Domenico Marino *
Le controriforme hanno preso il posto delle riforme. Sia nel linguaggio parlato che nei fatti. Quando Renzie parla di (contro)riforme mi si gela il sangue. Generalmente le riforme dovrebbero essere tese a migliorare la condizione di una nazione, che dovrebbe significare: più lavoro stabile e meglio retribuito, più diritti sociali, migliore sanità, migliore istruzione, riduzione della forbice tra ricchi e poveri, più tutela dell’ambiente e del patrimonio artistico, più politiche di pace, miglioramento dell’autonomia energetica, maggiore salvaguardia del patrimonio pubblico, più tutele per i senza lavoro e gli indigenti, più strutture ricettive per anziani e disabili, meno privilegi di casta, meno privato più pubblico – in questo senso andrebbe migliorata e attualizzata la Costituzione – e tanto altro che sia appannaggio della maggioranza dei cittadini, i lavoratori e non dei soliti capitalisti e delle loro banche.
Ovviamente le intenzioni del nuovo governo targato Renzie – che in Europa ci è andato, non per sbattere i pugni, ma per genuflettersi con melliflua deferenza – sono tutt’altro perché vanno nel senso opposto, non saranno riforme atte ad aumentare o più semplicemente a migliorare lo stato sociale ma a toglierlo definitivamente.
Va da sé che sono delle CONTRORIFORME; poiché come definisce il dizionario Treccani, dicesi controriforma: “la tendenza culturale o politica estremamente conservatrice, che si oppone a ogni rinnovamento ed è incline a un’intransigente restaurazione”.
Detto in parole povere vogliono riportare, e in parte l’hanno già fatto, le condizioni di lavoro a quelle di inizio Ottocento.
D’altronde cosa ti puoi aspettare da un “gobbo” (non me ne vogliano gli Juventini…) che porta, indebitamente, in dono alla Merkel la maglia dei Viola. Più trasformista di così….!
* segretario Circolo Enrico Berlinguer di Pisa