Lo dice Annibale Marini, Presidente emerito della Corte Costituzionale
A proposito della riforma costituzionale c.d. Renzi-Boschi che ho giudicato e continuo a giudicare una pessima riforma oltre che una riforma priva della necessaria legittimazione lo parlamentare.
Non è senza significato che uno dei padri riformatori che poi è una madre riformatrice, e cioè l’On.le Boschi, abbia di recente affermato che se fosse toccato a lei scrivere la riforma l’avrebbe scritta in modo diverso; e dato il modo in cui la riforma è stata scritta c’è persino da crederci.
Ciò premesso, il primo aspetto, in ordine logico, di questa riforma che occorre sottolineare è quello della mancanza di legittimazione parlamentare e cioè il fatto di essere stata deliberata da un Parlamento dichiarato incostituzionale dal nostro supremo organo di garanzia: e cioè dalla Corte Costituzionale.
Abbiamo, infatti, assistito ad una vicenda a dir poco singolare che è quella di un parlamento dichiarato, ripeto, incostituzionale che in quanto tale avrebbe dovuto essere sciolto e che avrebbe potuto eccezionalmente continuare ad operare per il principio di continuità dello Stato solo riguardo agli atti immediati ed urgenti quali quelli previsti degli articoli 66 e 77 non a caso citati dalla stessa Corte Costituzionale e che invece si mette disinvoltamente e allegramente a fare riforme su iniziativa e con il consenso non solo di un Presidente del Consiglio non parlamentare, ma duole ricordarlo, anche del Padre dei padri di questa riforma e cioè del Presidente della Repubblica che avrebbe dovuto, ripeto ancora una volta, sciogliere e non riformare un Parlamento incostituzionale.
Questo Parlamento invece non solo non è stato sciolto dal Sig. Presidente della Repubblica ma si è messo ..
Aspetto di sapere se ci sono e quali sono i precedenti di questa singolare vicenda e aspetto di conoscere la giustificazione che ne hanno dato o intendevano darvi padri riformatori e madri riformatrici.
Si è, poi, detto e ripetuto con una certa enfasi che la nostra Costituzione è la più bella del mondo e per giustificare la riforma che di quella Costituzione cancellava decine di articoli si sono dette due cose.
La prima è che quella bellezza sarebbe destinata a durare fino a un certo numero di articoli dopo il quale essa verrebbe meno per diventare, come nelle favole, brutta e vecchia e quindi meritevole di essere cancellata.
La seconda, leggermente comica, riguarda gli stessi padri costituenti che nel varare la Costituzione sarebbero stati consapevoli, secondo i nostri riformatori, della sua inadeguatezza e avrebbero perciò predisposto un procedimento per la sua revisione.
In tal modo, tuttavia, mentre si sono fatti parlare i morti si è dimenticato che labrogazione o la revisione è un procedimento generale ad ogni legge e non solo di quella che va sotto il nome di carta costituzionale.
Lunica legge che non contempla un procedimento di abrogazione o di revisione è quella, poco recente, nota sotto il nome di XII Tavole che nella specie non viene in considerazione.
Passando ad un altro aspetto di questa riforma una delle motivazioni che ci vengono presentante quotidianamente da Palazzo Chigi e dintorni nelle sue esternazioni televisive e giornalistiche è quella dellabolizione del Senato con i relativi vantaggi in termini di:
risparmio di spesa;
riduzione del numero dei parlamentari;
semplificazione del lavoro legislativo.
Signor Presidente del Consiglio se avesse letto con maggiore attenzione la riforma che dice di aver scritto avrebbe appreso che essa non abolisce affatto il Senato ma anzi ne ribadisce la funzione legislativa e di revisione costituzionale. Quanto allaffermato risparmio di spesa ella certamente saprà che ci sono organi, e uno di questi è il Senato, la cui sorte non deve dipendere da una sorta di spending-review; fermo restando che non è vero che la c.d. abolizione del Senato si traduca in un consistente risparmio di spesa, giacchè la spesa per il funzionamento del Senato inteso quale struttura burocratico-amministrativa, che è poi lunica di un certo rilievo, resta sostanzialmente immutata.
E dal pari immutato resta per i nuovi senatori che con violazione del principio democratico diventano non elettivi il loro costo sia per le spese di trasferta e permanenza a Roma che per lesercizio delle loro funzioni (segretari, assistenti parlamentari, etc.).
E, come evidenziato da taluni organi di stampa, non è neppure vero che il risparmio sarebbe quello della mancata corresponsione dell’indennità parlamentare ai nuovi senatori che sarebbero chiamati ad esercitare le loro funzioni senza alcun corrispettivo.
Anche perché, Signor Presidente del Consiglio Lei, che è un uomo di mondo, sa certamente quanto sarà difficile far lavorare a titolo gratuito i futuri senatori, come del resto qualsiasi cittadino della nostra Repubblica e sa anche che il lavoro gratuito non sembra godere delle simpatie della nostra Carta Costituzionale se è vero che lart. 36 enuncia il principio che ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro; principio che si applica a tutti coloro che lavorano anche se in stato di privazione della libertà personale.
