: non c’è schiavo più diligente di colui che giustifica la propria schiavitù.
Il ruolo dei comunisti è di sovvertire questo paradigma in tutti i campi del sapere e nella realtà col beneficio del pensiero scientifico di cui siamo, spesso anche inconsapevolmente, i migliori portatori. Abbiamo chiavi di lettura del mondo efficacissime e attualissime: il materialismo dialettico e l’umanesimo bolscevico. Credo sia di facile constatazione il fatto che oramai la politica ha finito, da tempo immemore, di essere scienza del buon governo (se mai lo fosse stata…) mentre è diventata incontrovertibilmente arte della conquista, dell’esercizio e della conservazione del potere di una classe sociale sulle altre, del ricco sul povero, dell’uomo in malafede sull’onesto. Questo è stato possibile grazie al continuo e pervasivo lavorio esercitato dai media (in mano alla classe dominante appunto…) sulla mente del singolo, che poi diventa parte integrante di una massa stolida; indirizzando così, verso falsi bisogni e credenze, in un delirio autolesionistico, l’opinione pubblica – tragicomicamente illusa di aver libero arbitrio e potere decisionale – che in ultima analisi viene poi utilizzata da politicanti burocrati e parassiti a proprio uso e consumo per legittimare questo potere autoreferenziale, nei fatti calato dall’alto, per “gentile” concessione e investitura, dal vero potere: quello economico-finanziario-massonico.
L’economia capitalistica con i suoi indici fittizi e ridondanti, che poco hanno a che fare col benessere reale delle persone e del pianeta, è una grande messa in scena che nasconde più specificatamente una truffa colossale ai danni del sistema lavoro, che regge di fatto l’economia mondiale. Quest’economia ha molto, troppo, di metafisico e poco di scientifico. Così come dalle pietre non nascono altre pietre dai soldi non possono nascere altri soldi a meno di leggi economiche truffaldine e degenerate. Tutto ciò è talmente ben congegnato – Henry Ford stesso, in un inusuale quanto tracotante, scampolo di onestà, osò dire che: «Se la gente sapesse come funziona il nostro sistema finanziario e bancario ci sarebbe una rivoluzione prima di domani mattina» – che rende ermetico l’accesso allo studio dell’economia reale ai di più e permette ai grandi gruppi (ai meno) di affari e monopolisti di sottrarre ricchezza a coloro che la ricchezza in ultima analisi la creano davvero: lavoratori di beni e servizi, per metterla nelle mani di capitalisti borghesi parassiti e truffatori; meccanismo che inevitabilmente va a rafforzare sempre più lo status quo.
Col comunismo e la pianificazione economica, senza borse e né mercati, con pochi indici essenziali, lineari e scientifici, l’economia sarà efficiente e comprensibile anche a un bambino: chi lavora ha diritto d’accesso a beni e servizi e con le rendite ci si pulisce il culo.
Sul Revisionismo storico
«Il sogno della democrazia è di innalzare il proletariato al livello di stupidità che ha già raggiunto la borghesia». (G. Flaubert)
Per ottenere questo la borghesia o meglio la classe dominante porta avanti una certosina quanto inesorabile opera di falsificazione della storia, che va sotto il nome di revisionismo storico, dal quale discendono direttamente il revisionismo politico e culturale. Il revisionismo storico è un’azione proditoria nei confronti della storia, che non viene valutata più secondo parametri materialistico-dialettici, quindi scientifici, ma idealistici e addirittura metafisici. Il materialismo dialettico è la legge generale, l’alveo in cui si muove il processo scientifico. In ambito comunista, il revisionismo, rappresenta il progressivo allontanamento dall’analisi e dalle categorie marxiane e leniniste; che con Bernstein, a fine ottocento, danno via via sviluppo alla socialdemocrazia. Lenin a tal proposito scriveva: «Nel campo della filosofia il revisionismo si è messo a rimorchio della «scienza» professorale borghese. I professori «ritornano a Kant», e il revisionismo si trascina sulle orme dei neokantiani; i professori ripetono le trivialità pretesche, rimasticate mille volte. Si è detto che le crisi sono oggi divenute più rare, meno acute, e che con ogni probabilità i trusts e i cartelli daranno al capitale la possibilità di eliminarle del tutto. Si è detto che la «teoria del crollo» verso cui marcia il capitalismo è una teoria inconsistente, perché le contraddizioni di classe tendono ad attenuarsi, ad attutirsi. Si è detto, infine, che non è male correggere la teoria del valore di Marx secondo gli insegnamenti di Böhm-Bawerk.[…] Per quel che concerne la teoria delle crisi e la teoria del crollo, per i revisionisti le cose sono andate ancor peggio. Soltanto per un brevissimo periodo di tempo e solo persone di vista ben corta potevano pensare a rimaneggiare i princípi della dottrina di Marx sotto l’influenza di alcuni anni di slancio e di prosperità industriale. La realtà ha dimostrato ben presto ai revisionisti che le crisi non avevano fatto il loro tempo: alla prosperità ha tenuto dietro la crisi. Sono cambiate le forme, l’ordine, la fisionomia delle singole crisi, ma le crisi continuano a essere parte integrante del regime capitalista. »
Nonostante le continue e ripetute detrazioni, Marx, piaccia o no, rimane di grande attualità come nessun altro filosofo ed economista della storia dell’umanità, tant’è che siamo qui a parlarne; e lo stesso accadrà anche tra mille anni.