Se, dunque, si voleva risparmiare, si poteva farlo in altro modo che lascio alla capacità e alla fantasia del nostro Ministro dellEconomia con linvito a non dimenticare, ad esempio, che le navi da guerra sono destinate alla difesa e non ad essere esibite, con relativo contorno di sommergibilisti, quale sede impropria e alquanto costosa di riunioni dei governanti e mogli.
Il numero dei deputati è poi rimasto invariato a 630 membri, mentre il numero dei senatori è sceso a 100 che poi è quello dei Paesi con una popolazione di gran lunga superiore al nostro Paese. Presentare, dunque, la diminuzione del numero dei parlamentari quale un aspetto palingenetico di questa riforma significa solo far leva solo sulla scarsa simpatia degli Italiani nei confronti di coloro che vivono nei palazzi del potere e dunque su una demagogia a buon mercato.
Quanto infine ad una migliore qualità del lavoro legislativo, mi limito ad osservare che la riforma prevede almeno otto distinti iter di approvazione legislativa col rischio, non puramente teorico di conflitti procedurali che potrebbero sfociare in vizi ìdi legittimità costituzionale.
Sicchè, anche lauspicata semplificazione è rimasta nella penna dei riformatori.
Se poi si vuole far riferimento ad un aumento del numero delle leggi che ci verrebbe consegnato dallipotetica (e inesistente) semplificazione del lavoro parlamentare è sufficiente osservare come non abbiamo bisogno di più leggi ma di buone leggi e cioè di leggi ben fatte e non già di leggi che richiedano per essere comprese più che lattività dellinterprete la palla di un indovino.
E se è vero, come è vero, che il nostro paese ha il primato del numero delle leggi quel che occorrerebbe sarebbe una drastica delegificazione per la quale non serve certo una abbreviazione dei tempi medi di approvazione delle leggi.
Un’altra motivazione della riforma consiste, a quanto è dato comprendere, nella necessità di riformare una Costituzione in vigore da un numero considerevole di anni; ignorando che nella più grande democrazia occidentale la Costituzione ha una durata secolare. Anche se ciò non esclude la opportunità di una revisione su punti particolari, revisione che è ben diversa dalla riforma di diverse decine di articoli (per la precisione 41).
E non occorre ricordare come vengano continuamente rinnovate solo le Costituzioni dei Paesi di più gracile democrazia.
Solo per motivi di tempo mi limito ad accennare come il nuovo Senato, oltre a nascere male, cresca ancor peggio essendo la sua composizione fondata non già sulla volontà popolare, ma sulla titolarità di un diverso mandato. Anche se poi si fa un inintellegibile e oscuro riferimento alla volontà degli elettori che a questo punto diventa una sorta di Araba fenice.
Ma il richiamo alla volontà degli elettori può avere un senso non solo se sia comprensibile, ma anche e soprattutto se il Senato che nasce dalla riforma abbia una sua precisa veste e non sia invece un pasticcio difficilmente intellegibile.
Occorre anche evidenziare come la riforma del Senato venga a sommarsi ad una riforma elettorale che porta, non so quanto opportunamente, il nome di Italicum e che finisce per consegnare lunica Camera legislativa nelle mani del leader del partito vittorioso anche se di pochi o pochissimi voti nella competizione elettorale.
Riforma dunque peggiore e non di poco di altre due leggi elettorali ben impresse nella memoria degli italiani: parlo della legge Acerbo e della legge c.d. truffa.
È vero che queste due leggi come lItalicum sono state giustificate con largomento che esse assicurebbero la governabilità, ma non bisogna dimenticare che può esserci governabilità senza democrazia e che la democrazia non deve mai essere sacrificata sullaltare di una governabilità che la storia dimostra essere spesso più di forma che di sostanza.
Ho infine qualche dubbio che la rigida alternativa tra sì e no propria dellistituto referendario sia conciliabile con una riforma non solo ciclopica ma del tutto disomogenea quale quella che viene sottoposta al futuro referendum confermativo. Così, per fare uno fra i tanti esempi, cosa dovrebbe fare il cittadino che è favorevole al nuovo riparto di competenze Stato-regioni e contrario, come ogni persona di buon senso, a quellautentico pasticcio che va sotto il nome di abolizione del Senato? La risposta, e non potrebbe essere diversa, è quella di affidarsi per votare al buon Dio o, per chi non è credente, alla benevolenza della sorte.
E il gran parlare di spacchettamento che si è fatto in questi giorni e che è giuridicamente privo di qualsiasi serietà ne è la migliore riprova.
Lunica norma che mi sentirei di approvare è quella che ha certificato la morte di un Organo, il CNEL, mai nato e che continuava a vivere solo per distribuire stipendi e indennità a consiglieri e dipendenti.
Lunica cosa che ci lascia la riforma è lamarezza per quelle mancate riforme nel campo della giustizia, del fisco, della previdenza sociale che ci venivano insistentemente richieste dallEuropa e che poi erano quelle che maggiormente servivano al nostro paese.
ANNIBALE MARINI
PRESIDENTE EMERITO CORTE COSTITUZIONALE
8 settembre 2016