Il revisionismo viene portato avanti in special modo dagli intellettuali che ne hanno più di altri l’autorità per farlo, ma viene favorito anche in modo subdolo attraverso la diffamazione di eventi e personaggi storici e politici praticata attraverso i media che in piccole dosi riescono ad insinuare il dubbio e la menzogna nell’opinione pubblica che poi viene definitivamente traviata dall’opera di revisione più articolata fatta dagli intellettuali al soldo dei potenti. Il comunismo per la classe dominante e conseguentemente per il pensiero comune, poiché come diceva Marx: «Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti» non è politicamente corretto, in quanto rappresenta l’unico vero nemico, l’unico procedimento realmente rivoluzionario capace di spazzarla via come ha già fatto; unico movimento nella storia. Per questa ragione il comunismo e i comunisti sono dipinti come caricature, perché in vero la borghesia ne ha una paura matta e cerca così di svilirli, diffamarli. Stalin diventa un dittatore sanguinario che fa il paio con Hitler, Lenin uguale, Marx un visionario e così via. Per questo è importante che ognuno di noi si informi adeguatamente sugli avvenimenti della storia e della attualità; spazzando via dalla nostra strada ogni falsificazione. Una grande rivoluzione sociale è possibile solo se ognuno di noi fa una piccola rivoluzione individuale.
Il partito
«Ogni membro del Partito comunista deve comprendere che a lui guardano i compagni di lavoro e di studio, i vicini di casa, i conoscenti e i parenti, come ad un combattente per un mondo migliore, per una società più giusta e più sana. Egli deve perciò preoccuparsi costantemente di essere di esempio con la sua vita privata, con la sua condotta verso la propria famiglia, i vicini, i compagni di lavoro, con il comportamento morale, l’onestà, lo spirito di solidarietà umana e sociale di cui dà prova. Ciò è tanto più necessario quanto più il compagno è conosciuto per l’attività che svolge e per le cariche che ricopre nel partito e nella vita sociale e politica». (E. Berlinguer)
Sono ancora in tanti a definirsi anticapitalisti e comunisti nel panorama politico di un’Europa degradata economicamente e moralmente dalla crisi capitalista di inizio secolo. In Italia, come in Grecia e altrove, va in scena la pantomima dell’ “antipolitica”, come se si potessero cambiare le cose al netto della politica. Molti gruppi, formazioni, movimenti sono vittima di nuovi rigurgiti isolazionisti e di nuove tentazione autoreferenziali che già Vladimir Uljanov Lenin aveva individuato come un pericolo mortale per la sinistra. Molti infatti (stra)parlano di anticapitalismo e di politica ignorando alcuni degli scritti più significativi di uno che dovrebbe rappresentare il riferimento obbligato di qualsiasi rivoluzionario: “L’Estremismo” di Lenin.
Se non c’è solidarietà, rispetto è unità tra compagni la bontà delle formulazioni politiche, unitamente alla loro pratica, va a farsi benedire. Questo è successo negli ultimi 20/30 anni al movimento comunista – italiano e non – vittima indiscussa di opportunismi e personalismi vari che ne hanno favorito la disgregazione interna, quindi la residualità politico-sociale.
Non ci sono comunisti più comunisti degli altri ci sono solo COMUNISTI e NON-COMUNISTI.
L’invidia, la vanagloria, l’arrivismo, l’individualismo lasciamoli alla borghesia.
Il Partito Comunista non è una setta dei giusti, o peggio ancora dei puri, ma è il partito di tutti i lavoratori, anche di quelli che non sono comunisti, anche di quelli che hanno perso la coscienza di classe, ma che alla fine lotteranno insieme per ottenere un mondo più equo per la maggior parte dei suoi abitanti.
Bisogna aver chiaro che il marxismo-leninismo non è “minoritarismo” politico, men che meno “settarismo” autoreferenziale. Come diceva Togliatti: «il Partito deve essere un partito di quadri ma allo stesso tempo di massa.» Nella capacità di coniugare dialetticamente queste due caratteristiche, apparentemente contraddittorie, sta la riuscita e l’incisività di un soggetto veramente rivoluzionario. Laddove rivoluzione significa sovvertimento, anche violento, dello stato di cose presenti. Come comunisti allora dobbiamo lavorare – in questo mondo “idealisticamente materialista”, corrotto, prostituito al denaro, dove le persone vivono l’alienazione del lavoro e della propaganda e lavorano per alimentare la propria schiavitù – per una presa di coscienza di classe dal respiro internazionale creando e portando avanti un’alternativa socio-economica possibile e necessaria, l’unica veramente perseguibile, la cui pietra angolare debba essere la ricerca continua, adogmatica di una visione d’insieme, su basi dialetticamente materialiste, coerente con la sostenibilità umana, economica ed ambientale: in una parola il socialismo-comunismo.
«Piccolo gruppo compatto, noi camminiamo per una strada ripida e difficile tenendoci con forza per mano. Siamo da ogni parte circondati da nemici e dobbiamo quasi sempre marciare sotto il fuoco. Ci siamo uniti, in virtù di una decisione liberamente presa, allo scopo di combattere i nostri nemici e di non sdrucciolare nel vicino pantano, i cui abitanti, fin dal primo momento, ci hanno biasimato per aver costituito un gruppo a parte e preferito la via della lotta alla via della conciliazione. Ed ecco che taluni dei nostri si mettono a gridare: “andiamo nel pantano!”. […] Ma lasciate la nostra mano, non aggrappatevi a noi e non insozzate la grande parola della libertà perché anche noi siamo“liberi” di andare dove vogliamo, liberi di combattere non solo contro il pantano, ma anche contro coloro che si incamminano verso di esso!». (Lenin)